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Bundy fa marcia indietro, c’è l’accordo: tutti salvi
Bozza d'accordo tra sindacati e azienda: restano a Borghetto tutte le linee di produzione, salvi i 180 dipendenti. In nottata il voto dell'assemblea dei lavoratori ha dato il via libera. Da oggi si torna progressivamente al lavoro [AGGIORNAMENTO]
Bozza d'accordo tra sindacati e azienda: restano a Borghetto tutte le linee di produzione, salvi i 180 dipendenti. In nottata il voto dell'assemblea dei lavoratori ha dato il via libera. Da oggi si torna progressivamente al lavoro [AGGIORNAMENTO]
9:00 Si torna al lavoro, tutti 180I lavoratori della Bundy hanno detto “sì” all’accordo presentato ieri pomeriggio dall’azienda in Confindustria. Oggi saranno smontate le tende e, progressivamente, riparte il lavoro. L’accordo prevede il mantenimento di tutte e cinque le linee di produzione nello stabilimento di Borghetto Borbera e i livelli occupazionali attuali: “nessun limite di tempo è stato imposto”, ha spiegato Anna Poggio di Fiom Cgil. C’è, però, l’impegno “a ragionare sul contenimento dei costi di produzione“, passando per “la rivisitazione degli accordi di secondo livello e per dare prosecuzione ai tavoli istituzionali”. Lo snodo sembra essere il costo dell’energia che pesa per 2 milioni di euro sul bilancio Bundy, ma c’è l’impegno della Regione Piemonte per tentare di venire incontro alle necessità dell’azienda. I sindacati auspicano, inoltre, la convocazione del tavolo nazionale: “i problemi non sono tutti risolti, il settore del freddo resta critico ed occorre fare un ragionamento a livello nazionale per capire quali azioni mettere in campo”. Grande soddisfazione da parte dei lavoratori per l’accordo, arrivato dopo una settimana di blocco totale e unanime della produzione.
BORGHETTO BROBERA – L’accordo è vicino, manca solo il via libera dell’assemblea dei lavoratori della Bundy, che potrebbe arrivare in nottata. Svolta tanto attesa quanto inaspettata ieri sulla vicenda Bundy, l’azienda metalmeccanica di Borghetto Borbera che produce componenti per l’industria del freddo. I vertici aziendali avevano convocato ieri pomeriggio, giovedì 5 dicembre, le rappresentanze sindacali di Fiom, Fim e Uilm nella sede di Confindustria. Al termine dell’incontro circolavano ancora poche informazioni ma si respirava aria di ottimismo. Attraverso la rete è partito il tam tam per convocare l’assemblea dei lavoratori, ancora riuniti in presidio permanente davanti ai cancelli dello stabilimento di Borghetto. “C’è da votare”, scrivevano le Rsu. Appuntamento in nottata, a Borghetto.
Il nuovo accordo prevede il mantenimento di quattro linee produttive su cinque: nessuno lavoratore resterà a casa, almeno fino a settembre, ma tutti potrebbero dover rinunciare a qualcosa, alla contrattazione di secondo livello, come i buoni mensa. La mano tesa da parte della proprietà arriva dopo una settimana di blocco totale della produzione, messa in atto dai dipendenti asserragliati in presidio permanente nelle tende messe a disposizione dalla protezione civile. Solo martedì scorso l’azienda aveva proposto, in cambio della ripresa delle attività in vista di una commessa importante destinata alla Samsung, il mantenimento di due linee su cinque e il trasferimento delle altre tre. In termini occupazionali significava che a rischiare il posto sarebbero stati 100 lavoratori, invece dei 120 annunciati con il piano presentato il 28 novembre. La proposta “indecente” era stata però bocciata all’unanimità da parte dell’assemblea dei lavoratori che hanno proseguito il presidio, alternandosi in venti per turno, come in fabbrica. “Da qui non uscirà un bullone”, avevano detto. E così è stato. Ieri è arrivata una nuova convocazione in Confindustria e, quindi, la nuova proposta che è stata messa subito ai voti.
Da oggi il blocco potrebbe essere revocato. L’accordo rivisto e corretto prevede il mantenimento dei posti di lavoro attuali. E, se da qualche parte bisogna pur tagliare per abbassare i costi del lavoro, si partirà dalla contrattazione di secondo livello, insieme all’applicazione di ammortizzatori sociali, come i contratti di solidarietà, già in essere fino ad aprile. Parte integrante dell’accordo è anche il contributo della Regione Piemonte per l’abbassamento dei costi di approvvigionamento dell’energia che sul bilancio dello stabilimento Bundy di Borghetto pesa per circa 2 milioni di euro. La Regione aveva dato disponibilità ad intervenire, nei limiti delle sue competenze, con una serie di incentivi. Un’offerta inizialmente ignorata da Bundy, che aveva scelto la strada della delocalizzazione (una linea di produzione era già stata trasferita in Turchia). In sette giorni di presidio, tutto il territorio è stato compatto nel dare solidarietà ai lavoratori in lotta, a partire dai sindaci della Valle che hanno offerto viveri, gasolio per il riscaldamento delle tende, disponibilità al dialogo. Si sono mossi anche i parlamentari della zona, i senatori Daniele Borioli e Federico Fornaro e l’onorevole Cristina Bargero, che proprio ieri hanno presentato un’interrogazione parlamentare chiedendo l’intervento del governo. Il coinvolgimento del Governo, dicono i parlamentari – “si rende necessario poiché è evidente come la tenuta e rilancio dello stabilimento, nonchè la tutela dei livelli occupazionali, dipendano molto dal ruolo che l’industria del freddo potrà ancora giocare nel Paese, e nella nostra provincia, che conosce, in particolare nel Casalese, la presenza di un significativo distretto”. L’obiettivo dell’interrogazione è quello di “ottenere dal ministero dello Sviluppo Economico l’attivazione di un confronto serrato, in grado di definire con chiarezza gli scenari futuri, individuando gli strumenti più opportuni per tutelare l’occupazione e i siti produttivi presenti nel territorio, e in particolare quello di Borghetto Borbera”
Il nuovo accordo prevede il mantenimento di quattro linee produttive su cinque: nessuno lavoratore resterà a casa, almeno fino a settembre, ma tutti potrebbero dover rinunciare a qualcosa, alla contrattazione di secondo livello, come i buoni mensa. La mano tesa da parte della proprietà arriva dopo una settimana di blocco totale della produzione, messa in atto dai dipendenti asserragliati in presidio permanente nelle tende messe a disposizione dalla protezione civile. Solo martedì scorso l’azienda aveva proposto, in cambio della ripresa delle attività in vista di una commessa importante destinata alla Samsung, il mantenimento di due linee su cinque e il trasferimento delle altre tre. In termini occupazionali significava che a rischiare il posto sarebbero stati 100 lavoratori, invece dei 120 annunciati con il piano presentato il 28 novembre. La proposta “indecente” era stata però bocciata all’unanimità da parte dell’assemblea dei lavoratori che hanno proseguito il presidio, alternandosi in venti per turno, come in fabbrica. “Da qui non uscirà un bullone”, avevano detto. E così è stato. Ieri è arrivata una nuova convocazione in Confindustria e, quindi, la nuova proposta che è stata messa subito ai voti.
Da oggi il blocco potrebbe essere revocato. L’accordo rivisto e corretto prevede il mantenimento dei posti di lavoro attuali. E, se da qualche parte bisogna pur tagliare per abbassare i costi del lavoro, si partirà dalla contrattazione di secondo livello, insieme all’applicazione di ammortizzatori sociali, come i contratti di solidarietà, già in essere fino ad aprile. Parte integrante dell’accordo è anche il contributo della Regione Piemonte per l’abbassamento dei costi di approvvigionamento dell’energia che sul bilancio dello stabilimento Bundy di Borghetto pesa per circa 2 milioni di euro. La Regione aveva dato disponibilità ad intervenire, nei limiti delle sue competenze, con una serie di incentivi. Un’offerta inizialmente ignorata da Bundy, che aveva scelto la strada della delocalizzazione (una linea di produzione era già stata trasferita in Turchia). In sette giorni di presidio, tutto il territorio è stato compatto nel dare solidarietà ai lavoratori in lotta, a partire dai sindaci della Valle che hanno offerto viveri, gasolio per il riscaldamento delle tende, disponibilità al dialogo. Si sono mossi anche i parlamentari della zona, i senatori Daniele Borioli e Federico Fornaro e l’onorevole Cristina Bargero, che proprio ieri hanno presentato un’interrogazione parlamentare chiedendo l’intervento del governo. Il coinvolgimento del Governo, dicono i parlamentari – “si rende necessario poiché è evidente come la tenuta e rilancio dello stabilimento, nonchè la tutela dei livelli occupazionali, dipendano molto dal ruolo che l’industria del freddo potrà ancora giocare nel Paese, e nella nostra provincia, che conosce, in particolare nel Casalese, la presenza di un significativo distretto”. L’obiettivo dell’interrogazione è quello di “ottenere dal ministero dello Sviluppo Economico l’attivazione di un confronto serrato, in grado di definire con chiarezza gli scenari futuri, individuando gli strumenti più opportuni per tutelare l’occupazione e i siti produttivi presenti nel territorio, e in particolare quello di Borghetto Borbera”