Usura o commissione bancaria?
Solo uno come il teologo francescano Padre Alessandro da Alessandria poteva affrontare, con cognizione di causa (dato l'innato senso degli affari dei "mandrogni"), il tema della distinzione tra usura e prestito ad un giusto interesse
Solo uno come il teologo francescano Padre Alessandro da Alessandria poteva affrontare, con cognizione di causa (dato l'innato senso degli affari dei "mandrogni"), il tema della distinzione tra usura e prestito ad un giusto interesse
Lo sviluppo di commerci e banche italiani a livello internazionale durante il XIII secolo pose all’interno della società dell’epoca il problema della compatibilità tra attività creditizia e peccato di usura: chi poteva trovare una prima via di soluzione se non un “mandrogno doc” come il francescano alessandrino padre Alessandro Bonini?
Come mai un francescano come voi, studioso sia di Aristotele che delle Sacre Scritture, successore del celebre teologo Giovanni Duns Scoto all’Università di Parigi (prima di venire espulso per essersi schierato contro Filippo il Bello a favore di papa Bonifacio VIII) e poi, dal 1313, Ministro Generale dell’Ordine Francescano, decise di dedicarsi anche al rapporto tra etica e finanza?
Non sono stato certo un pioniere. Già San Tommaso d’Aquino aveva definito il “giusto prezzo” come quello che rispecchia l’effettiva e reciproca utilità tra chi vende e chi compra: nel mio trattato “De usuris” del 1302 ho applicato questo concetto vedendo quando sia possibile chiedere lecitamente un interesse.
Un teologo che si occupa di economia?
Per poter valutare correttamente senza preclusioni ideologiche, io e altri teologi siamo partiti dallo studio di una serie di concetti propriamente economici: capitale monetario, interesse, valore economico, giusto prezzo, sconto, cambio. Proprio riguardo al cambio delle valute, ad esempio, posso tranquillamente affermare che non c’è usura.
Perché?
Come ho scritto nel “De usuris”, il cambiavalute fornisce un servizio che ha un’utilità per chi viaggia nelle varie regioni per commerciare, attività senza la quale non c’è vita sociale: chi si avvale di questo servizio, è giusto che se lo paghi, nella misura corretta. Questo non significa affatto ammettere la liceità dell’usura, ma al contrario individuare con precisione ciò che era veramente usura, senza condannare a priori l’uso del denaro.
Non pensare che, in questo modo, una lettera di cambio possa essere un mezzo per nascondere usura?
Sì, è possibile, ma solo dichiarando il falso per “gonfiare” la cifra da cambiare rispetto a quella effettivamente corrisposta all’atto della stipula della lettera: ma, a questo punto, oltre all’usura, c’è la violazione dell’Ottavo Comandamento “Non dare falsa testimonianza”.
Un buon ragionamento: ma cosa c’entra tutto questo con “sorella povertà”?
Qualcuno doveva pur occuparsene: se la Divina Provvidenza ha scelto me, forse è stato perché l’innato senso degli affari di un vero “mandrogno” poteva permettermi di affrontare con cognizione di causa il tema dell’uso del denaro, restandone però distaccato proprio grazie a “sorella povertà”.