Mastodonte dei Giovi, gioiello di ingegneria con un record mondiale
Lunga e avventurosa la storia della ferrovia dei Giovi, inizialmente accolta negativamente a Novi perché si temeva la riduzione del transito di carri in città. Durante la costruzione, rinvenuti anche i resti di un rettile preistorico che ispirò la locomotiva capace di correre ai dodici chilometri orari
Lunga e avventurosa la storia della ferrovia dei Giovi, inizialmente accolta negativamente a Novi perché si temeva la riduzione del transito di carri in città. Durante la costruzione, rinvenuti anche i resti di un rettile preistorico che ispirò la locomotiva capace di correre ai dodici chilometri orari
L’idea di Carlo Alberto di unire Genova con Torino attraverso una linea ferroviaria pare impossibile: bisogna passare gli appennini, e le locomotive del tempo in salita se la cavano molto male. La nuova linea rappresenta uno sforzo tecnologico enorme e al momento dell’inaugurazione sarà salutata come una prodigiosa opera dell’uomo: è la prima linea ferroviaria non in piano, e per realizzarla viene costruito quello che allora è il più lungo tunnel del mondo, la galleria dei Giovi. Ancora oggi è il più lungo tunnel al mondo costruito solo con la forza delle braccia.
Il progetto viene accolto con scetticismo da molti tecnici, convinti che la pendenza della linea, pari al 35 per mille, sia troppo alta per qualsiasi locomotiva. Anche a Novi nasce un movimento “no treno”, non per preoccupazioni di tipo ambientale ma bensì di tipo commerciale.
Nel primo progetto per ovviare al dislivello si decide di dotare la linea, nei punti di massima pendenza, di trazione a fune. Per questo viene costruito il “piano orizzontale” dei Giovi. I lavori per la costruzione iniziano il 13 febbraio 1845, e nel 1848 viene aperto il primo tratto, che collega Torino con Moncalieri. L’anno successivo si arriva ad Asti, e l’anno dopo ancora il treno arriva a Novi Ligure.
Novi Ligure per tre anni sarà capolinea, e una piattaforma girevole permetterà di girare indietro i vagoni e riportarli nella direzione di Torino. Nel 1853 verrà effettuato il primo viaggio di prova tra Torino e Genova. Sul treno ci sono il conte Cavour, il generale La Marmora e il ministro dei lavori Pubblici Paolo Paleocapa. Il viaggio inaugurale della linea avviene invece il 24 febbraio 1854. A bordo del treno il re Vittorio Emanuele II, la regina e tutta la corte.
I 169 chilometri di linea vengono completati in 8 anni, e oltre alla galleria vengono costruiti 30 viadotti. Vista la necessità di un enorme numero di maestranze per la realizzazione dell’opera, lungo la tratta c’è lavoro per tutti. Anche per questo motivo le perplessità dei novesi spariscono.
Il problema della forte pendenza della linea viene risolto brillantemente dall’ingegnere Germain Sommeiller, che inventa il “mastodonte dei Giovi”: una particolare locomotiva a vapore doppia, costruita accoppiando due locomotori che grazie alla grande potenza e alle molte ruote riesce a sviluppare l’energia e l’attrito necessari per superare la pendenza del 35 per mille. Viene così abbandonato il progetto di trazione a fune.
Questa locomotiva doppia sviluppa l’enorme – per allora – potenza di 382 cavalli e riesce a trainare un convoglio di 130 tonnellate alla velocità strabiliante – per l’epoca – di 12 chilometri orari. Il curioso nome dato a questo locomotore è dovuto sia alla sua stazza, sia al fatto che durante i lavori di costruzione della galleria dei Giovi vengono ritrovati i resti fossili di un rettile preistorico. I resti del rettile verranno esposti all’esposizione paleologica di Bologna, nel 1881.
Entrano in servizio due mastodonti, dai nomi significativi di Sansone e Ercole. Il viaggio tra Torino e Genova costa 15 lire per la prima classe, 10 per la seconda e 7 per la terza. Paragonato ai costi di oggi, un viaggio in 2ª classe costava 45 euro.
Nel 1873 la stazione di Novi viene dotata di una grande tettoia in ferro che copre tutti i binari, a testimonianza della sua importanza. I giornali novesi dell’epoca riportano le lamentele dei cittadini, in quanto in alcuni punti della tettoia passa l’acqua, e la ruggine affiora presto. La nuova linea ferroviaria riscuote un successo enorme: un viaggio che prima durava quasi una settimana, ora può avvenire in mezza giornata. Il traffico di passeggeri e merci è da subito enorme, tanto che nel 1873, quando crolla un pezzo di galleria dei Giovi e la linea resta chiusa per tre mesi, il porto di Genova collassa a causa della quantità di merci che si ammassa per la mancanza dei treni.
Diventa subito evidente che la linea ferrovia non è sufficiente per soddisfare le esigenze di trasporto, e si comincia lo studio di un secondo valico dei Giovi che sarà ancora più ardito del precedente. La nuova linea aprirà nel 1889 e passerà attraverso la lunghissima galleria di Ronco, di ben 8.300 metri.
A questa linea di secondo valico dei Giovi si aggiunge di lì a poco un terzo valico dell’appennino tra Novi e Genova. Nel 1894 viene infatti inaugurata la Ovada-Genova (all’epoca fortemente osteggiata dai novesi) che con la galleria di valico del Turchino (6.500 metri) crea un’altra via verso Genova.
Sempre nel 1889 apre lo scalo ferroviario di San Bovo, resosi necessario a causa da un lato del grande numero di merci in uscita dal porto di Genova, e dall’altro dalla mancanza di spazio nella stessa città, che impone di far partire velocemente le merci per poi essere smistate a Novi.
Il “parco dei vagoni” di San Bovo è il più grande d’Italia, con una superficie di 40 ettari e con 62 binari per complessivi 28,5 chilometri di tracciato interno alla stazione. A San Bovo nel 1891 viene realizzato il primo impianto di illuminazione elettrica, con lampade ad arco, per permettere le lavorazioni in notturna. Si tratta di una innovazione fantascientifica, e un grande numero di persone si reca nelle cascine intorno per assistere allo spettacolo della luce di notte.
L’11 agosto 1898 avviene il primo grave incidente sulla linea: un treno merci, mentre sta percorrendo la lunga galleria dei Giovi rimane improvvisamente senza guida e inizia a retrocedere piombando a forte velocità su un treno passeggeri fermo al Piano Orizzontale dei Giovi. Tra le lamiere contorte vengono estratte tredici vittime, oltre a una ventina di feriti.
Uno dei passeggeri, rimasto miracolosamente illeso, dichiarò ad un cronista del Secolo XIX, che “per il maledetto carbone usato da qualche tempo a questa parte dalla società ferroviaria, tutto il personale di macchina del treno merci è stato colto da asfissia assieme al frenatore che, cadendo dalla sua cabina soffocato dal fumo, ha lasciato il treno abbandonato a se stesso”.
In quel periodo le locomotive a vapore venivano alimentate con economiche mattonelle di carbone prodotte con un impasto di pece, catrame e polvere di carbone; queste mattonelle però esalavano fumi venefici tanto che i ferrovieri, nelle lunghe gallerie, dovevano coprirsi bocca e naso con bende ben bagnate. In particolare, dopo aver percorso la galleria dei Giovi, per il cui transito occorrevano nove minuti in salita e undici in discesa, ai macchinisti veniva dato un bicchiere di latte disintossicante. Il fornitore unico del velenoso impasto era la Carbonifera di Novi Ligure di proprietà dell’onorevole Edilio Raggio, che a seguito dell’incidente perse l’importante appalto. In seguito al tragico incidente si iniziò seriamente a parlare di elettrificazione della linea.
Un progetto di ulteriore valico restò invece sulla carta. Nel 1872 viene lanciata l’idea di realizzare la linea Genova-Voltaggio-Gavi-Novi, fortemente voluta dal marchese Spinola di Gavi e dal conte Edilio Raggio di Novi. Il progetto sembra in procinto di essere realizzato, ma la rivalità tra Spinola e Raggio e le loro divergenze sul preciso tracciato della linea bloccano il progetto, che tramonterà definitivamente alla morte del conte Raggio, nel 1906.
In quegli stessi anni si incomincia a parlare di una nuova linea che passi sotto i Giovi, una “direttissima” che permetta di ridurre fortemente i tempi di percorrenza grazie a una più lunga galleria. Si tratta dell’embrione del progetto di terzo valico (ma in realtà è il quarto) che sta prendendo il via tra molte perplessità e proteste in questi tempi, ad oltre 100 anni dalle prime proposte.
Circa 20 anni dopo il primo incidente, accade sulla linea un disastro ferroviario ancora più grave, che fa clamore in tutta la nazione. L’8 agosto 1917 il treno diretto 74 proveniente da Genova deraglia a Arquata Scrivia a causa dell’elevata velocità con cui affronta la curva all’inizio del paese. Il carro bagagli, il carro posta, tre vagoni di terza classe e uno di seconda si accartocciano provocando 40 morti e un centinaio di feriti. La storia dell’avventuroso valico dei Giovi è quindi molto lunga, e molte pagine dovranno essere scritte ancora, se il contrastato progetto di terzo (o quarto) valico ferroviario sarà portato avanti.