Aborto e obiezione, scontro tra diritti?
Home
Sara Moretto - s.moretto@ilnovese.info  
16 Dicembre 2013
ore
00:00 Logo Newsguard

Aborto e obiezione, scontro tra diritti?

Guardando ai dati su scala nazionale, con circa il 70 per cento dei ginecologi che si professa obiettore, non si può fare a meno di porsi un semplice quesito: la legge rischia di diventare “lettera morta”, compromettendo il diritto alla salute e alla libera scelta della donna?

Guardando ai dati su scala nazionale, con circa il 70 per cento dei ginecologi che si professa obiettore, non si può fare a meno di porsi un semplice quesito: la legge rischia di diventare ?lettera morta?, compromettendo il diritto alla salute e alla libera scelta della donna?

NOVI LIGURE – Aborto e obiezione di coscienza. Siamo allo scontro tra diritti? Sono ormai palesi agli occhi di tutti le difficoltà organizzative delle strutture sanitarie in merito all’applicazione della 194, storica legge sull’interruzione volontaria della gravidanza, approvata il 22 maggio 1978 e riconfermata nel 1981, grazie alla schiacciante bocciatura ricevuta dalla proposta di abrogazione (il 68 per cento votò in favore della legge). Difficoltà sono però ora determinate dal notevole e crescente numero – oltre il 70 per cento su scala nazionale secondo i dati del Ministero della Salute – di medici obiettori: di medici, cioè, che hanno deciso di non praticare aborti.

Siamo di fronte all’ennesimo sconfortante dato sul Sistema Sanitario Nazionale, nelle sue varie articolazioni territoriali ormai chiaramente incapace di gestire la corretta applicazione di una legge considerata simbolo della libertà di scelta e di diritto alla salute della donna. Una norma che tutela e sancisce altresì il diritto all’obiezione di coscienza. Ormai, guardando ai dati su scala nazionale, non si può fare a meno di pensare come la questione stia sfociando in un semplice quesito: un numero così alto di obiettori rischia di rendere la legge “lettera morta”, compromettendo il diritto alla salute e alla libera scelta della donna?

Uno scontro tra libertà personale e obiezione di coscienza. Dov’è il limite? Quando un diritto si impone a discapito dell’altro? Per fare chiarezza, abbiamo chiesto spiegazioni alla Consulta di Bioetica di Novi Ligure. “La legge 194 prevede l’obiezione di coscienza per gli operatori sanitari, cioè il rifiuto di ottemperare a un dovere imposto dall’ordinamento giuridico da parte di chi ritiene ciò sarebbe contrario alle proprie convinzioni ideologiche, morali e religiose”, spiegano dalla Consulta.

Tuttavia, “nel caso il personale assunto sia costituito interamente da obiettori, si dovrà sopperire a tale carenza in modo da poter assicurare il servizio, a esempio tramite trasferimento di personale. Il medico inoltre non può rifiutarsi di intervenire in caso di necessità, cioè qualora la donna sia in pericolo di vita”.
Per rendere l’idea, diamo qualche numero. Quando la legge fu approvata i ginecologi obiettori erano circa il 58 per cento, nel 2005 il 69 per cento. Nel 2008 la percentuale è salita 71 per cento. Oggi la stima è in crescita, con regioni italiane dove i medici che rifiutano di praticare un’interruzione di gravidanza arrivano o addirittura superano l’80 per cento. Ai dati, è seguito l’allarme lanciato dalla Laiga (Libera associazione italiana per l’applicazione della 194): la lenta morte della legge sta portando a un ritorno all’aborto clandestino. È superfluo ricordare i rischi per la salute a cui va incontro la donna che compie tale gesto.

I dati diffusi dal Ministero della Salute parlano di percentuali di obiettori maggiori nelle regioni del centro e del sud Italia, da dove sempre più spesso arrivano denunce di casi-limite, con donne per le quali abortire si trasforma in una vera odissea, fatta di diritti negati.
Ma qual è la situazione nella nostra zona? Secondo quanto raccolto dalla Consulta di Bioetica novese, le cifre non possono dirsi basse nemmeno nelle Asl della provincia di Alessandria. A Novi Ligure si dichiara obiettore il 66 per cento dei ginecologi. La stima novese è comunque tra le più basse, con Acqui Terme (57 per cento), se paragonata al 78 per cento di Alessandria. La percentuale sale all’88 per cento a Casale Monferrato.

Tuo: “In provincia siamo rimasti in cinque o sei”. Federico Tuo, dirigente medico dell’Asl, ginecologo novese, fa un quadro reale della situazione nella nostra provincia: “A oggi, a praticare l’interruzione volontaria di gravidanza [in sigla Ivg; ndr] saremo rimasti in cinque o sei, su una trentina di ginecologi operanti nella nostra Asl – spiega Tuo – Il motivo? Non credo si tratti sempre di casi definibili come “un’illuminazione sulla via di Damasco”. I trattamenti di Ivg non sono certo interventi gratificanti, né piacevoli da eseguire. Personalmente ritengo però che si debba sempre agire nell’interesse della donna, per evitare anche di arrivare a situazioni limite. Famoso il caso del San Martino di Genova dove, qualche anno fa, era rimasto un solo medico non obiettore”.

Ma qual è la situazione sul fronte degli aborti nella nostra zona? “Le interruzioni di gravidanza, grazie a una maggiore conoscenza e a un crescente uso dei contraccettivi, sono diminuite. A farne ricorso sono nella grande maggioranza dei casi donne extracomunitarie, che spesso arrivano in pronto soccorso con un tentativo di aborto già avviato. Nel caso delle italiane, si tratta per lo più di persone già con figli. Esiste poi una strettissima minoranza, riducibile a un 1 o 2 per cento, che usa l’aborto alla stregua di un sistema contraccettivo”.

La pillola del giorno dopo. Un ultimo punto di interesse riguarda quella che può essere definita una forma di obiezione “integrale”, ovvero estesa anche al contraccettivo di emergenza, la pillola del giorno dopo. Su questo argomento il dottor Tuo conferma un dato inquietante: “Alcuni medici della nostra Asl si professano obiettori integrali, ma ciò comporta un rischio anche penale per chi si rifiuta di prescrivere il farmaco”.

Per l’Organizzazione mondiale della sanità, infatti, la pillola del giorno dopo non è in grado di impedire l’annidamento dell’ovulo fecondato nell’utero, e per tale motivo il farmaco non è considerato abortivo. Il medico che si rifiuti di prescriverla, perciò, viola la legge 194.

 

Articoli correlati
Leggi l'ultima edizione