Quella diga in disuso della Lomellina
La zona novese è ricca di piccoli laghi. È sufficiente consultare uno dei tanti siti che offrono la possibilità di vedere dallalto il territorio, per accorgersi di quanto sia comune la presenza di piccoli specchi dacqua. Forse però non tutti sanno che, nella strada che da Novi giunge a Gavi, è presente anche un invaso artificiale creato con una splendida diga.
La zona novese è ricca di piccoli laghi. È sufficiente consultare uno dei tanti siti che offrono la possibilità di vedere dall?alto il territorio, per accorgersi di quanto sia comune la presenza di piccoli specchi d?acqua. Forse però non tutti sanno che, nella strada che da Novi giunge a Gavi, è presente anche un invaso artificiale creato con una splendida diga.
La diga fu fatta costruire a partire dal 1896 dal Conte Edilio Raggio, nei pressi della Villa Lomellina di sua proprietà. Si tratta di una pregevole e imponente struttura in mattoni ancora oggi in buone condizioni, percorsa da una strada sulla sua sommità. Al tempo il Conte era uno degli industriali più ricchi e potenti d’Italia, e tutta la zona boschiva da Novi a Gavi, che oggi viene appunto chiamata Lomellina, era di sua proprietà. Un territorio di 180 ettari che al suo interno, oltre alle magnifiche Villa Minetta e Villa Lomellina, residenze del Conte, contava anche 65 cascine dedite alla coltivazione del territorio, tutte di proprietà del Conte.
La diga, lunga 65 metri e alta 20, aveva portato alla formazione di un lago molto grande, di circa due ettari di superficie e lungo 300 metri. La diga è censita nel Registro Italiano Dighe, che riporta la sua capienza pari a 250 mila metri cubi d’acqua.
Un tempo il lago della Lomellina doveva essere rinomato, vista la quantità di cartoline che negli anni Trenta e Quaranta furono stampate, e che oggi sono ricercate dai collezionisti. Quelle belle immagini stridono con il presente della diga, che racchiude un bacino vuoto: solo sotto le alte mura è presente un piccolo stagno, ma la struttura si staglia ancora imponente sulla valle. Di fianco alla diga, fa ancora bella mostra di sé la “Ca’ del Lago”, una piccola abitazione di buon gusto fatta costruire per ospitare il custode della struttura. Intorno al lago, una pregevole area boschiva fa da corona a quelle che un tempo erano le sponde del lago.
Una lapide marmorea affissa sulla casa ci ricorda la data e il motivo della costruzione. Come si usava al tempo, la dedica è in latino ma per chi non lo mastica, ecco la traduzione in italiano: “Edilio Raggio, con grande magnificenza a sue spese, a perenne utilità dei cittadini novesi, introdusse nel lago da ogni parte l’acqua salubre raccolta dalle sorgenti montane. Carlo Raggio, Senatore del Regno, portò a compimento felicemente l’opera egregia del padre e la affidò alla memoria dei posteri”.
La diga venne fatta costruire da Edilio Raggio e completata dal figlio Carlo nel 1910. Anche il Registro Italiano Dighe riporta il 1910 come anno di termine della costruzione. Quello che più interessa dell’iscrizione è quel “a perennem civium novensium utilitate”, cioè a perenne beneficio dei cittadini novesi.
La diga venne quindi fatta costruire per integrare la portata del civico acquedotto, che forse in estate soffriva di carenze idriche. Del resto, la carbonifera di Raggio era la più grossa industria novese ed era sicuramente una grande utilizzatrice di acqua per il suo funzionamento.
Oggi la diga non è più nelle disponibilità del “civium novensium”, in quanto la struttura è stata da tempo acquistata dalla società Derna spa, proprietaria del Golf Club Riasco. Nei progetti della nuova proprietà avrebbe dovuto fornire acqua per irrigare i “green” della struttura sportiva, ma il progressivo interramento del lago ha fatto si che l’autorità per le dighe ne disponesse lo svuotamento per sicurezza.
Nel 1998 Renato Milano, del Wwf di Novi, lanciò l’allarme: nel lago dove una volta nuotavano carpe, cavedani e lucci l’acqua era sparita. Anche gli uccelli migratori avevano dovuto trovare un altro luogo di passo. Il Wwf puntò il dito contro i proprietari dell’ormai ex lago, accusandoli di averlo prosciugato per irrigare il green dei propri campi. La società replicò dicendo che non si trattava di prosciugamento, ma bensì di interramento: il fango sceso dalle rive aveva innalzato il livello del fondo lago, premendo sulla diga.
La buona notizia è che la struttura oggi non è in abbandono: i lavori per il suo recupero, consistenti nello svuotamento della terra che si è accumulata, procedono anche se a rilento a causa dei recenti accadimenti alluvionali. Prima o poi il lago tornerà… anche se non per il “civium novensis”.