Poeta latino, politico italiano: il dalmata – novese Faustino Gagliuffi
Domani, 10 febbraio, è la giornata del Ricordo: per questo abbiamo intervistato un italiano nato in Dalmazia nella città di Ragusa (Dubrovnik, in lingua croata), amico di Vincenzo Monti e Ugo Foscolo, sepolto alla Pieve a Novi Ligure, città che gli ha anche dedicato una via
Domani, 10 febbraio, è la giornata del Ricordo: per questo abbiamo intervistato un italiano nato in Dalmazia nella città di Ragusa (Dubrovnik, in lingua croata), amico di Vincenzo Monti e Ugo Foscolo, sepolto ?alla Pieve? a Novi Ligure, città che gli ha anche dedicato una via
Dalmata o italiano?
Sulla mia tomba ho fatto scrivere: “Sorte Ragusinus, vita Italus, ore Latinus”. Nato in Dalmazia, ho scelto di esprimermi in latino, ma di vivere da italiano.
Un tradimento della propria cultura di origine?
No. D’accordo, il mio cognome è Galjuf, sono figlio di Ivan e Kata Marcovich, ma ai miei tempi la lingua ufficiale a Ragusa, città indipendente sia da Venezia che dall’Impero Ottomano, era l’italiano. Anche chi era di madre lingua croata non poteva farne a meno. Era diffuso anche il latino, soprattutto tra letterati e scienziati. Solo dopo il 1815 l’Impero Austro-Ungarico prese a favorire la componente croata della società, a danno di quella originaria, latino – dalmata.
Sacerdote e apprezzato insegnante, nel 1798, avete gettato alle ortiche la tonaca per aderire alla Repubblica Romana?
Sì. Il 30 Ventoso dell’Anno Primo della Repubblica Romana (20 marzo 1798) il generale francese Claude Dallemagne mi designò tra i 72 Tribuni del Popolo; io divenni Presidente di questa assemblea legislativa. In tale veste, memore degli eccessi accaduti in Francia, mi opposi fermamente alla creazione di un tribunale rivoluzionario a Roma. Era l’alba del Risorgimento Italiano, anche se durò meno di due anni. Al ritorno del Papa, dovetti fuggire a Genova.
Un “moderato” divenuto poi sostenitore di Napoleone.
Fu all’epoca del Regno Italico, di cui il Bonaparte era re, che conobbi Vincenzo Monti e Ugo Foscolo, due grandi che tra loro non legarono mai davvero. Io divenni famoso come poeta improvvisatore in lingua latina: in un salotto, in un giardino, in viaggio, dovunque, scrivevo al volo, a richiesta e non, versi latini con metrica perfetta, oppure traducevo simultaneamente versi italiani letti da qualcun altro. Altro che i rapper di oggi!
E poi, alla fine, a Novi.
Caduto Napoleone, dato che con l’improvvisazione non ci si campava, divenni bibliotecario dell’Università di Genova, città che assieme a Novi, Gavi e Ovada era passata sotto i Savoia. Novi tutt’ora mi dedica una via nel centro storico, in quella stessa parrocchia di San Pietro dove io ho abitato, e dove scelsi di essere sepolto: ma “alla Pieve” (allora poco più che cappella campestre) e non nella chiesa parrocchiale. Napoleone infatti aveva proibito la presenza di tombe all’interno delle mura cittadine, soprattutto all’interno delle chiese: problemi igienici oppure rischi di caduta del pavimento, come avvenne a San Pietro, a metà Settecento, e altrove, in tempi più recenti.