Gavi, Antitrust: “Stop agli accordi sui prezzi delle uve”
Stop agli accordi sui prezzi delle uve di Gavi, Brachetto e moscato d'Asti. A dirlo è l'Antitrust con parere pubblicato nei giorni scorsi sul bollettino ufficiale e inviato al ministero dello Sviluppo Economico e alla Regione Piemonte. Un vero e proprio terremoto per i produttori e l'industria del vino che da una trentina d'anni si riuniscono ogni stagione per fissare le quote di resa delle vigne e prezzi minimi delle uve
Stop agli accordi sui prezzi delle uve di Gavi, Brachetto e moscato d'Asti. A dirlo è l'Antitrust con parere pubblicato nei giorni scorsi sul bollettino ufficiale e inviato al ministero dello Sviluppo Economico e alla Regione Piemonte. Un vero e proprio ?terremoto? per i produttori e l'industria del vino che da una trentina d'anni si riuniscono ogni stagione per fissare le quote di ?resa? delle vigne e prezzi minimi delle uve
A sollevare il “caso” sarebbe stato un imbottigliatore del Gavi Docg che ha segnalato la pratica degli accordi di filiera al garante, il quale si è espresso bocciando di fatto le cosiddette commissioni paritetiche: una consuetudine tutta piemontese, nata inizialmente per il moscato in un momento di contrazione del mercato ed estesa, successivamente, anche alle altre due Docg del Piemonte e della provincia di Alessandria. E’ ancora presto per poter prevedere le conseguenze di questo parere, dicono gli agricoltori, ma è già evidente “che non potremo non tenerne conto”, commenta Luca Brondelli, presidente di Confagricoltura. In pratica, secondo il garante, i patti tra produttori, ossia gli agricoltori, e i vari acquirenti, con cui si controllano “variabili economiche anche significative” come le quantità di uve e vini (blocage), vanno circoscritti rigorosamente a quanto consentito dalla legge “con l’espressa esclusione di accordi di prezzo delle uve e tanto più dei vini sfusi”. L’indicazione agli enti è quella di un uso “il più possibile circoscritto” di questi meccanismi che incidono “direttamente sulle disponibilità di prodotto (e conseguenti prezzi) nei mercati finali”. Insomma, secondo l’Antitrust il ricorso alle paritetiche porterebbe ad una alterazione della libera concorrenza.
“In realtà gli accordi di filiera non determinano il prezzo del vino, ma danno indicazioni sulle rese (quantità) e sul prezzo uve. Si tratta, ricordiamolo, di indicazioni, non obblighi di legge. In genere tali accordi vengono rispettati, ma non sono vincolanti”, precisa Maurizio Montobbio, presidente del Consorzio di tutela del Gavi Docg.
I primi accordi di filiera nascono tra agricoltori e industriali del moscato. Il territorio del Gavi vi ricorrerà solo a partire dal 2008, in un momento di crisi. “Si voleva impedire che il prezzo delle uve scendesse sotto una certa soglia, per garantire i produttori, l’anello più debole della filiera”, spiega ancora Carlo Ricagni della Cia che, insieme a Confagricoltura rappresenta gli agricoltori.
Il meccanismo ha funzionato, con buona soddisfazione da entrambe le parti, fino a quando il mercato del vino bianco è rimasto sottotono. Paradossalmente, quando il Gavi ha iniziato a “tirare”, il meccanismo di garanzia, si è inceppato. Ed arriverebbe proprio dal Gavi la segnalazione al garante. “Il fatto di stabilire le rese ha consentito, ad esempio, di non lasciare del prodotto fermo, a meno di richieste aggiuntive da parte del mercato e, in quel caso, si ricorre ad uno sblocco”, spiega Ricagni. Pratica peraltro di derivazione francese, come indica il nome stesso (“blocage e deblocage”).Già lo scorso anno, per la vendemmia 2014, l’accordo sul Gavi non era stato raggiunto. “Le scorte, ad oggi, sono già state tutte esaurite, perchè il mercato, in questo momento, lo richiede”, precisa Montoggio. Infatti, è già stato concesso un deblocage (sblocco delle scorte) del 10% e, dal prossimo anno, si pensa anche a consentire nuovi impianti di vigna.
Le maggiori difficoltà, quindi, nel caso in cui le paritetiche vengano abolite, si avranno per Brachetto e Moscato.
Cosa potrebbe accadere ora? “Stiamo valutando”, dicono gli agricoltori. Il 15 aprile è stata convocata una prima riunione per il moscato e sarà quella l’occasione per un incontro in Regione tra gli “esperti”.
“Non si potrà non tenere in considerazione il parere dell’antitrust. Vedremo se sarà sufficiente apportare qualche modifica agli accordi di filiera, o se dovranno essere esclusi a priori”, è l’opinione dei rappresentanti della categorie. In un mercato totalmente libero, si rischia un innalzamento dei prezzi quando la domanda c’è o un abbassamento se questa manca. I primi a farne le spese saranno probabilmente i produttori. Ma c’è di più. Se la regola dell’antitrust venisse applicata per estensione, si rischia anche che saltino gli accordi nel settore del latte, non solo in Piemonte.
Per i produttori quel parere è però “un passo indietro”,anzi, “un errore”. “Abbiamo sempre pensato che il Piemonte fosse un passo avanti su questo tema. Rinunciarvi sarebbe un grave danno per tutti”, dicono Ricagni e Bondello.