Malerba, la notizia e l’untorello
Né difesa né, tanto meno linciaggio. Se Angelo Malerba ha commesso un reato sarà la magistratura a fare testo nei previsti gradi di giudizio; noi siamo per le garanzie istituzionali a tutto campo, anche per quelli che eventualmente si appropriassero dei cento euro con una serie di zeri dietro
Né difesa né, tanto meno linciaggio. Se Angelo Malerba ha commesso un reato sarà la magistratura a fare testo nei previsti gradi di giudizio; noi siamo per le garanzie istituzionali a tutto campo, anche per quelli che eventualmente si appropriassero dei cento euro con una serie di zeri dietro
OPINIONI – Né difesa né, tanto meno linciaggio. Se Angelo Malerba ha commesso un reato sarà la magistratura a fare testo nei previsti gradi di giudizio; noi siamo per le garanzie istituzionali a tutto campo, anche per quelli che eventualmente si appropriassero dei cento euro con una serie di zeri dietro da rendere difficoltosa la conta al più agguerrito dei matematici.
Sia chiaro: dare la notizia assolutamente sì, ma scatenare una canea mediatica finisce per sollevare solo polveroni. Su questo, però, già tutto è stato detto, anche da chi, con attento rispetto, ha rimbeccato soprattutto coloro che si servono di ogni occasione per attizzare uno scontro politico di parte che offende la fisiologica dialettica di una nazione che sarebbe democratica.
C’è però una cosa che mi ha colpito; mentre tutta l’indignazione locale si scatenava sui media e sbancava su facebook, passava pressoché sotto silenzio il risultato di una ricerca proveniente dall’Inghilterra (The Times Higler education) sulle Università europee, secondo il quale solo due università italiane sono posizionate tra le prime cento e precisamente al cinquantesimo ed al novantesimo posto; e cosa anche più preoccupante è che chi ne fa presentazione giudica il risultato addirittura positivo. Immaginate un po’ se fosse negativo!
Il bel risultato! Per una repubblica che pone la cultura e la formazione alla base della democrazia, considerato il ruolo istituzionale di garanzia per i capaci e meritevoli non c’è male; c’è da chiedersi sul serio se certe solenni proposizioni non siano diventate scatoloni di rumorosa retorica, tanto che non solo si sacrifica qualsiasi contributo ai bilanci della cultura, ma si mandano al macero persino i libri. E lasciamo perdere, per carità la solita obiezione che la promozione del merito è fonte di discriminazione; c’è chi (e noi siamo della partita) rimane convinto che non di discriminazione si tratti, ma di presupposto di crescita e sviluppo.
La questione fa il paio con l’altra, quella posta dal primo articolo della carta costituzionale che pone il lavoro come elemento fondante la stessa democrazia della nazione. Ora ci sono ampie spiegazioni sul lavoro che manca, ma è stato del tutto deplorevole che, dopo un momento di polemiche inconcludenti, non solo la classe dirigente (si fa per dire), ma la stessa opinione pubblica e la stessa canea mediatica si sia incartata sui problemi connessi alle unioni civili ed abbia , in gran parte, rimosso la tragedia della disoccupazione. E lo diciamo nonostante la convinzione, più volte espressa, anche nei tempi non sospetti dei DICO, che una regolamentazione in materia sia del tutto doverosa, senza confonderla coi più diversi tentativi di omologarla ai normali matrimoni ed ai percorsi possibili per le adozioni.
Insomma ci sono problemi che non possono essere rimossi dalla caduta dei linciaggi morali a carico di nessuno, neppure se colpevole; tanto più che nel caso in agenda, mi viene da applicare con libertà forse eccessiva un’espressione tratta da una grande opera letteraria: “…vai, vai povero untorello, non sarai tu che affamerai gli Alessandrini!”