Storia di Giuseppe Roveda, l’uomo che fece l’Outlet
Se tra Novi e Serravalle sorge il più grande centro commerciale d'Europa, gran parte del merito (o della colpa se preferite) va al geometra di Persi, che ha cominciato avviando la raccolta rifiuti nella sua Val Borbera e che oggi è a capo del più grande fondo immobiliare italiano. Una lunga storia professionale e imprenditoriale di un uomo caparbio della nostra terra
Se tra Novi e Serravalle sorge il più grande centro commerciale d'Europa, gran parte del merito (o della colpa se preferite) va al geometra di Persi, che ha cominciato avviando la raccolta rifiuti nella sua Val Borbera e che oggi è a capo del più grande fondo immobiliare italiano. Una lunga storia professionale e imprenditoriale di un uomo caparbio della nostra terra
La storia da cui partiamo è recente e l’avete già letta: la società Aedes SIIQ spa, azienda fra i leader del mercato immobiliare italiano e che ha come azionista rilevante e amministratore delegato uno delle nostre parti, il “geometra di Persi” Giuseppe Roveda, si è ricomprata il pezzo che le mancava del Serravalle Retail Park ed è diventata proprietaria di tutta l’area, dalla Bollina, passando per l’Iper, il Retail Park e l’Outlet. Un investimento di 39 milioni di euro per fare tornare a casa la proprietà dell’area dalle mani del fondo tedesco Herald Level 2 Lux Holding.
La notizia è di un mese fa e sinceramente non l’avevamo capita bene, perché neppure sapevamo che il Serravalle Retail Park se lo erano comprati i tedeschi negli anni 2007 e 2008. Siamo andati a cercare Giuseppe Roveda per farcela spiegare, ma abbiamo scoperto che – come sempre – c’è una storia dietro che è ancora più interessante.
Giuseppe Roveda ha 55 anni ed è di Persi, una frazione di Borghetto di Borbera. Un ragazzo della valle che ha fatto strada, e la voglia è di farsi raccontare la sua storia. Ma poi quando rivedi gli appunti, capisci che quel ragazzo della valle, per fare strada, ne ha fatta fare parecchia pure a noi, alla nostra zona.
Gran parte del merito, o della colpa se volete, dello sviluppo di quell’area tra Serravalle e Novi dove 30 anni fa c’erano solo campi, qualche cascina e un gruppo di cavalli stanchi che pascolavano, è di Giuseppe Roveda.
La sua storia professionale inizia subito dopo il diploma da Geometra. Vince un concorso e diventa un dipendente pubblico, per la comunità montana della sua Val Borbera. Non ha ancora 20 anni e si occupa di forestazione e di rifiuti. Sono gli anni in cui si avvia il servizio di raccolta rifiuti nella valle, e sembra impossibile pensare oggi che una volta – e non sono mica tanti anni fa – certi servizi non c’erano. Dopo due anni vince un altro concorso nella pubblica amministrazione, diventa responsabile dell’urbanistica e dei lavori pubblici del comune di Gavi. Una carriera tutta nella pubblica amministrazione, fino al comune di Arquata.
Ci sono giorni in cui si compiono delle scelte, magari con un sacco di dubbi. Nell’87 Roveda decide che gli sta stretto il pubblico impiego e si mette in proprio, ma non si allontana molto: diventa consulente tecnico di molti comuni grandi e piccoli della nostra zona. Ma lavora anche molto per e con Tarciso Persegona, che è proprietario dell’area Praga, dove in seguito sorgerà l’Outlet.
«Sono anni difficili, perché è appena passata la burrasca di tangentopoli ed è tutto fermo. Gli investitori stranieri non si sognano di venire in Italia e la parola Real Estate non sappiamo neppure cosa sia».
Persegona ha un problema: deve far fruttare quei campi incolti che ha acquisito tra Novi e Serravalle. Ha pensato di agganciarsi alle celebrazioni della scoperta dell’America, le Colombiadi del ’92, e ha ideato un progetto che si chiama spazio ‘92 costituendo una società la Praga srl dal nome della località dove avevano sede i terreni. Si parla di aree artigianali e commerciali, di museo del ciclismo (sì, poteva essere a Serravalle), di centro congressi, di parco divertimenti, di logistica , ecc. .. Ma manca l’idea giusta: «ci vorrebbe un grande ipermercato, pensavamo, ma le liberalizzazioni di Bersani dovevano ancora venire e la domanda giaceva immobile in Regione.»
L’alimentare era contingentato: fate quel che volete, ma niente cibo. «C’è il progetto del terzo valico, e allora pensiamo che quello poteva essere un futuro dell’area. Ad esempio, poteva ospitare un campo base dei cantieri.»
Ma anche il progetto del terzo valico è fermo. Il vincolo del non alimentare è pesante. «Stavamo pensando a cosa si potesse fare in uno spazio simile, che avesse a che fare con il commercio ma non con l’alimentare.» Roveda è consulente della società di Persegona e decide di ritirare la richiesta dell’autorizzazione regionale per l’ipermercato che langue in regione e di chiedere uno spazio commerciale non alimentare, anche se non ha bene idea di cosa possa essere.
«Presentiamo una domanda di circa 30 mila metri quadrati di vendita di spazio commerciale non alimentare, anche se non sappiamo cosa fare. Vado a a vedere il centro “Le Piramidi” a Vicenza, perché è il solo a non avere alimentare in Italia ma non mi sembra che faccia grandi affari. Non ne sono entusiasta anzi sono preoccupato.»
Bisogna guardare oltre. «Andiamo a vedere in Inghilterra. A Bicester c’è un Factory Outlet, della Value Retail, e ci andiamo io, Tarcisio Persegona e mio fratello Paolo.. Non avevamo mai visto un posto del genere, pieno di gente che girava carica di borse. Mio fratello Paolo ci dice di aspettarlo e sta via un quarto d’ora. Torna di corsa e ci dice raggiante “Non c’è l’alimentare!”. Ecco, avevamo trovato l’idea di cosa fare a Serravalle.»
Ma non è facile partire. I primi inglesi specializzati nel settore che vengono a vedere l’area a Serravalle sono netti: “Che posto di m…”.
La trattativa con Value Partner non decolla, ma che girano in Italia con i loro consulenti alla ricerca di aree per sviluppare degli outlet ci sono anche gli inglesi di McArthurGlen.
«Dopo una trattativa di circa 9 mesi oltre a tre giorni e tre notti ininterrotti alla fine , a Milano, firmiamo l’accordo. E’ il 17 luglio del 1998, il 17 mi ha sempre portato fortuna.»
La prima società che si chiama Praga srl, capitale 20 milioni di lire. Nel 2000 verrà sostituita da Praga Holding, capitale 5 milioni di euro. Un bel salto. In una anno viene costruito il primo lotto dell’outlet di Serravalle, che verrà inaugurato a settembre del 2000.
«Nel frattempo è arrivato Bersani con le sue liberalizzazioni, possiamo ottenere le autorizzazioni e sviluppare un centro commerciale classico conun grande ipermercato alimentare.» La storia dell’ampliamento dell’area la conoscete: i vari lotti dell’outlet prima e del serravalle retail park poi. Quelli che erano i prati di Praga diventano uno dei “più grandi centri commerciali d’Europa.”.
Comunque la pensiate, l’Outlet ha cambiato il nostro territorio, le nostre abitudini, ha portato posti di lavoro. Tutto perché Roveda e Persegona hanno pensato di andare a vedere cosa fanno gli inglesi, hanno creduto didi portarli a investire qui, e non si sono fidati di chi diceva che il posto non era adatto.
Ma l’avventura di Roveda non finisce: la Praga Holding entra nella Aedes, la più antica società quotata immobiliare italiana. Ma è una società decotta, carica di debiti. La storia del salvataggio della società sarebbe lunga da raccontare, e Roveda rischia grosso grazie anche ad un infarto che lo colpisce proprio ad un mese dal closing del salvataggio . Ma alla fine Aedes ritorna alla grande e uno degli azionisti rilevanti nonché l’amministratore delegato è quel geometra di Persi che ha cominciato decidendo dove mettere i bidoni della spazzatura in Val Borbera.
Una storia delle nostre, e noi che pensavamo che fossero stati gli inglesi a scoprirci. Una storia di tante persone caparbie, curiose. Una storia che mi ha raccontato Giuseppe Roveda davanti a un caffè in un bar del serravalle retail park, con gli occhi allegri di uno che sembrava raccontare le sue vacanze a Cuba, senza prendersi troppo sul serio. Ecco, se in ogni storia ci deve essere un segreto quello di questa è che a volte bisogna rischiare, ma senza prendersi troppo sul serio.