Lupi avvistati nelle nostre campagne, ma “non c’è nulla da temere”
Avvistato un lupo nelle campagne novesi, possibile? I lupi, generalmente, non stanno sui monti dellAppennino o sulle Alpi? Solitamente luomo teme questo animale , ma può davvero rappresentare un pericolo? A queste domande ha risposto Ruth Pozzi, vicecommissario del servizio di vigilanza faunistica della Provincia di Alessandria
Avvistato un lupo nelle campagne novesi, possibile? I lupi, generalmente, non stanno sui monti dell?Appennino o sulle Alpi? Solitamente l?uomo teme questo animale , ma può davvero rappresentare un pericolo? A queste domande ha risposto Ruth Pozzi, vicecommissario del servizio di vigilanza faunistica della Provincia di Alessandria
“E’ bene precisare subito- dice Ruth Pozzi- che il lupo non attacca l’uomo perché lo ritiene un nemico e quindi non si avvicina. Se si va nel bosco, lui ti ha già individuato e si allontana. Infatti è molto difficile vedere questi animali”.
La Regione Piemonte fra il 1999 e il 2007 ha sostenuto il progetto “Il lupo in Piemonte: azioni per la conoscenza e la conservazione della specie, per la prevenzione dei danni al bestiame domestico e per l’attuazione di un regime di coesistenza stabile fra lupo ed attività economiche” attraverso il quale si è mappato tutto il territorio piemontese per capire quanti sono e dove i lupi. La ricerca ha confermato che il ritorno del lupo sulle Alpi occidentali , dopo 70 anni di assenza, è conseguenza dell’espansione naturale della popolazione appenninica.
Le analisi condotte su 1839 campioni fecali e 27 tessuti raccolti su tutto il territorio regionale attestano che tutti i lupi campionati in Piemonte appartengono alla popolazione italiana di lupo proveniente dall’Appennino centrale. Il primo avvistamento confermato sulle Alpi è del 1987 nell’area del Col di Tenda, nei pressi di Fantan, negli anni successivi la presenza si è consolidata sia in Francia sia in Italia.
In provincia di Alessandria sono stati monitorati segni della presenza del lupo attribuibili sia ad individui in dispersione dall’Appennino alle Alpi, sia da un branco stabile minimo di 4 lupi che gravita sul territorio della Val Borbera – Curone- Spinti e provincia di Genova. Sono ancora necessarie indagini per stabilire se i segni di presenza di un minimo di due esemplari rilevati nell’area del parco di Capanne di Marcarolo appartengano ad individui del branco della Val Borbera o ad un altro nucleo o ad individui di passaggio.
I lupi arrivano dall’Appennino del centro Italia, come è possibile che siano oggi in Piemonte? “Bisogna innanzitutto sapere che questi spostamenti sono avvenuti- spiega Ruth Pozzi- in una ventina di anni. E poi il territorio del lupo è assai vasto, chilometri e chilometri. Il lupo è un animale territoriale, i branchi sono composti da 4 o 5 esemplari. Inoltre si riproducono solo gli animali dominanti. Quando ci sono i cuccioli, i maschi giovani vengono scacciati dal branco dai dominanti. Questo comportamento è definito fenomeno di dispersione. Quindi non è una assurdità pensare che, ad esempio, il lupo trovato alla Guacciorna fosse solo. Andava, probabilmente, a colonizzare un territorio. Se l’esemplare giovane occupa un ‘area dove c’è già un branco, viene sbranato, quanto dico è accaduto, tempo fa, nel territorio comunale di Roccaforte Ligure”.
La ricerca dei lupi avviene utilizzando tecniche genetiche non invasive tramite il ritrovamento di escrementi e altro materiale organico come peli e tessuto. Tale materiale viene analizzato geneticamente per valutare la consistenza numerica del lupo e determinare la presenza dell’animale o branchi stabili sul territorio provinciale. “I lupi presenti in Val Borbera- prosegue Ruth Pozzi- sono importantissimi perché a seguito delle nostre ricerche siamo arrivati a capire che la valle è uno sbocco naturale verso i Paesi dell’est europeo. Diciamo che la Val Borbera è un canale di passaggio che aiuta a rafforzare geneticamente la specie”.
Molto interessante è lo studio della preda dalla quale si evince se è stata attaccata davvero dal lupo o da altri animali. “Quando siamo di fronte ad una preda del lupo si nota innanzitutto che l’animale ucciso presenta pochissime ferite sul corpo – sottolinea Pozzi- e solo un morso alla gola perché il lupo attacca per uccidere e mangia per prima cosa le interiora perché ricche di sangue quindi nutrienti, poi nei ruminanti, in modo davvero chirurgico il lupo estrae il rumine, infine la pelle della preda viene rovesciata. In questo caso osservando anche le impronte, i peli e gli escrementi si deduce che siamo in presenza di un lupo. Non si può identificare il lupo solo dalle orme, bisogna seguirle perché il branco procede a fila indiana l’uno sulle orme dell’altro, poi se si notano delle deviazioni questo significa che alcuni esemplari controllano il territorio per procedere.” Il progetto della Regione Piemonte si è chiuso nel 2007, ma non il lavoro di monitoraggio grazie al Life Wolfalps, piano finanziato dalla Ue al quale partecipano oltre a Ruth Pozzi, la dottoressa Francesca Marucco, la dottoressa Sabrina Corolfi e diversi agenti del servizio vigilanza faunistica della provincia.