Trunere da salvare? Ma nessuno ha voluto l’Ecomuseo in Fraschetta
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Trunere da salvare? Ma nessuno ha voluto l’Ecomuseo in Fraschetta

Dal 2006 le case in terra cruda tipiche della pianura alessandrina sono oggetto di studio e valorizzazione regionale. Il progetto per realizzare un museo a cielo aperto, però, si è arenato, tra cambi di amministrazioni, e poca convinzione sulla sua utilità.

Dal 2006 le case in terra cruda tipiche della pianura alessandrina sono oggetto di studio e valorizzazione regionale. Il progetto per realizzare un museo a cielo aperto, però, si è arenato, tra cambi di amministrazioni, e poca convinzione sulla sua utilità.

ALESSANDRIA – “Immersi totalmente nella bruma. Siamo noi: il popolo della nebbia; avvolti e resi invisibili dal gelido manto invernale che attutisce e rende misteriosi i rumori, che deforma gli oggetti, anche quelli più ovvi. La nebbia rende più significativi e misteriosi anche gli angoli più ovvi e banali del nostro paesello”. Questa dichiarazione d’amore per la nebbia, e più in generale per il paesaggio della pianura alessandrina è dell’architetto Gian Luigi Prati, molto legato alla sua terra fin da piccolo. Quando studiava a Torino faceva la spola tutti i giorni perché il suo mondo è a Mandrogne, nella pace della campagna, lontano da traffico e caos. Prati, così orgogliosamente alessandrino da studiare una delle caatteristiche edili di quel territorio, e farne discussione di laurea: le case in terra cruda, trunere, che viste così possono non dirci nulla, ma che racchiudono una vita passata popolare basata sull’arte dell’arrangiarsi, da cui partire per divulgare temi legati alla storia, all’ecologia, anche all’architettura e perché no al design. La storia della Fraschetta non è solo la Battaglia di Marengo: prima di Napoleone le campagne hanno assistito alla civilizzazione Romana, poi medievale principalmente longobarda e così via. 

Così dal 2006 al 2009 l’Ass. Amici della Biblioteca della Fraschetta di Spinetta Marengo, il Comune di Bosco Marengo, e quello di Novi Ligure avevano presentato un progetto dalle molteplici possibilità, proprio per valorizzare la terra cruda: un Ecomuseo esteso, una sorta di oasi paesaggistica non solo per turisti a piedi o in bicicletta. La Regione Piemonte con una legge del 2006 aveva addirittura deciso di proteggere le trunere sostenendo economicamente “ricerca e formazione oltre ad erogare contributi per interventi di recupero destinati ai proprietari dei fabbricati in terra cruda”. 

Nel progetto firmato anche dallo stesso Prati si leggono gli obiettivi: “recuperare la dignità del materiale soprattutto in ambito di sostenibilità, valorizzare il territorio in chiave turistica dando una risposta a una esigenza territoriale di ricettività attualmente qualitativamente e quantitativamente scarsa, definire percorsi tematici legati alla cultura e alle tradizioni (socio-economiche, storiche ecc.) del territorio”. 

Ma dall’entusiasmo iniziale, dai primi interessamenti in Regione e da un timido sostegno locale, l’Ecomuseo è ancora in stand-by, né sì né no, un’idea realizzabile “a costo zero“, garantisce Prati, ma che nessun ente con capacità decisionaria ha voluto più portare avanti seriamente. Solo convegni, iniziative tecniche (il cubo di terra cruda del 2015) e qualche pagina sui siti istituzionali. 

 

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