A Cabella si vende il pane di un tempo grazie al coraggio di Irene
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Maurizio Iappini - m.iappini@ilnovese.info  
3 Dicembre 2016
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A Cabella si vende il pane di un tempo grazie al coraggio di Irene

È la dimostrazione vivente che con il carattere e la volontà i sogni possono diventare realtà e trasformarsi in un lavoro perché Irene Calamante ha dalla sua il coraggio di osare, una di quelle doti che, manzonianamente, “se uno non ce l’ha non se la può dare”

È la dimostrazione vivente che con il carattere e la volontà i sogni possono diventare realtà e trasformarsi in un lavoro perché Irene Calamante ha dalla sua il coraggio di osare, una di quelle doti che, manzonianamente, ?se uno non ce l?ha non se la può dare?

CABELLA LIGURE – È la dimostrazione vivente che con il carattere e la volontà i sogni possono diventare realtà e trasformarsi in un lavoro perché Irene Calamante ha dalla sua il coraggio di osare, una di quelle doti che, manzonianamente, “se uno non ce l’ha non se la può dare”. Il suo forno a Cabella ha aperto da meno di un mese ma è diventato un punto di scambio di idee e di acquisto per i tanti che amano mangiare il pane di una volta, quello ricco di proteine, sostanzioso ma facilmente digeribile, perché fatto con farine di cereali antichi e del posto.

“La mia peculiarità – racconta la giovane alessandrina sposatasi pochi anni fa – è di produrre il pane con farine autoctone come il Gentil rosso, l’Autonomia o il farro monococco che fu il primo cereale sfruttato dall’uomo nella sua storia ultramillenaria. Tutti prodotti che acquisto da chi crede nell’agricoltura biologica”. Una scelta che però non è “oltranzista”: Irene ha scelto di produrre pane non esclusivamente biologico. “I contadini della zona faticano a ottenere la certificazione bio ma si impegnano nel seminare frumento antico. Mi spiacerebbe rinunciare al loro impegno solo per un’etichetta”.

Il suo “Cuore di pane” ha aperto all’inizio di Cabella in una via e in locali che hanno ospitato da sempre fornai del paese e infatti la gente del posto ha capito lo sforzo di questa ragazza che ama a tal punto la val Borbera da aver celebrato il suo matrimonio con una torta nuziale rappresentata da una forma di Montebore, anche questo un modo per tornare all’origine mitologica del formaggio. Coadiuvata dalla madre (da Litta a Cabella non è una passeggiata ma per una figlia questo e altro) Irene sa che il lavoro non è semplice ma lei dà tutta l’impressione di essere una che non ama viaggiare comodo ma arrivare lontano.

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