Due secoli di Giacometti: il teatro avanti sui tempi
Se con un esperimento come quello delle Iene si facessero interviste in via Girardengo ai novesi chiedendo chi è Paolo Giacometti, la risposta più frequente sarebbe: Quello del teatro. Ripercorriamone la vita e le opere principali, a duecento ani dalla nascita di questo grande autore che ha affrontato temi coraggiosi
Se con un esperimento come quello delle Iene si facessero interviste in via Girardengo ai novesi chiedendo chi è Paolo Giacometti, la risposta più frequente sarebbe: ?Quello del teatro?. Ripercorriamone la vita e le opere principali, a duecento ani dalla nascita di questo grande autore che ha affrontato temi coraggiosi
Era infatti il 19 marzo 1816, all’esordio della primavera, quando a Novi Ligure nella casa del Senatore reggente il Reale consiglio di quella provincia, Francesco Maria Giacometti, e di sua moglie Nicoletta Costa, veniva alla luce il figlioletto Paolo. L’anno seguente un’epidemia di tifo portava precocemente alla tomba il padre e quindi la madre, Paolo e le tre sorelle si trasferirono nella villa di famiglia a Genova Sturla.
Proprio qui compì il suo percorso di studi, prima presso il Real Collegio, poi per tre anni presso la facoltà di Giurisprudenza, non riuscendo a completare il corso di laurea per un dissesto finanziario della famiglia.
Fu quindi costretto a impiegarsi come copista presso un avvocato. Da quel momento le sue fortune finanziarie conobbero moltissimi alti e bassi dovuti al fatto di aver scelto di vivere della sua attività di drammaturgo.
Giacometti dimostrò ben presto talento letterario e in particolare una spiccata vena drammaturgica che lo portarono a comporre alcune opere d’ispirazione storica, anche se il vero esordio fu, a vent’anni, nel 1836 con la tragedia in versi “Rosilde”. Il successo di questa e di altre opere seguenti, Giacometti fu molto prolifico, lo portarono a scegliere di vivere di teatro e nel 1840 diventò “poeta di compagnia” per la Giardini-Woller-Belatti che lo ingaggiè per cinque drammi a scadenza annuale con uno stipendio di 120 svanziche al mese.
Sull’onda del successo, nel 1841 il drammaturgo si trasferì a Roma per sei mesi dove vide felicemente rappresentata la sua commedia “Il poeta e la ballerina”, ispirata ai successi genovesi della ballerina Fanny Cerrito.
Quest’opera dal contenuto quasi profetico denunciava il progressivo abbandono del teatro civile e pedagogico per forme di spettacolo sempre più leggere, dove ampio spazio avevano «le gambe e le gole» (parole del Giacometti stesso, così pudico con l’espressione «gole» al posto di «scollature»).
La commedia ebbe strascichi spiacevoli perché la ballerina e il padre di essa si riconobbero in due personaggi messi in ridicolo all’interno della vicenda, come racconta Giacometti stesso nella prefazione al testo drammaturgico.
Negli anni seguenti l’autore cambiò più volte committente fino ad approdare nel 1847 all’unica compagnia stabile in Italia, la Reale Sarda, alle dipendenze dell’impresario Righetti che lo assoldò per quattro lavori all’anno con un contratto di 2000 lire. Svincolato dall’obbligo di seguire la compagnia, Giacometti scelse di vivere a Firenze spostandosi a Torino solo per le prime rappresentazioni.Nel 1848 Giacometti ultimò e mise in scena “Cola di Rienzo”, un dramma storico con chiari riferimenti patriottici, proibito a Torino (il nostro era tra i più censurati del suo tempo) e rappresentato a Firenze.
Dopo la censura arrivò anche la scomunica nel 1849 per aver criticato la falsa filantropia con riferimenti antigesuitici in “Siamo tutti fratelli”.
Furono questi anni difficili dal punto di vista economico, ma anche umano, anche se la produzione di testi teatrali continuò prolifica spaziando dalle commedie di ambientazione borghese, ai drammi storici, alle opere che trattavano tematiche politico-sociali, spesso censurate in molti stati italiani.
Nel 1843 Giacometti si era sposato con l’attrice Teresa Mozzidolfi da cui aveva avuto un figlio. Il matrimonio si era rivelato ben presto infelice per i continui tradimenti della moglie, tanto che la coppia dieci anni dopo decise di separarsi.
Fu questo l’apice dell’infelicità del buon Paolo, il quale rimasto solo con il figlio faticava a sbarcare il lunario. Nel suo errabondare per motivi di lavoro giunse a Gazzuolo, una cittadina nei pressi di Mantova, dove incontrò Luigia Saglio, nipote del parrocco e se ne innamorò. Luigia divenne la musa del nostro poeta e soprattutto lo convinse a stabilirsi nel paese mantovano dove egli potè curare la proprio salute malferma.
Ebbe così inizio la ripresa che portò le opere dell’autore nei principali teatri europei e fu la tragedia biblica “Giuditta”, che applaudita dal re Vittorio Emanuele II e da Cavour nel 1858, lo portò alla proposta del conferimento della croce dell’Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro.
Tornato a Gazzuolo nel maggio del 1859 Giacometti entrò sempre più nel clima patriottico arrivando a pronunciare l’orazione per i caduti della guerra il 31 luglio 1859: il “Cantico di Sicilia” e “I martiri di Belfiore – Cronache patrie”.
A seguito di questo discorso fu inevitabile lo scontro col vescovo di Cremona, informato tra l’altro della relazione dell’autore con la nipote del parroco, minacciato di sospensione dalla messa, se non lo avesse allontanato da casa.
Giacometti non si fece intimidire continuò a vivere a Gazzuolo e nel maggio 1861, a seguito della morte della prima moglie, poté finalmente sposare Luigia, da cui ebbe due figli, mettendo finalmente fine alle maldicenze che lo riguardavano.
Dopo aver affrontato tanti temi scottanti per il suo tempo, in seguito alla sua esperienza di vita, scrisse la sua opera più famosa “La morte civile”, dove affrontò lo scottante tema del divorzio. Ne “La morte civile” il protagonista uscito dal carcere scopre che la moglie si è rifatta una vita, ma a lui questo non è concesso perché non ha alcun reinserimento sociale né affettivo-sentimentale e per questo nel finale si uccide, alla morte civile segue quella reale.
L’opera inizialmente non ebbe successo, il tema era forte e oggetto di scandalo, ma ottenne il trionfo a Parigi, dove ottenne il plauso del celebre autore Emile Zola.
L’ultima parte della vita di Giacometti fu costellata da pressanti problemi economici, non migliorati dalla legge sul diritto d’autore del 1865, e da lutti familiari come la scomparsa dei figli Cesare e David a cui è ispirato il dramma “Lotta crudele”.
I problemi di salute lo costrinsero a trasferirsi poi a Genova e per qualche tempo a Novi Ligure, dove era nato. Proprio qui scrisse il suo ultimo successo: “La lettera anonima”.
Tornato a Gazzuolo le sue condizioni di salute peggiorarono e il 31 agosto 1892 Paolo Giacometti si spense nella sua casa di Nocegrossa.
In questa cittadina, come a Novi Ligure, c’è un teatro a suo nome che lo ricorda.
Quello che colpisce nella biografia del drammaturgo novese, oltre alla vita segnata da difficoltà e da continue traversie, è la forza nel portare avanti l’idea di un teatro che ponga sul palcoscenico la realtà diventando tribuna, attraverso la quale, segnalare all’opinione pubblica problemi e questioni che non avrebbero altro modo di scuotere gli animi, spingendo così al progresso morale e civile.
In questo senso, come dicevamo, Giacometti fu veramente profetico e coraggioso.
Intuì che la società borghese, infarcita di ipocrisia, si stava proiettando verso forme di intrattenimento sempre più frivole e superficiali, tralasciando la cultura e la vocazione pedagogica del teatro.
Chissà se il buon Giacometti avrebbe potuto riconoscere nell’avvenente Fanny Cerrito l’antesignana delle Veline? Non ebbe timore di affrontare anche la scomunica pur di accennare alle storture interne a certi ordini religiosi, vivendo tra l’altro more uxorio con la nipote di un parroco a casa dello stesso. Osò parlare di divorzio, anche religioso, affrontò il problema dei reinserimento sociale dei detenuti. Non si fece spaventare da censure, da anatemi, dal rischio di emarginazione a causa dei propri principi.
È un autore da riscoprire nella sua immensa produzione e da segnalare come esempio di costante affermazione delle proprie modernissime idee che lo posero sempre un passo avanti rispetto ai suoi contemporanei.
Inizieranno quest’opera i ragazzi della Scuola Media Boccardo (Istituto Comprensivo 2 di Novi Ligure) che omaggeranno l’autore nel bicentenario della nascita con lo spettacolo “Giacometti al Giacometti” che andrà in scena il 1 giugno proprio al teatro novese. L’assessorato alla cultura di Novi sta preparando una serie di eventi per celebrare il bicentenario.
Non ne siamo certi, ma forse è la prima volta che un’opera del drammaturgo verrà rappresentata nel teatro a lui intestato. All’interno di “Giacometti al Giacometti”, spettacolo contenitore che ricostruisce biografia, epoca e ambiente, ci sarà anche, infatti, una riduzione de “Il poeta e la ballerina”, la prima commedia di successo di Giacometti. Nella prefazione all’opera l’autore concludeva: «Possa la cortese critica rendermi la sola giustizia alla quale aspiro, quella, cioè, di avere in tempi di corruzione e di sonno, pensato alla dignità del teatro italiano indirizzandolo, come meglio per me si poteva, a uno scopo di utilità nazionale».