Chi ha affossato la politica di prevenzione?
Riflessione di Renzo Penna sulle ragioni della cronica mancanza di prevenzione antisismica e messa in sicurezza del territorio presente nel nostro Paese
Riflessione di Renzo Penna sulle ragioni della cronica mancanza di prevenzione antisismica e messa in sicurezza del territorio presente nel nostro Paese
Ponte Cittadella: quando l’interesse prevale sul rigore scientifico
Proprio mentre stavo ricostruendo e ordinando l’analisi dell’intervento di Cannata e i contenuti del convegno sul Piota, ad Alessandria si stava completando, con una fretta sospetta, l’abbattimento dello storico ponte della Cittadella. E ciò nonostante che, a metà luglio, l’Aipo, in quel di Boretto (RE), avesse ufficialmente presentato il programma delle prove sperimentali sul modello fisico del fiume Tanaro nel tratto cittadino di Alessandria, con l’obiettivo di trovare le soluzioni alla messa in sicurezza della città e prospettato l’avvio delle prove che avrebbero occupato alcuni mesi. Per non addossare tutte le colpe alla giunta comunale di centro destra va anche detto che, a fine luglio 2009, tutte le amministrazioni piemontesi, di diverso orientamento, avevano firmato a Roma, sotto la regia del responsabile della Protezione Civile, l’atto per abbattere il Cittadella. L’interesse per la costruzione di un nuovo ponte, possibile solo con la demolizione del vecchio, grazie alla politica, prevaleva e veniva anteposto al rigore di prove scientifiche che avrebbero potuto metterne in discussione l’opportunità. Nell’occasione Guido Bertolaso – in quel periodo ancora in auge – ebbe addirittura a sostenere che l’intervento “emblematico” sul ponte rappresentava: “la soluzione a uno dei più gravi problemi idraulici della pianura Padana”.
A superare lo sconforto per quelle decisioni, che continuo a ritenere superficiali e sbagliate, mi aiutò un articolo di Paolo Rumiz, il giornalista-scrittore che nel corso del suo viaggio letterario “tra abissi, vulcani, antri dove nascono i terremoti”, dedicato “all’Italia sottosopra”, si domandava: “Chi ha affossato la politica di prevenzione? Chi ha voluto che il 65 per cento dell’arte mondiale fosse lasciato in balìa degli elementi?”
Il racconto di Paolo Rumiz
Un intervento di straordinaria attualità che ci aiuta, anche oggi, a meglio comprendere le cause vere dei tanti morti e delle distruzioni del terremoto che ha di recente colpito alcuni paesi dell’Italia centrale, da sempre conosciuti per la loro alta sismicità. Riporto di seguito i passaggi più significativi dove Rumiz risponde agli interrogativi e alle domande . “C’è una data fondamentale per capire: il 1980, terremoto dell’Irpinia. Una giorno preciso, il 10 dicembre; quando Franco Bàrberi e Peppino Grandori, geologi del Cnr, tengono una sconvolgente relazione al Senato, davanti al presidente della Repubblica Pertini. Ho con me quel documento. Bàrberi e Grandori dicono: signori, difendersi dai terremoti o intervenire dopo costa più o meno uguale. La differenza sta nel numero delle vittime. Il costo sociale delle mancata prevenzione è immenso, non considerarlo è un crimine. Ora è tempo di riparare al danno. Così parte l’ idea di un mega-piano di messa in sicurezza dell’ Italia: il Progetto finalizzato geodinamica. Non c’è scienziato che non parli con nostalgia di quegli anni. Si mobilitano risorse, scendono in campo geologi, ingegneri, storici. Cadono steccati, baronìe. L’ interazione di cervelli dà frutto, il patrimonio edilizio del Paese comincia a essere monitorato. La protezione civile si mette agli ordini della scienza. L’ Italia diventa avanguardia, compie un balzo di vent’ anni. Il seguito lo sappiamo. La politica si mette di mezzo. Prevenire non paga, meglio i favori ai costruttori, meglio la politica-spettacolo dell’ intervento a sismi avvenuti, meglio l’amnesia di Stato sui disastri passati. L’idea di calare l’ antisismica nell’ edilizia e nelle assicurazioni viene affossata prima di nascere. Intanto si consuma una lotta per la supremazia fra il Cnr e l’ astro nascente della geofisica italiana, l’Ingv1. Il risultato è lo scacco della scienza, che diventa gregaria della Protezione civile e rifluisce in nicchie accademiche. È il trionfo della monocultura emergenziale militarizzata, fatta di pieni poteri centrali e comunità esautorate. Il modello dell’ Aquila. L’ ostentazione mediatica delle macerie. I campi con i reticolati. La fine dei territori.”
Difficile dire più e meglio.