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Esposto in Procura dei No Tav: “una follia il campo base vicino al deposito Sigemi”
Dal progetto esecutivo del terzo valico dei Giovi "sparisce" misteriosamente il deposito di idrocarburi della Sigemi, Gruppo Erg, a fianco del quale sorgerà un campo base con 480 operai. Una "dimenticanza" dei progettisti del Cociv? Se lo chiedono i cittadini di Arquata Scrivia riuniti del comitato No Tav che hanno deciso di presentare un esposto alla Procura
Dal progetto esecutivo del terzo valico dei Giovi "sparisce" misteriosamente il deposito di idrocarburi della Sigemi, Gruppo Erg, a fianco del quale sorgerà un campo base con 480 operai. Una "dimenticanza" dei progettisti del Cociv? Se lo chiedono i cittadini di Arquata Scrivia riuniti del comitato No Tav che hanno deciso di presentare un esposto alla Procura
ARQUATA SCRIVIA – Dal progetto esecutivo del terzo valico dei Giovi “sparisce” misteriosamente il deposito di idrocarburi della Sigemi, Gruppo Erg. Una “dimenticanza” dei progettisti del Cociv? Se lo chiedono i cittadini di Arquata Scrivia riuniti del comitato No Tav che hanno deciso di presentare un esposto alla Procura. Quel che è più grave, secondo i No Tav, è il fatto che dietro allo stabilimento Sigemi, classificato come a rischio incidente rilevante, il progetto preveda un campo base che potrà ospitare fino a 480 operai. “E’ una follia” è il primo commento del comitato.“Ci siamo presi la briga, come comitato di cittadini, di andare a vedere i migliaia di file che compongono il progetto – spiega Francesco De Milato, ingegnere e membro del gruppo tecnico del Comitato No Tav – Nella relazione tecnica del progetto si parla di un campo base “in un’area compresa tra la linea ferroviaria esistente ed in torrente Scrivia, denominato Cbp3, di estensione di circa 38 mila metri quadrati” e in grado di ospitare fino a 480 lavoratori. Peccato che nelle mappe allegate, non si faccia cenno alla presenza degli impianti Sigemi (Erg)”. I cittadini hanno quindi preparato un esposto che sarà presentato a giorni in Procura: “non ci sono motivi per cui le mappe del progetto non indichino la presenza a breve distanza dal previsto Campo Base di un impianto classificato a rischio di incidente rilevante – spiegano Claudio Sanita del movimento No Tav e l’avvocato Alessandro Gorla – A nostro avviso si pone una questione di sicurezza per i lavoratori che, in caso di problemi, non avrebbero via di fuga“.
Lo stabilimento Sigemi venne completato nel 1967 e nel 1971, ricordano i No Tav, fu teatro di un attentato mentre nel 2000 ci fu un incidente in cui esplosero alcune cisterne.“Secondo Cociv, evidentemente, in quell’area c’è invece una zona agricola con campi coltivabili. L’unica giustificazione plausibile che Cociv potrebbe adottare riguarda la vecchia legge che disciplinava la questione delle foto aeree, il Regio Decreto del 22 Luglio 1939, numero1732, in cui si parlava di censura di foto con “obiettivi dei quali sia vietata la diffusione” a cui è seguita la legge 2 Febbraio 1960, dove vennero specificati espressamente i divieti. Peccato – fa presente Sanita (foto)– che tutto questo sia stato abrogato dal decreto del 29 settembre 2000, numero 367, a seguito del quale è cessata la censura degli ipotetici “obiettivi sensibili”. Tanto che oggi le cisterne sono visibili in qualunque mappa scaricata dal web”.
Il progetto sarà presentato ai cittadini di Arquata dal comitato il prossimo 24 maggio.
Stefania Pezzan, consigliere comunale di Arquata con delega all’Ambiente, ricorda come “il campo base, in quella posizione, fosse già presente nel progetto definitivo e il fatto che si trovi vicino ad un impianto a rischio lo abbiamo già fatto presente in diversi documenti, tra cui anche la delibera approvata dal consiglio comunale lo scorso anno, in cui si dava parere negativo. Ci attendevamo che la questione fosse affrontata nella progettazione esecutiva ma, evidentemente, così non è stato”. Intanto, sempre il comune di Arquata ha depositato ieri le osservazioni sul decreto di proroga sui vincoli per pubblica utilità, “ribadendo di fatto tutte le nostre perplessità in fatto di impatto ambientale dell’opera sul territorio”. Non ci sono, invece, passi avanti circa la richiesta di moratoria avanzata da una quindicina di sindaci, ancora ferma nei cassetti del ministero dell’Ambiente.