SocialFobia
Leggendo in rete, ho quasi paura a scriverne e se la prossima settimana non leggerete nulla da parte del sottoscritto, venitemi a portare qualche arancia ed una torta con la lima, perché vorrà dire che hanno blindato anche me!
Leggendo in rete, ho quasi paura a scriverne e se la prossima settimana non leggerete nulla da parte del sottoscritto, venitemi a portare qualche arancia ed una torta con la lima, perché vorrà dire che hanno blindato anche me!
Sono sicuro che alcuni ne sarebbero ben lieti, anche se per motivi diversi.
Sta di fatto che ultimamente l’attenzione di alcuni “potenti” verso i social network sta assumendo livelli quasi da regime di lontana memoria.
Una fobia, anzi una socialfobia appunto, che sfocia in querele e intimidazioni che mal si conciliano con un Paese moderno e civile quale dovrebbe essere il nostro.
Da tempo i politici stanno tentando di imbrigliare la rete, perchè basta una parola detta male che sei subito sputt… ehm mostrato al pubblico in pochi click.
Pensate, ad esempio, al pentastellato Crimi: prima da del Morfeo a Napolitano e poi si fa un pisolo in aula, in pochi click era in rete.
Oppure pensate all’On. Gigli: alla Camera ha voluto difendere il picconatore Kabobo giustificandolo (una scelta di dubbio gusto a prescindere da questioni razziali), ma avete per caso letto qualche cosa sui giornali? Su facebook il suo intervento è circolato velocemente, con relativi commenti.
Ultimamente però sembra che sia partita l’offensiva ai social.
Il caso più eclatante è quello di Massimiliano Tonelli, responsabile del blog CARTELLOPOLI, sito dove si combatte il dilagare di cartelloni più o meno abusivi e più o meno illegali a Roma.
Tonelli è stato indagato e condannato a 9 anni di reclusione per “istigazione a delinquere” e a pagare 20mila euro ad una società di cartellonistica (nonostante lo stesso PM avesse chiesto il suo proscioglimento), perché sul blog erano apparse delle foto di alcuni cartelli abusivi di questa società e quest’ultima si è sentita danneggiata, denunciandolo (la vicenda potete leggerla qui http://www.cartellopoli.net/2013/01/condanna-cartellopoli-nove-mesi-di.html)
Sarà interessante leggere le motivazioni del giudice ed ovviamente Tonelli ricorrerà in appello, ma chiunque ci penserà non due ma duemila volte prima di aprire un sito di denuncia come il suo.
Caso ancor più strano quello dell’emiliano Alessandro M., che per aver messo su Twitter e su Facebook una foto-beffa della Boldrini, si è ritrovato la Polizia Postale di Bologna in casa che oltre alla foto, gli ha fato anche togliere la frase: “Popolo del tweet, inviamo un fotomontaggio al presidente Boldrini, che ci denunci tutti, come in Corea”.
Evidentemente l’ha preso in parola, ma del resto se è vero che la Presidente ha preteso sette poliziotti della divisioni crimini informatici per sé, non farà fatica a trovare i suoi detrattori (salutiamo i poliziotti che in questo momento ci stanno leggendo e se volete approfondire: http://www.huffingtonpost.it/2013/05/14/minacce-sul-web-pubblica-finta-foto-di-laura-boldrini-su-facebook_n_3271066.html?utm_hp_ref=italy).
Se la denuncia parte da un anonimo cittadino ci vogliono mesi per poi magari sentirti dire che gli insulti non sono così importanti, ma se scrivi della Boldrini in poche ore vengono addirittura a farti la perquisa in casa (manco fossi Donato Bilancia); tanti saluti alla satira, alla liberà di espressione e via dicendo.
Questa è una conseguenza della carenza cronica che abbiamo in Italia: da anni si usano i social network, ma la Giustizia non è pronta!
Non esistono norme chiare, non esistono sezioni penali adatte con giudici formati in materia e via dicendo, così se contesti in piazza non vieni indagato, se lo fai in rete si.
Chiunque frequenta facebook, twitter o un blog sa che è una sorta di Agorà informatica e proprio come una piazza virtuale ti puoi trovare a contestare questo o quello.
Del resto Grillo ha avuto successo anche per aver saputo raccogliere la contestazione cybernetica, ma spesso chi dovrebbe far rispettare le norme non conosce abbastanza la materia.
Col risultato che se non ne fai le spese penalmente, perdi molto tempo e denaro per far valere le tue ragioni.