La moneta senza moneta: una risorsa per il futuro?
In un quartiere di Berlino sta prendendo sempre più piede una moneta virtuale: il bitcoin. In Italia sono molte le persone che iniziano a usare la valuta complementare cec. Sono questi dei modi giusti per ritorvare potere d'acquisto dopo la crisi?
In un quartiere di Berlino sta prendendo sempre più piede una moneta virtuale: il bitcoin. In Italia sono molte le persone che iniziano a usare la valuta complementare ?cec. Sono questi dei modi giusti per ritorvare potere d'acquisto dopo la crisi?
Il bitcoin fa parte delle valute complementari, strumenti con cui è possibile scambiare beni e servizi affiancando il denaro ufficiale. Nata nel 2009 da un hacker anonimo conosciuto come Satoshi Nakamoto, bitcoin deve la sua fortuna al fatto che non è sotto il controllo di un ente centrale ma utilizza un database distribuito tra i nodi della Rete che tengono traccia delle transazioni e sfruttano la crittografia per implementare le caratteristiche più importanti come permettere di spendere questi soldi solo al legittimo proprietario, e di poterlo fare una volta sola.
In pratica un software trasferisce questa valuta virtuale dal portafoglio online dell’acquirente a quello del commerciante. La sicurezza sulle transizioni è garantita da regole crittografiche rigide che non permettono a esterni di individuare entità, provenienza e destinazione dei soldi usati.
Il bitcoin è però solo l’ultima tra le valute complementari ad essere usate. Da diverse anni ormai in varie parti del mondo, si sono costituite associazioni e organizzazioni per creare un loro sistema di scambio di beni diverso da quello della moneta corrente.
Un tale proliferare lo si deve sicuramente alla crisi e alla crescente sfiducia nei confronti di banche e governi. Le valute complementari nascono infatti proprio con una funzione anti crisi. Il loro scopo è quello di permettere a chi le utilizza un risparmio di risorse liquide, garantire uno sviluppo economico sostenibile non dettato da logiche finanziare che hanno portato alla gigantesca bolla da cui si è originata la depressione economica che stiamo vivendo.
Una delle più interessanti esperienze in Italia, e con più diffusione, è quella dello Šcec, acronimo di sconto che cammina. Nato nel 2007 a Napoli dall’Associazione Masaniello a Napoli, si è poi espanso arrivando a unire realtà simili di altre regioni (sono 14 ad oggi) sotto l’Associazione Arcipelago Šcec, che si occupa di stampare e distribuire lo Šcec. “Si tratta di un buono sconto di solidarietà presente in diversi tagli (1 Šcec ha il valore di 1euro) che accompagna l’euro nelle spese quotidiane – ci spiega Antonella, Responsabile Arcipelago Šcec Alessandria, Isola Piemonte – Viene accettato in percentuale, solitamente, dal 5 al 30%; si va a sostituire, quindi, al tradizionale sconto (che è in realtà una perdita, per il commerciante) con lo Šcec che rappresenta, invece, un valore acquisito. Ad esempio se il cittadino si reca in pizzeria ed ha un totale da pagare di 15 euro il conto sarà di 12 euro + 3 Šcec se la pizzeria fa parte del circuito. Il cliente, anch’esso Socio Arcipelago Šcec, ha così risparmiato 3 euro e la pizzeria userà gli Šcec incassati spendendoli presso un altro commerciante (o fornitore) che fa parte del circuito (anche per le spese personali)”.
“Lo Šcec ha ottenuto l’avallo dell’Agenzia delle Entrate e della Guardia di Finanza che l’hanno denominato ‘Buono Sconto Incondizionato’ –prosegue Antonella – L’obiettivo di Arcipelago Šcec (associazione nazionale socio-economica no profit e apartitica) è di distribuire 100 Šcec al mese, ad ogni Socio e, quindi, risollevare l’economia locale generando l’aumento del potere d’acquisto delle famiglie e favorendo le realtà territoriali minate dalle catene della Grande Distribuzione Organizzata e dai franchising (esclusi dal circuito). Gli Šcec sono distribuiti gratuitamente a chi fa parte del circuito in quanto atto di solidarietà il tutto è senza scopo di lucro ma ha l’unico obiettivo di fare comunità, valore che oggi è quasi sparito”.
Cosa ne pensa Antonella del bitcoin e quali sono le differenze con lo Scec? “Le valute complementari stanno prendendo piede, in questi ultimi anni, ma c’è da dire che in alcuni paesi (anche europei) le monete parallele sono utilizzate, ormai, da tempo e trovano un grande riscontro come nel caso dei bitcoin. La circolazione della moneta “ufficiale” diminuisce? Aumenta la crisi economica? Le banche ottengono giudizi negativi da parte dei cittadini ed è difficile ottenere liquidità monetaria? Ecco che la moneta complementare (o parallela) viene rivalutata ed usata. Il Bitcoin mi lascia perplessa in quanto non esiste ente centrale, si utilizza una crittografia digitale che ha alcune lacune come anche la distribuzione (causale) ed i possessori, con i relativi trasferimenti, sono anonimi. Credo che tale sistema debba essere migliorato. In Italia non possiamo avere una moneta complementare in quanto la Banca d’Italia ce lo vieta ma abbiamo altri mezzi; il più usato è lo Šcec”.