Cresce la tensione alla Bundy: “pronti a tutto per non far chiudere lo stabilimento”
Cresce la tensione per il rischio di trasferimento delle lavorazioni della Bundy di Borghetto. Sindacati e istituzioni sono pronti a fare la propria parte, "ma l'azienda prosegue nella politica del silenzio". "Se serve, bloccheremo tutto", avverte il sindaco Enrico Bussalino
Cresce la tensione per il rischio di trasferimento delle lavorazioni della Bundy di Borghetto. Sindacati e istituzioni sono pronti a fare la propria parte, "ma l'azienda prosegue nella politica del silenzio". "Se serve, bloccheremo tutto", avverte il sindaco Enrico Bussalino
BORGHETTO BORBERA – Prosegue ad oltranza lo sciopero “a singhiozzo” in atto alla Bundy di Borghetto Borbera, “fino a quando l’azienda non dirà se intende mantenere attivo lo stabilimento”. Non sono solo i sindacati Cgil, Cisl e Uil ad aspettare risposte dai vertici aziendali della multinazionale che opera nel settore del freddo. Con loro anche le istituzioni “e l’intero territorio della valli Borbera e Scrivia”.
La preoccupazione dei 190 lavoratori è emersa tutta l’altra sera, durante l’assemblea pubblica che si è tenuta nella sala del consiglio comunale di Borghetto (nella foto). Lavoratori, sindacati, sindaci (presenti Enrico Bussalino, Borghetto; Paolo Spineto, Arquata, Giuseppe Teti,Vignole, Simone Franceschi, Ronco Scrivia), amministrazione provinciale e regionale hanno parlato con una sola voce,questa volta: no alla chiusura dello stabilimento o allo spostamento delle linee produttive in Turchia.
La provincia, con l’assessore al Lavoro Cesare Miraglia, ha avviato una serie di tavoli istituzionali, attorno ai quali si sono seduti la direzione di stabilimento di Bundy, i sindacati, i parlamentari della zona e le altre istituzioni: “il problema della delocalizzazione delle imprese non è solo di questo territorio, ma riguarda la politica industriale del governo – ha detto Miraglia – stiamo cercando di venire incontro alle esigenze dell’azienda che ha lamentato, ad esempio, un eccessivo costo dell’energia e del lavoro. Abbiamo steso un documento che sarà trasmesso ai parlamentari che contiene quali sono le precise esigenze di Bundy affinché resti sul territorio”.
L’assessore regionale agli Enti Locali Riccardo Molinari conferma la disponibilità della Regione ad inserire l’azienda nel programma di finanziamenti europei Docup: “a condizione però che Bundy garantisca la permanenza per almeno 10 anni a Borghetto”. In ballo potrebbero esserci fondi pari al 10% degli investimenti sulla riqualificazione del personale o su nuovi investimenti. Ma, alla mano tesa offerta da Torino “Bundy non ha ancora risposto”. E’ dai lavoratori dello stabilimento che si alza forte il sospetto “che in realtà l’azienda abbia già deciso che intende trasferire la produzione. In tutti questi anni non ha mai fatto investimenti, ha solo pensato a guadagnare. Lavoriamo con impianti vecchi e in alcuni punti piove all’interno dello stabilimento”, dicono i dipendenti. 
Un appello raccolto dal sindaco di Borghetto Enrico Bussalino: “faremo di tutto per impedire la chiusura di Bundy, perchè non si tratta solo del destino delle 190 persone che ci lavorano, ma dell’intero paese, dell’intera valle. Se serve, arriveremo a bloccare lo stabilimento per mettere la proprietà con le spalle al muro”. Gli fa eco Anna Poggio, Fiom Cgil, insieme al Cisl e Uil: “se dobbiamo organizzare un pullman per arrivare a Roma, lo faremo”.
Fino ad oggi, aggiunge un delegato Cisl, “abbiamo mantenuto la calma e toni civili di confronto. Ma non so fino a quando potremo resistere. Non è una minaccia, è un dato di fatto”. Bundy fino a pochi anni fa “era considerata un’azienda solida, ora abbiamo i brividi lungo la schiena”, aggiunge un dipendente seduto tra il pubblico. Oggi, mercoledì, davanti ai cancelli dell’azienda, si terranno le assemblee con i lavoratori.