L’ingegnere di Sua Maestà, Ignazio Bertola, che partì da Tortona
In molti ormai conoscono, non solo in Alessandria, la Cittadella e ciò che rappresenta per la storia militare e non solo, dato che proprio la sua guarnigione fu la prima a issare il Tricolore Italiano nel Marzo 1821. Conosciamo quindi un po più da vicino il suo progettista, il tortonese Ignazio Bertola
In molti ormai conoscono, non solo in Alessandria, la Cittadella e ciò che rappresenta per la storia militare e non solo, dato che proprio la sua guarnigione fu la prima a issare il Tricolore Italiano nel Marzo 1821. Conosciamo quindi un po? più da vicino il suo progettista, il tortonese Ignazio Bertola
Voi tortonese?
Sì, sono proprio nato a Tortona, nel 1676. Alla morte di mio padre, Gaspare Roveda, mia madre sposò in seconde nozze l’architetto Antonio Bertola, che mi diede il proprio cognome e, soprattutto, mi fu maestro e mi introdusse negli ambienti che contavano della Torino dell’epoca.
Dove avete lavorato insieme?
Cominciammo alla Cittadella di Torino: durante l’assedio del 1706, noi rimanemmo in città, condividendo con i Torinesi pericoli e privazioni. Una volta sconfitta la Francia, lavorammo insieme anche al Forte di Fenestrelle, una delle tante fortezze alpine di nuova concezione, disegnate sul modello del Forte di Gavi, costruito dai Genovesi adattandosi alle asperità della collina e, anzi, sfruttandone al meglio le opportunità difensive.
La Cittadella, quindi, fu un progetto più facile.
No, fu fatica uguale e, in un certo senso, contraria. A Fenestrelle ed Exilles (il Forte che ho ammodernato dopo la morte di mio padre e che poi Napoleone, a differenza della Cittadella, fece saltare in aria) il problema era quello di sfruttare al meglio la natura montuosa del luogo, cercando al contempo di ridurre spese e sforzi per il trasporto di materiale da costruzione in luoghi impervi. Ad Alessandria occorreva invece costruire tenendo conto che, in un terreno pianeggiante e ben servito da vie di comunicazione stradali e fluviali, per il nemico era più facile condurre vittoriosamente un assedio. Di qui la necessità di realizzare fossati e di costruire bastioni in numero sufficiente a ridurre le distanze tra uno e l’altro a una misura pari ad un tiro di schioppo o di cannone.
Oltre a suo padre, quale fu il suo più importante maestro?
Il servizio militare. In qualità di ufficiale dell’esercito (cominciai come Colonnello e arrivai a diventare Generale), partecipai più volte all’assedio di fortezze nemiche, ad esempio durante la Guerra di Successione Austriaca (1745 – 1746): in questo modo, provando, e riuscendo, a espugnare fortificazioni nemiche, ho imparato a progettare e costruire sempre meglio quelle che ero invece incaricato di rendere inespugnabili. Più che la trattatistica teorica, è l’esperienza che fa la differenza.