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Ospedale grido d’allarme
Continua l'emergenza posti letto nel reparto di ortopedia dell'ospedale San Giacomo. Robbiano: "non siamo in guerra con Tortona, lavoriamo insieme."
Continua l'emergenza posti letto nel reparto di ortopedia dell'ospedale San Giacomo. Robbiano: "non siamo in guerra con Tortona, lavoriamo insieme."
Si è discusso del futuro della sanità novese e piemontese, la scorsa settimana, nel corso di un incontro alla Casa del Giovane, promosso dal Partito Democratico. Secondo quanto dovrebbe essere contenuto nel piano sanitario regionale che verrà presentato lunedì 28 novembre a Alessandria, il “San Giacomo” dovrebbe essere ospedale cardine insieme a Nizza e Casale Monferrato.
Il piano sanitario che la Regione intende approvare, non è stato ancora illustrato, sono state, però, emesse delle delibere che hanno già modificato l’assetto sanitario locale.
«Il nosocomio novese sarà anche ospedale cardine ma non ci sono i primari – dice Rocchino Muliere, consigliere regionale – e da diverso tempo e ciò indebolisce ovviamente l’operato del nosocomio stesso. Quanto accaduto al reparto di ortopedia l’estate scorsa [chiusura e trasferimento dell’attività a Tortona; ndr] è emblematico».
Ma la situazione di allarme continua al “San Giacomo” e in particolare al reparto di ortopedia dove «siamo stati messi insieme alla chirurgia – denuncia un medico ortopedico, presente all’assemblea pubblica – Abbiamo metà dei posti letto (12 in tutto). Le sedute nella sala operatoria sono due o tre a settimana solamente. Inoltre aver messo l’ortopedia con la chirurgia influisce anche nel lavoro. Siamo distanti dalla sala gessi e diventa un problema anche solo portare del ghiaccio ai pazienti».
Si lavora in continua emergenza.
«Per dieci anni- sottolinea il dottor Della Volpe, nefrologo al “San Giacomo” – si è stati senza programmazione. Poi la giunta Bresso ha discusso con operatori e amministratori il piano sanitario. Ora sono state emesse delibere attuative dal Governo Cota. Insomma ogni cinque anni bisogna ricominciare daccapo. E noi medici non abbiamo risposte da dare all’utenza».
Il clima che si respira a Novi sul futuro della sanità non è dei migliori. L’incertezza sul domani dei servizi regna sovrana. Ora i sindaci della provincia sono chiamati dal Partito Democratico affinché si mobilitino così da chieder alla Regione chiarezza e soprattutto confronto. A preoccupare molto sia gli operatori sia gli amministratori è anche il fatto che nel nuovo piano sanitario si stacchi la parte ospedaliera dall’assistenza territoriale.
«Non si sa quale sarà il futuro del nostro Csp (Consorzio servizi alla persona) – ammette Giacomo Orlando, primario del “San Giacomo” ora in pensione e membro del consiglio di amministrazione del Csp – Ogni mese la Regione cambia decisione».
Sull’importanza della continuità nel socio assistenziale è convinto anche il sindaco Lorenzo Robbiano: «il sistema sanitario nazionale – dice – è valido, va aggiornato e non smembrato. Chi esce da un ospedale deve sapere dove essere assistito e da chi dopo il ricovero. Inoltre se il “San Giacomo” è ospedale di riferimento deve avere delle specialità, è ovvio. Non si deve fare guerra a Tortona, bisogna che i due presidi possano lavorare con la massima efficienza. La legge sull’assistenza è nazionale, quindi, da quella il governo Cota deve partire».
Secondo gli esponenti del Partito Democratico la giunta Cota ha lavorato fino a ora sul piano di rientro dovuto a un debito sanitario risalente al 2004. «Piano di rientro – prosegue Muliere – che penalizza l’erogazione dei servizi, diminuisce i posti letto e mira all’accorpamento dei reparti. Il personale che va in pensione non viene reintegrato. Inoltre a livello regionale 700 persone saranno lasciate a casa quest’anno e altrettante nel 2012».
Il piano sanitario che la Regione intende approvare, non è stato ancora illustrato, sono state, però, emesse delle delibere che hanno già modificato l’assetto sanitario locale.
«Il nosocomio novese sarà anche ospedale cardine ma non ci sono i primari – dice Rocchino Muliere, consigliere regionale – e da diverso tempo e ciò indebolisce ovviamente l’operato del nosocomio stesso. Quanto accaduto al reparto di ortopedia l’estate scorsa [chiusura e trasferimento dell’attività a Tortona; ndr] è emblematico».
Ma la situazione di allarme continua al “San Giacomo” e in particolare al reparto di ortopedia dove «siamo stati messi insieme alla chirurgia – denuncia un medico ortopedico, presente all’assemblea pubblica – Abbiamo metà dei posti letto (12 in tutto). Le sedute nella sala operatoria sono due o tre a settimana solamente. Inoltre aver messo l’ortopedia con la chirurgia influisce anche nel lavoro. Siamo distanti dalla sala gessi e diventa un problema anche solo portare del ghiaccio ai pazienti».
Si lavora in continua emergenza.
«Per dieci anni- sottolinea il dottor Della Volpe, nefrologo al “San Giacomo” – si è stati senza programmazione. Poi la giunta Bresso ha discusso con operatori e amministratori il piano sanitario. Ora sono state emesse delibere attuative dal Governo Cota. Insomma ogni cinque anni bisogna ricominciare daccapo. E noi medici non abbiamo risposte da dare all’utenza».
Il clima che si respira a Novi sul futuro della sanità non è dei migliori. L’incertezza sul domani dei servizi regna sovrana. Ora i sindaci della provincia sono chiamati dal Partito Democratico affinché si mobilitino così da chieder alla Regione chiarezza e soprattutto confronto. A preoccupare molto sia gli operatori sia gli amministratori è anche il fatto che nel nuovo piano sanitario si stacchi la parte ospedaliera dall’assistenza territoriale.
«Non si sa quale sarà il futuro del nostro Csp (Consorzio servizi alla persona) – ammette Giacomo Orlando, primario del “San Giacomo” ora in pensione e membro del consiglio di amministrazione del Csp – Ogni mese la Regione cambia decisione».
Sull’importanza della continuità nel socio assistenziale è convinto anche il sindaco Lorenzo Robbiano: «il sistema sanitario nazionale – dice – è valido, va aggiornato e non smembrato. Chi esce da un ospedale deve sapere dove essere assistito e da chi dopo il ricovero. Inoltre se il “San Giacomo” è ospedale di riferimento deve avere delle specialità, è ovvio. Non si deve fare guerra a Tortona, bisogna che i due presidi possano lavorare con la massima efficienza. La legge sull’assistenza è nazionale, quindi, da quella il governo Cota deve partire».
Secondo gli esponenti del Partito Democratico la giunta Cota ha lavorato fino a ora sul piano di rientro dovuto a un debito sanitario risalente al 2004. «Piano di rientro – prosegue Muliere – che penalizza l’erogazione dei servizi, diminuisce i posti letto e mira all’accorpamento dei reparti. Il personale che va in pensione non viene reintegrato. Inoltre a livello regionale 700 persone saranno lasciate a casa quest’anno e altrettante nel 2012».