Intervistando la storia: Adelaide di Borgogna, Regina d’Italia ed Imperatrice
Si può fare un'intervista storica simulata? Si può tentare... e questo è il risultato!
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Adelaide di Borgogna, figlia di Rodolfo re d’Italia, moglie di Lotario re d’Italia e poi di Ottone I Sacro Romano Imperatore, madre di Ottone II e nonna di Ottone III entrambi Imperatori: come vi posso chiamare?
Adelaide. Nel 937, dopo la morte di mio padre, sono stata promessa a Lotario, figlio di Ugo re d’Italia nuovo marito di mia madre, ricevendo in dono terre in quello che oggi chiamate “basso alessandrino”. Lo sposai, ma poco dopo Berengario, marchese d’Ivrea, sconfisse Ugo e fece prigioniero mio marito, che nel 950 morì: per cause naturali, dissero. Rifiutai il matrimonio con Adalberto, figlio di Berengario: sposai invece Ottone I di Sassonia con il quale, nel 962, tornai in Italia per diventare Imperatrice.
Non vi siete sentita oggetto in mani altrui?
Avrei potuto fare altrimenti? Ai miei tempi l’obiettivo di tutti, donne e uomini, era uno solo: sopravvivere. Chi viveva nelle campagne poteva essere ucciso dai banditi, chi abitava le coste, rapito dai pirati e venduto come schiavo, e spesso neppure le sacre mura di chiese e conventi bastavano come riparo. Chi, come me, viveva nei palazzi del potere, rischiava ugualmente: non c’erano elezioni, l’alternanza nei posti di potere avveniva con spargimento di sangue ed uso di veleno.
Ma voi siete riuscita a cambiare qualcosa?
Ci ho provato. Acconsentii al matrimonio di mia figlia Emma con Lotario re di Francia, ed a quello di mio figlio Ottone II con Teofane, figlia di Romano II Imperatore d’Oriente, per unire le più importanti monarchie cristiane. Purtroppo la Francia non ci seguì, Ottone II morì troppo giovane, Ottone III non ha la tempra dei suoi avi e mio nipote Enrico di Franconia non riesce a farsi accettare qui in Italia: ogni mio sforzo sembra destinato a fallire.
Cosa lasciate in eredità, quindi?
Le mie terre, quelle che ho ricevuto in dono nel lontano 937, e che ho donato al Monastero del Salvatore di Pavia. L’abate mi ha scritto pochi mesi fa, informandomi che, nel mezzo della foresta, ora ci sono quattro nuovi insediamenti: “Basiliutiam, Frisinariam, Pastorianum et Rivum Cervinum”. Stanno pensando di costruirne un quinto, in direzione del fiume Scrivia, una “curtem novam” che nel nome contiene già un auspicio: una nuova epoca di pace, dopo quel secolo di sangue nel quale ho vissuto tra i pericoli e che ora, qui in monastero, mi appresto a lasciare.