Un gigante addormentato, il Collegio San Giorgio
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Andrea Vignoli  
16 Gennaio 2014
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Un gigante addormentato, il Collegio San Giorgio

Fondato nel 1655, con alle spalle una storia secolare, fatta non solo di studenti, ma anche di guerre e acquartieramenti di truppe, oggi l’edificio giace inutilizzato

Fondato nel 1655, con alle spalle una storia secolare, fatta non solo di studenti, ma anche di guerre e acquartieramenti di truppe, oggi l’edificio giace inutilizzato

NOVI LIGURE – Continua il nostro viaggio alla ricerca dei Lan, Luoghi abbandonati novesi. Oggi parliamo di un luogo che simbolicamente rappresenta in pieno la filosofia che sottende a questa ricerca, l’ex Collegio San Giorgio. Una porzione importante, anche e soprattutto dal punto di vista dimensionale, del tessuto urbano della nostra città che da troppo tempo ormai giace in stato di abbandono. In posizione centralissima, l’ex Collegio occupa un’area di quasi 5 mila metri quadrati tra via Gramsci, via Capurro, vicolo Misericordia e via Marconi. Dopo aver assolto per anni la funzione per cui tutti i novesi lo ricordano, e formato tantissimi giovani novesi, nel 2006 ha definitivamente chiuso i battenti e da allora giace come un gigante dimenticato.

La storia di questa struttura è lunga e complessa. Nel corso dei secoli, le mura del collegio hanno visto non solo studenti, ma anche guerre e acquartieramenti di truppe. Fondato nel 1655 dai Padri Somaschi, anticamente conosciuti come Compagnia dei servi dei poveri, il collegio tra la fine del Seicento e l’inizio del Settecento è frequentato dai rampolli della miglior nobiltà genovese, che a Novi ha i suoi palazzi più belli e che la frequenta come luogo di villeggiatura, e come importante piazza commerciale. Nella metà del Settecento, il Collegio fu, a più riprese, occupato da truppe militari francesi, savoiarde e austriache, che lo trasformarono in ricovero per soldati e la chiesa in ospedale.

Ritornati i Somaschi nel 1749, dopo un cinquantennio di tranquilla vita scolastica, il Collegio venne nuovamente depredato dagli Austro-Russi nel 1799, in occasione della battaglia contro i francesi capitanati dallo Joubert. Undici anni dopo, il 10 settembre 1810, Napoleone sopprime gli Ordini Religiosi e quindi anche il Collegio viene chiuso. I Somaschi ritorneranno con la Restaurazione nel 1815. Una nuova legge di soppressione degli Ordini Religiosi, del 7 luglio 1866, porta all’incameramento del complesso immobiliare del Collegio da parte del Comune. Il Collegio diventa così una scuola pubblica. Nel 1911 viene abbattuto il corpo prospiciente l’odierna via Gramsci e si crea lo slargo oggi denominato piazza Matteotti. La chiesa dedicata a San Giorgio viene sconsacrata e diventa la palestra della scuola, mentre al piano terreno vengono posizionati gli uffici delle poste e dei telegrafi.

Una nuova era si apre per il San Giorgio nel settembre 1924, quando un sacerdote di Pontecurone, don Luigi Orione, capo di una nuova Congregazione, gli Orionini, riscatta l’immobile del Collegio dall’abbandono in cui versava già allora e apre una scuola per ragionieri e geometri, a cui si aggiungeranno nei lustri nuovamente il liceo, la scuola media, i periti.
Nella storia più recente, il Collegio viene gravemente lesionato dal terremoto del 2003 e non viene più ripristinato. Mentre alcune aule sono inagibili, il numero degli studenti cala ogni anno di più fino a sospendere, nel 2006, l’attività formativa. Negli anni Ottanta i vari corsi attivati coinvolgevano circa un migliaio di alunni, provenienti da Novi e dalle valli limitrofe.

Nel 2008 l’imprenditore alessandrino Valter Marletti presentò una proposta di piano di recupero dell’intero complesso, con l’obbiettivo di trasformarlo in una struttura dedicata alla residenza e al terziario, con anche spazi commerciali al piano terreno. La proposta venne approvata dal Consiglio Comunale di Novi e salutata come un’operazione di salvataggio dell’immobile. Ma non se ne fece nulla, e ormai anche di Marletti si sono perse le tracce.

L’anno scorso la brava fotografa novese Elisabetta Goggi ha documentato, con una mostra fotografica che ha riscosso ottimi apprezzamenti dal pubblico, lo stato di abbandono in cui versa l’antica struttura.
Nel corso dei secoli, il collegio è risorto più volte, passando dall’essere un luogo per nobili ad una caserma di guerra. È la sua stessa storia che ci fa aver fiducia sul suo futuro: come un’araba fenice è più volte risorto, ma sempre per mano dell’uomo. Mano che oggi purtroppo è assente.

 

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