‘Sul tetto d’Africa’: il racconto di un’avventura
Home
Elio Defrani - e.defrani@ilnovese.info  
13 Maggio 2013
ore
00:00 Logo Newsguard

‘Sul tetto d’Africa’: il racconto di un’avventura

Non è facile descrivere Manuel Orsi, 27 anni, genovese di nascita, vignolese di origini ma ormai stabilmente trapiantato a Arquata Scrivia, dove ha trovato casa, lavoro e amore. Pochi giorni fa è partito per la Giordania, dove attraverserà in perfetta solitudine, a piedi e con il suo zaino, i cento chilometri arsi dal sole del deserto del Wadi Rum. Dal suo viaggio precedente è nato un libro

Non è facile descrivere Manuel Orsi, 27 anni, genovese di nascita, vignolese di origini ma ormai stabilmente trapiantato a Arquata Scrivia, dove ha trovato casa, lavoro e amore. Pochi giorni fa è partito per la Giordania, dove attraverserà in perfetta solitudine, a piedi e con il suo zaino, i cento chilometri arsi dal sole del deserto del Wadi Rum. Dal suo viaggio precedente è nato un libro

ARQUATA SCRIVIA – Non è facile descrivere Manuel Orsi (nella foto), 27 anni, genovese di nascita, vignolese di origini ma ormai stabilmente trapiantato a Arquata Scrivia, dove ha trovato casa, lavoro e amore. A sedici anni ha cominciato la sua formazione come cuoco, un mestiere che ha praticato per sette anni. Pochi giorni fa invece è partito per la Giordania, dove attraverserà in perfetta solitudine, a piedi e con il solo supporto del proprio zaino, i cento chilometri arsi dal sole del deserto del Wadi Rum.

Ma forse non è la sua impresa più eclatante. Non molto tempo fa ha attraversato tutto il Nord Italia, di corsa, da Arquata a Venezia in solitaria, coprendo una distanza totale di 327 chilometri in poco più di 56 ore.

Nel mese di agosto 2012, ha deciso di fare un viaggio, sempre in solitaria e sempre di corsa, nel cuore della Tanzania. Un percorso di quasi 250 chilometri. L’idea di Manuel era quella di visitare personalmente – e a piedi, ovviamente – gli orfanotrofi che purtroppo nel Paese africano sorgono sempre più numerosi. “Volevo rendermi conto con i miei occhi di quali fossero le condizioni di vita nell’Africa orientale”, spiega Orsi. “L’idea era quella di creare una “mappa” delle strutture più affidabili, dove inviare i soldi che raccolgo con varie attività di beneficienza, in maniera tale che finiscano nelle mani giuste”.

Ma il viaggio si ferma dopo poco. “All’orfanotrofio di Bagamoyo ho conosciuto suor Isabel. Una persona straordinaria: sono rimasto con lei dieci giorni. Alla fine, sono tornato a casa poca strada nelle scarpe, ma con un diario pieno di ricordi”.

Un diario da cui è nato Sul tetto d’Africa: un libro, scritto dallo stesso Orsi, che descrive le proprie imprese in Tanzania – sì, perché abbiamo scordato di dire che in quei dieci giorni ha trovato anche il tempo di scalare il monte Kilimangiaro in 29 ore e 30 minuti! – ma soprattutto parla del viaggio di solidarietà umana da lui intrapreso.

Il libro è in vendita anche nella palestra arquatese che ha rilevato nel 2009. I proventi saranno destinati proprio ai bambini curati da suor Isabel a Bagamoyo. Orsi oggi è un personal trainer e un preparatore atletico professionale. Forse si fa prima a dire quali discipline non ha praticato, visto che la sua esperienza va dall’equitazione alla marcia, al trekking, alle arti marziali, al combattimento all’arma bianca. E ancora yoga e body building.

Il cammino è forse l’attività che più lo attrae. E si sta già allenando per la prossima impresa: la traversata dell’Alaska, in solitaria, con la sola compagnia di uno slittino carico di viveri, da trascinare con sé. E a chi gli chiede se, quando intraprende questi trekking estenuanti non gli viene mai da pensare: ma chi me l’ha fatto fare?, Manuel Orsi risponde senza esitazioni: “Ogni sessanta secondi. La solitudine è una grandissima maestra di vita, ma fa pagare un enorme scotto. Compresa la paura di non farcela”.
Articoli correlati
Leggi l'ultima edizione