Padre Zerai: “Si può fare!”
Nell'ambito della Torre di Carta, fiera del libro e degli illustratori di Novi Ligure, la biblioteca civica ha ospitato l'incontro con padre Mussie Zerai, l'"angelo dei profughi"
Nell'ambito della Torre di Carta, fiera del libro e degli illustratori di Novi Ligure, la biblioteca civica ha ospitato l'incontro con padre Mussie Zerai, l'"angelo dei profughi"
Venerdì 10 marzo a Novi c’era Padre Mussie Zerai. Al mattino ha incontrato gli studenti delle scuole: 350 ragazzi che lo hanno applaudito, hanno fatto domande, hanno cercato di capire e hanno trovato risposte.
Alla sera, poco più di 50 persone alla sala conferenze, di cui circa metà profughi ospiti della nostra città. C’era il Sindaco Muliere, il suo Vice Felicia Broda, l’assessore alla cultura Cecilia Bergaglio. Non perventua il resto della giunta e soprattutto il consiglio comunale: non uno dei 16 consiglieri tra maggioranza e opposizione hanno avuto tempo di venire a sentire cosa avesse da dire nella nostra città questo pretone nero che praticamente da solo ha fermato la tratta degli uomini nella penisola del Sinai.
Basta con le polemiche. Ma chi è Padre Mussie Zerai? Nato ad Asmara nel 1975, è un prete e attivista eritreo, attivista impegnato in azioni per salvare i migranti nel Mediterraneo durante la crisi europea dei migranti. È il fondatore e il presidente dell’agenzia Habeshia, di recente è stato nominato per il Nobel per la pace.
Noto come “l’angelo dei profughi”, don Zerai stesso ha un passato da profugo: nato in Eritrea, ad Asmara, è espatriato fortunosamente in Italia nel 1992, appena diciassettenne, come rifugiato politico. Diventare attivista per i diritti umani è stato quindi lo sbocco naturale della sua vita, grazie anche agli studi compiuti: Filosofia a Piacenza dal 2000 al 2003, Teologia nei cinque anni successivi e poi Morale sociale presso l’Università Pontifica Urbaniana fino al 2010, quando è stato ordinato sacerdote. Subito dopo, nella tarda estate dello stesso anno, è stato il primo a segnalare la tratta degli schiavi nel Sinai. Da allora, c’è stato un crescendo di orrore: i trafficanti rapiscono le persone direttamente dai centri di soggiorno provvisorio sparsi tra il Sudan e l’Etiopia, mentre le crisi, le rivolte, le guerre, le carestie esplose dal 2010 a oggi continuano a produrre fuggiaschi e richiedenti asilo. E l’impegno di Don Zerai si è moltiplicato: è stato più volte sentito dall’Alto Commissariato dell’Onu per i rifugiati; nel giugno 2012 ha avuto un’audizione ufficiale con l’allora segretario di stato americano Hillary Clinton a Washington.
Ma cosa è venuto a fare a Novi? La “torre di carta”, la fiera del libro e degli illustratori promossa dall’associazione “libri al sole” è riuscita a farlo venire a presentare il suo libro “Padre Mosè”.
Il suo intervento di venerdì è stato un pesante bagno nella realtà dell’immigrazione e delle sue cause. Perché, insomma, succede tutto questo? “Perché qualcuno sul piano politico non ha fatto il suo dovere. Se quei disperati avessero potuto raggiungere l’Europa per vie legali e sicure, senza essere costretti ad affidarsi ai mercanti di morte, non avrebbero terminato i loro giorni in fondo al mare”.
Gli accordi commerciali che avrebbero dovuto favorire lo sviluppo ma che invece sono serviti solo ad arricchire le compagnie europee e impoverire ancor più gli stati africani. L’accaparramento da parte di privati delle fonti di acqua potabile, lasciando agli africani solo l’acqua inquinata e costringendoli a bere acqua in bottiglia venduta a caro prezzo. La tratta degli schiavi, le migliaia di corpi ritrovati senza organi lungo le torre della disperazione. Organi che ora hanno ridato la vita a migliaia di ricchi in asia, europa, america, che possono spendere per ordinarsi un fegato nuovo e farselo “installare” in qualche clinica compiacente.
Il bussiness della disperazione, fino alle aziende cinesi che producono apposta per i trafficanti enormi gommoni che sfuggono al radar, però non tengono il mare. Basta un’onda un po’ più forte per piegarli a metà a farli finire in fondo al mare.
Un viaggio in una realtà orribile che però avrebbe molte soluzioni, e anche abbastanza semplici, che Padre Zerai sottolinea con un ottimistico “Si può fare!”.
C’è spazio anche per l’America di Trump: “Faccia pure il muro con il Messico, sarà molto utile per capire se è più l’America latina ad aver bisogno degli Stati Uniti, o viceversa. Gli states esportano in messico armi e importano droga. Usano i messicani per il raccolto nei campi. Forse il muro servirà più al Messico che a Trump”.