Mamma mi si è perso il nido
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Mamma mi si è perso il nido

Da genitore a cui undici giorni fa è nato un figlio all'ospedale di Alessandria non riesco a fare a meno di riscontrare che la professionalità (intesa soprattutto come stile di lavoro) non è una delle caratteristiche principali del Nido

Da genitore a cui undici giorni fa è nato un figlio all'ospedale di Alessandria non riesco a fare a meno di riscontrare che la professionalità (intesa soprattutto come stile di lavoro) non è una delle caratteristiche principali del Nido

OPINIONI  – La nascita di un figlio è un’esperienza unica. Ti pone in una condizione completamente inedita, specialmente se si tratta del primo e ti ritrovi da un momento all’altro con un esserino tra le braccia di cui devi indovinare bisogni e necessità, spesso in brevissimo tempo.

Per questo motivo è necessario che, nei primi giorni di vita del bambino, i neo-genitori siano assistiti da professionisti in grado di accompagnarli nelle prime cure al nuovo arrivato e, soprattutto, a decifrare i segnali che il bimbo manda al mondo esterno.

“Perché fa così?” E’ la tipica frase che un neo-genitore pronuncia nei primi giorni, di fronte al comportamento del figlio: da un singhiozzo a un movimento delle mani, da un pianto inspiegabile dopo una lunga poppata e il cambio di pannolino a strani versetti che mandano in allarme perché indecifrabili. Non si tratta di imparare a guidare un’astronave: è tutto molto più semplice di quanto si creda.

In definitiva si tratta di superare lo scoglio dei primi giorni, in cui bisogna capire i segnali mandati da un piccolo essere umano che non sa ancora parlare, ma solo piangere. Una volta imparati i fondamentali e, soprattutto, una volta acquisita sicurezza, i neo-genitori possono accingersi a svolgere il proprio compito con maggiore serenità, nel rispetto delle esigenze loro e del piccolo. Ma per fare questo, abbiamo detto, è necessario che nei primi giorni in ospedale siano affiancati da professionisti che conoscono comportamenti ed esigenze dei neonati.

Questi professionisti, purtroppo, all’Ospedale di Alessandria potrebbero fare di meglio. Non mi riferisco a ostetriche, pediatri e ginecologi, estremamente bravi e professionali. La nota stonata è rappresentata dal cosiddetto Nido: la struttura che dovrebbe fornire proprio la prima assistenza ai neonati, dando al contempo ai genitori le informazioni per poterli poi accudire in autonomia.

Da genitore a cui undici giorni fa è nato un figlio presso l’ospedale di Alessandria, non riesco a fare a meno di riscontrare che la professionalità (intesa soprattutto come stile di lavoro) non è una delle caratteristiche principali del Nido. Informazioni scarse o contraddittorie e mancanza di comunicazione tra le cosiddette “vigilatrici” (o puericultrici che dir si voglia) sembrano essere la cifra distintiva di un reparto in cui la comunicazione dovrebbe invece essere fondamentale, sia tra personale sanitario sia nei confronti dei pazienti.

Come neo-genitori ci siamo trovati sballottati in una sorta di delirio kafkiano in cui, ad ogni turno (ma talora anche nello stesso turno, in base alla diversa “vigilatrice” interpellata), ci sentivamo dare risposte diverse, se non diametralmente opposte. “E adesso a chi diamo retta?”, è la frase che ci siamo trovati a pronunciare più volte. Una frase condivisa da molti altri genitori. Va detto che anche tra la vigilatrici abbiamo riscontrato persone professionali e disponibili, ma purtroppo quello che non funziona è l’organizzazione generale di una struttura in cui l’incertezza sembra palpabile.

In giorni delicati in cui i genitori, specialmente la neo-mamma, hanno bisogno di un minimo di certezze da poter infondere nella cura del bambino, ci siamo invece spesso trovati in balia delle divergenze e dei rancori tra le “vigilatrici”, sfociate anche in lite aperta davanti a mamme in allattamento e neonati, con tanto di urla, insulti e porte sbattute. Il tutto in un reparto in cui dovrebbe regnare la tranquillità e in cui, almeno davanti a pazienti già provate dall’esperienza del parto, si dovrebbe proiettare un’immagine rassicurante.

La sensazione era quella di trovarsi in una barca sballottata dalle onde, in cui la prima persona in camice che passava diceva la sua, per poi essere contraddetta dalla collega del turno successivo. Il che potrebbe essere ancora tollerabile se limitato a semplici opinioni, ma inaccettabile se riguarda il trattamento e le prime cure da dare a un neonato.

Bisogna dare atto che non è tutta colpa del personale. I reparti di Ostetricia/Ginecologia e il Nido, seppure attigui, sono di fatto separati da un confine invisibile, ciascuno con personale proprio e con un’interazione non proprio tra le più strette. Come genitori ci siamo trovati più volte smarriti e spiazzati in una sorta di “terra di nessuno” in cui non era chiaro a chi rivolgere le più elementari domande.

Alla fine nulla di drammatico. Siamo tornati a casa con il bambino tranquillo e in buona salute. Ma quanto tempo, stress e disagi si sarebbero potuti risparmiare se le informazioni fossero circolate tra il personale e dal personale alle pazienti.

Basterebbe poco: controllare le mamme perché allattino nel modo giusto, dare loro poche informazioni ma certe, eventualmente riunire tutte le neomamme per dare le informazioni una volta sola e in modo chiaro.  E, soprattutto, passarsi le informazioni tra colleghe. C’è di mezzo la salute e la serenità delle pazienti e dei bambini. Tutto il resto, a partire dalle beghe di lavoro e dai conflitti di competenze, dovrebbe andare in secondo piano.

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