L’Interpol non basta a fermare il traffico dei bidoni dell’Ecolibarna
Dopo Serravalle e Capriata dOrba, la storia dello smaltimento rifiuti ci porta a Carbonara Scrivia, posta sulla strada che collega Serravalle a Tortona. Nel 1986 appaiono sui giornali le prime notizie del ritrovamento di fusti interrati in località Cadano, a pochi metri dal greto dello Scrivia
Dopo Serravalle e Capriata d?Orba, la storia dello smaltimento rifiuti ci porta a Carbonara Scrivia, posta sulla strada che collega Serravalle a Tortona. Nel 1986 appaiono sui giornali le prime notizie del ritrovamento di fusti interrati in località Cadano, a pochi metri dal greto dello Scrivia
La storia di Giacobone, che secondo i dati diffusi dall’Interpol usa anche il nome di Giorgio Gandini, è legata a doppio filo alla vicenda dell’Ecolibarna.
Dopo Serravalle e Capriata d’Orba, la storia dello smaltimento rifiuti ci porta a Carbonara Scrivia, posta sulla strada che collega Serravalle a Tortona. Nel 1986 appaiono sui giornali le prime notizie del ritrovamento di fusti interrati in località Cadano, a pochi metri dal greto dello Scrivia. I carabinieri, su segnalazione di associazioni ambientaliste, si recano sul posto e trovano quattro bidoni rotti da cui fuoriesce un odore nauseabondo, e innumerevoli confezioni di medicinali.
Quello che si scopre è però molto più di quattro bidoni: alla fine si troveranno 38 mila fusti, per un totale di 10 mila tonnellate di materiale, suddivise in varie aree: oltre a Cadano, anche nelle frazioni Case Rosa, Scaura e San Guglielmo.
La storia è sempre la stessa (vedi puntate precedenti): la ditta Ecolibarna di Serravalle accumula rifiuti tossici, ufficialmente per smaltirli ma in realtà li sparge in giro con la complicità di autotrasportatori che non si fanno scrupoli. Il tentativo iniziale è di ammassarli in un ex deposito di petroli lungo la statale, sempre a Carbonara. Una ditta, la Indeco, chiese al sindaco di Carbonara di allora, Maria Angela Damilano, l’autorizzazione a depositare fanghi di scarto di lavorazione di ditte farmaceutiche svizzere quali Ciba Geygi e Boheringer. Il sindaco negò l’autorizzazione, ma i materiali vennero depositati abusivamente, di notte.
Terminato lo spazio, sempre con il favore della notte, i materiali vennero interrati nei pressi dello Scrivia. Scoperte le discariche abusive, i materiali vennero prelevati dalla Castalia, società del ministero dell’Ambiente incaricata della bonifica, e accumulati in attesa di smaltimento presso un capannone nell’interporto di Rivalta e in un altro capannone a Pozzolo Formigaro (11 mila fusti).
I bidoni avrebbero dovuto essere solo depositati provvisoriamente, ma nel 1991 il comune di Pozzolo lanciò l’allarme: i bidoni erano ancora lì, e cominciavano a rompersi. Analogo allarme venne lanciato dall’allora sindaco di Tortona, Fabrizio Palenzona.
Nel 1994 finalmente Castalia annunciò di aver definitivamente rimosso tutti i bidoni da Tortona e Pozzolo, permettendo ai sindaci di verificare. Ma c’è chi, a Tortona, sostiene che qualche bidone a Rivalta è rimasto.
Nel 1987 cominciò il processo per l’inquinamento di Carbonara: sul banco degli inquisiti, Adriano Giacobone, allora 27 enne e latitante. Mandato di cattura anche per i suoi fratelli Floriano e Franco, suo padre Giuseppe e per Giuseppe Fedele e Dario Astero, dirigenti dell’Ecolibarna.
Non è facile seguire e ricostruire le vicende giudiziarie di Giacobone e della sua famiglia. Ora è latitante, ora viene catturato, poi di nuovo sparisce. C’è pure chi giura che negli anni Ottanta, mentre tutti lo cercavano, era solito passare contromano in motorino in via Emilia a Tortona. Attualmente è definitivamente latitante, e figura nella lista degli “Interpol Most Wanted Fugitives”.
Ma cosa è rimasto oggi, a distanza di trent’anni, di quegli abbandoni sullo Scrivia? Anche qui l’area è chiusa da un cancello, come alla Pedaggera di Capriata, ma manca la recinzione. Il sito inquinato è a pochi metri dal fiume, tra due laghetti formatisi probabilmente da lavori di scavo precedenti. Anche qui affiora un vecchio telo gommato, messo a protezione delle infiltrazioni di acqua e ormai ricoperto a sua volta dalla vegetazione. La zona è densa di sporcizia di ogni genere e ovunque sono abbandonati rifiuti: una vecchia vasca da bagno, una lavatrice, bottiglie di plastica regnano sovrane. Affiorano qua è la bidoni contorti e corrosi, e gli involucri di plastica che abitualmente vi sono contenuti. L’acqua dei due laghetti è scura e macilenta, o almeno così sembra in una giornata di pioggia. Tutto sembra dirci che lì sotto i bidoni ci sono ancora, e che la bonifica deve quantomeno essere ancora terminata. Un capanno di fortuna è stato allestito da chissà chi, e al suo interno si trova traccia dello sguainamento di cavi elettrici fatto da qualche ladro di rame.
Un altro luogo orribile, in un posto che dovrebbe essere bellissimo. Qui, prima del disastro, le famiglie di Carbonara venivano a passare la giornata al fiume. Oggi, la desolazione.