Primo sciopero alla Kme: “non ci possono togliere lavoro e dignità”
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Irene Navaro - irene.navaro@alessandrianews.it  
16 Gennaio 2013
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Primo sciopero alla Kme: “non ci possono togliere lavoro e dignità”

Ieri primo sciopero alla Kme contro i tagli annunciati. In 95 rischiano la mobilità: "l'azienda ci deve dire quali intenzioni ha, ne va della nostra sicurezza e della dignità", dicono i sindacati. Oggi nuovo incontro a Firenze per tra le parti

Ieri primo sciopero alla Kme contro i tagli annunciati. In 95 rischiano la mobilità: "l'azienda ci deve dire quali intenzioni ha, ne va della nostra sicurezza e della dignità", dicono i sindacati. Oggi nuovo incontro a Firenze per tra le parti

SERRAVALLE SCRIVIA – Due ore di presidio e il blocco simbolico della strada, la 35 dei Giovi. Questa volta c’erano anche i colletti bianchi, accanto ai caschi rossi e blu, davanti allo stabilimento Kme martedì mattina per il primo degli scioperi proclamati da Cgil Cisl e Usb contro i tagli che l’azienda vuole imporre. “Altre volte si era parlato di crisi, altre volte siamo stati in cassa integrazione, ma un clima così no l’abbiamo mai respirato”. E’ la sintesi del clima di paura e ansia tra i 400 dipendenti dello stabilimento Kme di Serravalle. Ieri è stato proclamato il primo pacchetto di sciopero: quattro ore ad ogni fine turno. Altre quattro ore saranno spalmate sulle prossime giornate, non prima di conoscere però l’esito del secondo incontro che ci sarà oggi a Firenze, sede del gruppo, tra azienda e sindacati. Sul piatto della trattativa ci sono oltre 200 esuberi in tutta Italia, di cui 95 nello stabilimento di Serravalle. I sindacati temono sia il preludio della chiusura definitiva: “si parla di 80 mobilità al reparto tubi rame e 15 alle barre ottone, un numero troppo alto – dice Angelo Paternò delegato Fiom Cgil – se davvero licenziassero così tante persone significherebbe chiudere lo stabilimento. Se è così ce l’azienda ce lo deve dire, deve dirci se intendono dismettere o ridurre costi e produzione all’osso, per poi vendere”.
A fare scattare in piedi i sindacati unitari è stato l’annuncio dell’azienda di chiudere uno dei forni principali nello stabilimento di Fornaci di Barga per trasferire la lavorazione in Germania. “C’è qualche cosa che non torna – aveva commentato il segretario provinciale Fiom Mirko Oiliaro – sarebbe la prima volta in cui un’azienda italiana delocalizza dove il costo del lavoro è superiore”.
“Non ci possono lasciare senza speranze – dicevano i lavoratori davanti ai cancelli dello stabilimento – abbiamo il morale a terra, e questo mette a rischio anche la sicurezza sul lavoro. Senza speranza di dare un futuro ai nostri figli, ci levano anche la dignità”. I lavoratori, intanto, hanno incassato la solidarietà delle amministrazioni comunali di Serravalle Scrivia e Novi.
“Faremo il possibile per evitare un numero di licenziamenti così alti – dice il sindaco di Serravalle Alberto Carbone che ieri ha incontrato i manifestanti davanti allo stabilimento – Attenderemo l’esito dei prossimi incontri poi è nostra intenzione convocare un consiglio comunale aperto. A rendere ancora più pesante la situazione è il fatto che la maggior parte dei lavoratori ha circa 40 anni, quindi difficilmente ricollocabile”. Dello stesso tenore l’esito dell’incontro avvenuto a Novi tra una delegazione dei lavoratori e il sindaco Lorenzo Robbiano, insieme all’assessore Felicia Borda. “Auspichiamo – ha affermato Robbiano – che dagli incontri in programma domani ed il 28 gennaio prossimo a Firenze emergano delle soluzioni non traumatiche dal punto di vista occupazionale e soprattutto che venga presentato un piano industriale per il futuro rilancio dell’azienda”.
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