Danno ambientale, alla fine chi paga?
Sul riconoscimento dei danni ambientali la sentenza della Corte d'Assise rimanda ad un articolo del Codice dell'Ambiente: il ministero dovrà quantificare ed attivarsi "anche esercitando l'azione civile in sede penale, per il risarcimento del danno ambientale in forma specifica e, se necessario, per equivalente patrimoniale". Intanto Solvay specifica: la condanna è per disastro colposo, non avvelenamento
Sul riconoscimento dei danni ambientali la sentenza della Corte d'Assise rimanda ad un articolo del Codice dell'Ambiente: il ministero dovrà quantificare ed attivarsi "anche esercitando l'azione civile in sede penale, per il risarcimento del danno ambientale in forma specifica e, se necessario, per equivalente patrimoniale". Intanto Solvay specifica: la condanna è per disastro colposo, non avvelenamento
A partire dal risarcimento del danno. Mentre la Corte ha quantificato quello che dovrà essere riconosciuto al comune di Alessandria (50 mila euro), alle associazioni (25 mila euro) e ad alcune parti civili (10 mila euro), per quanto riguarda la richiesta del ministero dell’Ambiente, ammontante a 100 milioni di euro, si rimanda all’articolo 311 del codice dell’ambiente, che recita:
Da rilevare come la provincia di Alessandria non sia stata riconosciuta come parte civile danneggiata, nonostante si fosse costituita come tale all’avvio del processo.
La questione era emersa anche durante le fasi dibattimentali: parrebbe capire che le direttive dell’Unione Europea, recepite dall’ordinamento italiano, tendano non tanto a privilegiare il risarcimento in denaro del danno ma chiedere ai responsabili il rirpistino delle condizioni ambientali pregresse. Il risarcimento arriverebbe solo quando i responsabili – in questo caso i condannati in primo grado – non procedano con azioni concrete. Il ogni caso, sarà il ministero a dover decidere quale strada percorrere.
Sempre durante in dibattimento, i consulenti delle aziende avevano ipotizzato tempi molto lunghi per la bonifica.
In ogni caso, Solvay,che dal 2002 rilevò lo stabilimento, precisa in una nota ufficiale che la condanna non è relativa al reato di avvelenamento, bensì di “disastro”.
Viceversa la Corte di Assise ha ritenuto che le acque destinate all’alimentazione umana non siano state né avvelenate né adulterate ed ha invece individuato un reato diverso, vale a dire il disastro colposo di cui all’articolo 449 primo comma c.p., che non riguarda le acque destinate direttamente all’alimentazione umana.
L’avvelenamento colposo è previsto dall’articolo 452 c.p. mentre il disastro dall’art. 449 primo comma c.p., fattispecie ritenuta dalla Corte.
Tutt’altro discorso è come i Giudici siano giunti a derubricare l’avvelenamento doloso in disastro colposo, ma ciò sarà oggetto dei motivi dell’appello”.