Il partigiano Ciapaiev
A 18 anni e mezzo arriva per Luigi la cartolina precetto. No, Luigi non deve andare in guerra. Si presenta, firma, sale sul treno e con la copertura di un funzionario, scende dalla parte opposta. Riesce a contattare il comandate Giacomino di Castelletto dOrba, del IV distaccamento, sale sulla montagna
A 18 anni e mezzo arriva per Luigi la cartolina precetto. No, Luigi non deve andare in guerra. Si presenta, firma, sale sul treno e con la copertura di un funzionario, scende dalla parte opposta. Riesce a contattare il comandate Giacomino di Castelletto dOrba, del IV distaccamento, sale sulla montagna
Dislocato in una cascina vicino al fiume Piota. Arriva la notizia del rastrellamento tedesco. Il commissario Borro si rende conto della precarietà delle condizioni di quei giovani. Arrivavano in 6 o 7 ogni 3 o 4 giorni; Ciapaiev li accompagna su per quei monti sino alla Benedicta. Sono male armati. I settanta compagni di Luigi hanno 18 moschetti e un solo mitra quello di Ciapajev unica arma adatta a quella lotta. Borro non smette di ripetere: “Ricordate bene: non andate nelle strade, restate nei boschi, in mezzo ai cespugli”. I tedeschi passeranno soprattutto per le strade con i loro mezzi carichi di morte. La guerriglia impone l’allargamento del fronte, si devono sparpagliare penetrando le maglie dell’accerchiamento. Aldo Canepa non segue l’amico Luigi e cade tra i martiri dell’eccidio. Campora, Giacomino e un compagno di Litta Parodi cercano scampo a Madonna delle Rocche dove Luigi ha uno zio. Da lì il padre di Luigi organizza la loro fuga verso casa.
Ma a casa Luigi torna solo la notte, di giorno continua la sua lotta. Ritrova Borro. Arriva la notizia di un’altro rastrellamento. Giovanni Villa, suo amico, non fugge perché con alcuni compagni aveva deciso di minare un ponte sull’Olbicella. Non riesce nell’impresa, viene ferito, preso e impiccato da un fascista ovadese.
Due giorni dopo la Liberazione, Luigi raggiunge Forte Coronata dove sono asserragliati i tedeschi, gli assassini della Benedicta. Non si arrendono. Nelle mani dei partigiani sanno di non avere scampo.
Luigi si ferma a Genova per due mesi e fa il poliziotto. Un giorno, però, arriva un inviato della questura, vuole sapere chi è al comando di quell’unità e, con disprezzo, gli intima un “signorsì”. Luigi, che si è salvato grazie all’autorevolezza dei suoi capi, non accetta l’autorità della burocrazia. Da le dimissioni e torna a Ovada. Torna a fabbricare scarpe: non più scarponi militari bensì quelle scarpe con la suola di corda e la tomaia di stoffa. Con un socio, arriva anche a farne 100 al giorno.
Questa è la sua storia. È stato silenzioso per 72 anni. Quest’anno, come ogni anno è andato a rendere omaggio ai suoi compagni caduti in montagna. A Ovada è rimasto l’unico superstite. Dopo 72 anni c’è ancora il dolore per non aver potuto salvare i suoi amici: Giovanni Villa e Aldo Canepa e tanti altri giovani. È amareggiato per quel “brutto” mostro di cemento, che doveva diventare un centro studi. È incompiuto e abbandonato nel ventre della sua montagna da anni.
A suo tempo, il sindaco di Bosio e l’ex presidente del Parco Repetto Gianni proposero di ristrutturare un immobile, a Bosio, che avrebbe potuto essere fruibile dalle scolaresche già da molti anni. Ma il loro progetto venne affossato.
Ringrazio il partigiano Ciapaiev per avermi consegnato la sua storia di eroe “silenzioso”.
Viva la Resistenza!