Un anno di riconciliazione?
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Un anno di riconciliazione?

Soltanto pochi giorni fa si è conclusa la settimana per l’unità dei cristiani, che ormai dal lontano 1968 vede impegnate le diverse chiese cristiane, cattolici, ortodossi e riformati insieme. La data ormai tradizionale per la celebrazione va dal 18 al 25 gennaio, compresa cioè tra la festa della cattedra di S. Pietro e quella della conversione di S. Paolo, posta tra le feste dei due apostoli considerati “le colonne” della chiesa

Soltanto pochi giorni fa si è conclusa la settimana per l?unità dei cristiani, che ormai dal lontano 1968 vede impegnate le diverse chiese cristiane, cattolici, ortodossi e riformati insieme. La data ormai tradizionale per la celebrazione va dal 18 al 25 gennaio, compresa cioè tra la festa della cattedra di S. Pietro e quella della conversione di S. Paolo, posta tra le feste dei due apostoli considerati ?le colonne? della chiesa

 OPINIONI – Forse in pochi si sono accorti che soltanto due giorni fa si è conclusa la settimana per l’unità dei cristiani, che ormai dal lontano 1968 vede impegnate le diverse chiese cristiane, cattolici, ortodossi e riformati insieme. La data ormai tradizionale per la celebrazione della settimana va dal 18 al 25 gennaio, compresa cioè tra la festa della cattedra di S. Pietro e quella della conversione di S. Paolo, assumendo così un significato simbolico, posta tra le feste dei due apostoli considerati “le colonne” della chiesa.

Nel contesto del cosiddetto “movimento ecumenico” (dal greco “oikoumene”, “terra abitata”, in senso ampio “casa in cui tutti viviamo”) da ormai più di un secolo è maturata nei cristiani la convinzione della necessità di un impegno condiviso perché la diverse comunità che si sono divise per motivi storici (ricordiamo ad esempio lo scisma con l’oriente del 1054) possano tornare unite e vivere una stessa fede.

In questo anno la settimana acquista un rilievo particolare. Il 2017 segna infatti il 500° anniversario di un evento chiave all’interno dei movimenti di riforma che hanno segnato la vita dell’Europa: nel 1517 Martin Lutero espresse – anche duramente – il suo dissenso per quelli che egli considerava abusi nella chiesa del suo tempo, rendendo pubbliche le sue 95 tesi (probabilmente non furono realmente affisse alla porta della cattedrale di Wittenberg, come abbiamo studiato a scuola, ma fatte circolare per dare vita ad una disputa pubblica), che criticavano specialmente aspetti della disciplina ecclesiastica, come la vita del clero e l’abuso delle indulgenze. Poiché, come ben sappiamo, la storia della divisione delle chiese è stata segnata anche da guerre e da episodi dolorosi, si tratta di un traguardo notevole che oggi i cristiani possano pregare insieme e parlare di “riconciliazione”.

Distinguendo gli aspetti soltanto polemici e di contrapposizione ideologica dai contributi teologici dei movimenti protestanti, anche i cattolici sono oggi in grado di accogliere la sfida portata da Lutero a tutti i cristiani, riconoscendo in lui – comunque sia – un uomo che ha cercato Dio per tutta la vita e ha contribuito alla riscoperta delle centralità della Bibbia nella vita dei credenti. E così, dopo secoli di reciproche condanne e scomuniche, nel 2017 tutti i cristiani, per la prima volta, commemorano insieme l’inizio della Riforma.

Lo stesso papa Francesco, recatosi in Svezia per le celebrazioni iniziali del cinquecentenario, ha sottolineato questa dimensione: “Abbiamo la possibilità di riparare ad un momento cruciale della nostra storia, superando controversie e malintesi, che spesso ci hanno impedito di comprenderci gli uni gli altri”.

A che serve oggi a noi soffermarci sul senso di una settimana per l’unità dei cristiani, tanto più nell’anniversario di Lutero? Si tratta forse di imparare a guardare al passato (sociale ma anche personale) senza rimuovere la memoria degli sbagli e delle divisioni, ma assumendone con coraggio il peso, da portare forse con fatica ma più consapevoli della strada da percorrere verso il futuro.

“Anche noi, ha detto il papa in Svezia, dobbiamo guardare con amore e onestà al nostro passato e riconoscere l’errore. Con questo nuovo sguardo al passato non pretendiamo di realizzare una inattuabile correzione di quanto è accaduto, ma raccontare questa storia in modo diverso”.

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