Operazione Triangolo, chiesto il processo per 19 persone
A distanza di 9 mesi dai primi arresti, la procura distrettuale antimafia di Torino ha chiesto il rinvio a giudizio per 19 delle 65 persone coinvolte nellinchiesta denominata operazione triangolo sul presunto traffico illecito di rifiuti tra Liguria, Lombardia e Piemonte, sotterrati in ex cave del Tortonese e dellalessandrino
A distanza di 9 mesi dai primi arresti, la procura distrettuale antimafia di Torino ha chiesto il rinvio a giudizio per 19 delle 65 persone coinvolte nellinchiesta denominata operazione triangolo sul presunto traffico illecito di rifiuti tra Liguria, Lombardia e Piemonte, sotterrati in ex cave del Tortonese e dellalessandrino
Tra i rinviati a giudizio anche due arquatesi, gli autotrasportatori Giorgio e Christian Perasso, e una serravallese, Loredana Zambelli.
Fissata per il 22 marzo a Torino l’udienza preliminare che stabilirà chi dovrà essere sottoposto a processo.
Nel giugno del 2015 i Carabinieri del Noe (Nucleo Operativo Ecologico) e la Forestale fecero scattare l’operazione dopo un lungo percorso di indagini cominciato nel 2011 e coordinato dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Torino. Le indagini partirono grazie alle segnalazioni della “Casa della Legalità”, una associazione di cittadini che hanno costituito un osservatorio sulla criminalità e le mafie, sui reati ambientali e sulla trasparenza Pubblica amministrazione.
Le indagini portarono alla luce un ingente traffico illecito di rifiuti, terre e rocce da scavo, derivati da lavori pubblici nel settore stradale e ferroviario e provenienti da siti di bonifica del genovese, torinese e del basso Piemonte che invece di essere smaltiti correttamente sono finiti in cave e impianti di recupero della provincia di Alessandria.
Al vertice dell’organizzazione secondo gli inquirenti erano l’imprenditore di Tortona Francesco Ruberto e il figlio Daniele, che in collaborazione con Sandro Gandini, titolare della Autostrasporti Gandini di Voghera, organizzarono il giro che portò allo smaltimento illecito di 250 mila tonnellate di rifiuti.
Secondo gli inquirenti, a gestire e ispirare tutto il sistema, la lunga mano della ’ndrangheta calabrese, ormai sempre più radicata al nord.
La procura ha chiesto il rinvio a processo di Gino Mamone, residente ad Avolasca, gestore della Ecoge di genova e sua moglie I. C., residente a Canobbio, in Svizzera; Valerio Bonanno, titolare della Sap di Spinetta Marengo; Ugo Busi e Daniela Busi, alla guida della ditta Busi di Castelceriolo; Francesco Paolo Caovilla, di Sarezzano, dipendente della Franzosi Cave; Alessandro Cavanna, di Sant’Olcese, gestore della Ecoge; Giorgio e Alberto Franzosi, di Tortona, titolari del gruppo Franzosi; Sandro Gandini (latitante) e Andrea Gandini, di Voghera, titolari della Autotrasporti Gandini e della Eurosabbie; Francesco Ruberto e Daniele Ruberto (già agli arresti), tortonesi, alla guida delle aziende Idrotecnica, Ruberto Scavi, Ruberto Spa e Immobiliare Patrizia; Patrizia Guarnieri, moglie di Francesco Ruberto e titolare della Edilderthona; Giorgio e Christian Perasso, titolari della Perasso Giorgio di Arquata Scrivia; Mansueto Serreli, residente ad Alessandria, gestore della ex cava Vidori di Tortona per conto di Ruberto; Loredana Zambelli, di Serravalle Scrivia, responsabile, secondo l’accusa, del laboratorio Biogest di Novi Ligure; Laura Zerbinati, di Druento, consulente del gruppo Ruberto nella gestione rifiuti.
In base alle indagini, il laboratorio di analisi novese Biogest con sede in via San Giovanni Bosco e laboratori al Cipian, ha avuto un ruolo chiave nel “giro” di illeciti. Il laboratorio avrebbe condotto le analisi sulle terre certificandole come non inquinate, ma secondo le accuse, la Biogest non sarebbe neppure stata in possesso della attrezzature necessarie per condurre le analisi.