Il futuro? Impariamo dagli insetti
Home

Il futuro? Impariamo dagli insetti

Altri due progetti di giovani aspiranti imprenditori che partecipano al campus formativo della Fondazione Garrone: Beescape dell'alessandrino Edorado Dellepiane, per “usare” le api quali sentinelle dell'ambiente, e la coltivazione di bachi da seta del tortonese Matteo Linfante

Altri due progetti di giovani aspiranti imprenditori che partecipano al campus formativo della Fondazione Garrone: Beescape dell'alessandrino Edorado Dellepiane, per “usare” le api quali sentinelle dell'ambiente, e la coltivazione di bachi da seta del tortonese Matteo Linfante

GRONDONA – Gioca in casa Edoardo Dellepiane, 27 anni (foto sotto a destra) e una laurea in architettura del paesaggio con master in enologia. Arquatese e apicoltore ha le idee ben chiare. E un sogno nel cassetto, anzi due: il primo quello di vedere realizzato il progetto che concorre al bando Restartapp, promosso dalla Fondazione Garrone; il secondo è quello di “invertire la rotta” e iniziare a pensare davvero all’ambiente “altrimenti resteremo tutti fregati”. Da qualche anno guarda l’ecosistema attraverso gli occhi delle api, gli stessi occhi che vorrebbe utilizzare per cambiare, appunto, la rotta.
Il progetto si chiama Beescape, “Bee da ape, scape da landscape”, spiega e consiste nel “fotografare” il territorio utilizzando “le arnie come macchina fotografica, le api come pixel, il vaso di miele è la fotografia del paesaggio”. Fuori dalla metafora, “la mia idea è quella di riuscire a vedere cose che non si vedono. Ossia, le api portano dentro l’alveare quel che raccolgono, sporcizia e inquinamento compresi. Analizzando la peluria che ricopre il loro corpo, è possibile comprendere come è lo stato dell’ambiente e l’andamento del bosco che sta avanzando, ma il suo avanzamento rappresenta un problema del territorio.” I dati raccolti in questo modo, possono essere utilizzati da enti e società di analisi ambientale. A “leggere” la peluria delle api ci penserebbero i laboratori universitari, come l’Università di Bologna, “con la quale ho già preso alcuni contatti”.
Durante il master di Restartapp, Edoardo imparerà a redigere un business plan: “è la parte su cui devo imparare di più, visto che ho un altro tipo di preparazione. Anzi, rivolgo un appello per cercare un socio che si occupi di questi aspetti”. Per il resto, il progetto si può basare su un “patrimonio” già esistente di 100 alveari in Val Borbera, che producono 130 quintali di miele l’anno.
Ci sarebbe anche un’altra opportunità, offerta sempre dalle api: “se l’insetto è contaminato dall’inquinamento non viene più accettato nell’arnia. Verificando la differenza tra ‘entrate’ e ‘uscite’ è quindi possibile capire lo stato dell’ambiente. Oppure si possono usare delle arie apposite,chiamate underbasket che raccolgono le api scacciate perchè avvelenate”.
Il messaggio di Edoardo, comunque, è chiaro: “occorre invertire la rotta o non ci sarà scampo. Noto che c’è la voglia di un ritorno all’agricoltura, alla coltivazione della terra ma non illudiamoci, è una battaglia dura”.

Prende spunto dall’eredità passata e dalla sua personale passione per il mondo degli insetti il progetto diMattia Linfante, (foto a sinsitra) 23 anni, tortonese, ideato insieme alla fidanzata Giulia Russo che lo sta aiutando nella sperimentazione. Matteo, nella sua camera, alleva insetti. Tra questi in bacco da seta. “Il progetto prevede di riportare la filiera della lavorazione della seta in Italia, dove c’è una antica tradizione andata perduta. Ormai non c’è più nessuno che coltiva i bacchi e, anche nelle zone – come nel comasco – dove si lavora la seta in realtà la materia prima viene importata”. Il progetto di Mattia e Giulia richiede però un ingente investimento iniziale. “Prevediamo anche forme di autofinanziamento per coprire i costi. Dai bacchi si ricava infatti la Sericina, utilizzata nella cosmesi”. Nel suo laboratorio Matteo sta allevando in via sperimentale 200 bacchi. Sembrano molti, ma il realtà sono pochi: “Per produrre un chilogrammo di seta ne occorrono 20 mila”. C’è poi il problema legato alla nutrizione. L’insetto si nutre di foglie di gelso, o di un mangime preparato. “Sarebbe interessante anche reintrodurre la coltivazione del gelso. Anche in questo caso sono possibili forme di autofinanziamento, utilizzando i frutti per fare marmellate”. Passo per passo, però. E il primo “è quello di trovare un vecchio telaio. Lo stiamo cercando, abbiamo già alcuni contatti ma rivolgiamo un appello a chiunque ne abbia uno a disposizione, magari dimenticato in qualche cantina”. Mattia si è già portato avanti: “siamo stati a visitare un laboratorio di produzione e stiamo cercando contatti con stilisti per conoscere l’interesse che potrebbero avere nell’utilizzare seta prodotta in Italia”. Nel paese dell’alta moda per eccellenza l’opportunità potrebbe essere colta.

Articoli correlati
Leggi l'ultima edizione