Gagliaudo ed il “ribaltone” di Alessandria
Tutti conosciamo la leggenda di Gagliaudo e di come riuscì, ingannando il Barbarossa, a salvare dallassedio la propria città: ma andò veramente così? Lo abbiamo chiesto proprio a lui, nella nostra "intervista con la storia"
Tutti conosciamo la leggenda di Gagliaudo e di come riuscì, ingannando il Barbarossa, a salvare dall?assedio la propria città: ma andò veramente così? Lo abbiamo chiesto proprio a lui, nella nostra "intervista con la storia"
Gagliaudo, avreste mai pensato di poter ingannare nientemeno che l’Imperatore?
No, ho salvato Alessandria dall’assedio, ma in altro modo.
Raccontate.
Io ed altri eravamo di ronda quando ci accorgemmo che sotto il muro di terra che proteggeva Alessandria qualcuno stava scavando una galleria: cominciammo allora a percuotere il terreno, facendola crollare. Fallito questo tentativo, e saputo dell’arrivo dell’esercito della Lega a Piacenza, il Barbarossa levò l’assedio.
Ma allora, la storia del grano fatto mangiare alla mucca?
Scherzate? Sprecare del grano, per di più durante un assedio, e poi sacrificare l’unica mucca della mia stalla? Un pessimo affare, che un vero Alessandrino non farebbe mai! Con il Barbarossa noi Alessandrini ci abbiamo parlato sì, ma per allearci!
Alleati con il Barbarossa?
Dopo la battaglia di Legnano, i Rettori della Lega ci fecero capire che era venuto il momento del “tutti a casa”. Ma noi, che venivamo deboli e spauriti da Marengo, Gamondio (oggi chiamata Castellazzo Bormida), Oviglio, Villa del Foro, Borgoglio, Solero, Quargnento, Rovereto, abbiamo dimostrato che, tutti insieme, si può essere più forti perfino dell’esercito imperiale. Per di più, controllavamo il ponte sul Tanaro, fondamentale per i commerci tra Genova, il porto più importante del Mediterraneo occidentale, e la Germania, passando dalla Lombardia. Perciò, nel 1179, abbiamo messo per iscritto le nostre consuetudini: una sorta di “dichiarazione di indipendenza”.
La Lega come la prese?
Male, ma a quel punto il Barbarossa fu pronto a contattarci, e proporsi come alleato.
Un vero e proprio “ribaltone”.
Direi invece un ottimo affare, per entrambe le parti. Il 14 marzo 1183, al prezzo del cambio del nome da Alessandria (che proprio non sopportava) in Cesarea (la “città di Cesare”, e quindi dell’Impero), il Barbarossa ci riconobbe l’uso delle nostre consuetudini, il diritto di eleggerci i consoli; in cambio di una quota sul pedaggio del ponte sopra il Tanaro, ci riconobbe come membri dell’Impero, liberi dalla giurisdizione di conti, marchesi o di chiunque altro. Noi ci guadagnammo la libertà di esistere ed prosperare, che la Lega non era più disposta a riconoscerci; l’Impero sfruttò la cosa a livello propagandistico, facendo capire che, volendo, era in grado di staccare uno ad uno i Comuni aderenti alla Lega, mettendola in minoranza nella stessa Lombardia, ed inducendo così i Rettori a firmare la pace a Costanza che, nel giugno 1183, “Cesarea” firmò anche lei, come Comune di parte imperiale. Con la morte di Enrico VI, figlio del Barbarossa, tornammo al nostro nome originario: ma di tornare a dividerci in otto insediamenti piccoli e deboli, no, non se ne parla, sarebbe un pessimo affare, che un vero Alessandrino non farebbe mai.