Biennale d’Arte, vince Musinu: “Per le mie foto ho riscoperto la pellicola”
Giorgio Musinu, 27enne di Stazzano, ha vinto il primo premio alla Biennale Internazionale d'Arte Contemporanea di Anzio e Nettuno Shingle22j. "Fino al 2015 scattavo in digitale. Poi ho comprato per pochi spiccioli una vecchia macchina a pellicola e da allora tutto è cambiato"
Giorgio Musinu, 27enne di Stazzano, ha vinto il primo premio alla Biennale Internazionale d'Arte Contemporanea di Anzio e Nettuno Shingle22j. "Fino al 2015 scattavo in digitale. Poi ho comprato per pochi spiccioli una vecchia macchina a pellicola e da allora tutto è cambiato"
Una grande soddisfazione per un ragazzo che coltiva la sua passione con grande umiltà. «È complicato descrivere come è nata questa passione, si è sviluppata a livelli – racconta – Scattavo molto in digitale poi nel 2015, ad un’asta, ho comprato a 14 euro una vecchia Canon a pellicola. Sviluppai le foto scattate con questa macchina e la resa della pellicola mi colpì molto. Bisognava fare maggiore attenzione, dato il numero limitato di scatti, occorreva rallentare».
A poco a poco prende forma il suo percorso. «Sono autodidatta, quando mi appassiono a una cosa voglio imparare tutto. Volendo approfondire il discorso fotografia, mi sono iscritto all’accademia professionale Area Domani di Genova e ho candidato un autoscatto al concorso “Rendere visibile l’invisibile” di Santa Margherita Ligure. La giuria ha recepito il messaggio che volevo comunicare e ho vinto il primo premio – rivela Giorgio – Un risultato che mi ha spronato a continuare. All’esame ho portato un progetto sui luoghi abbandonati, quelli che io scelgo per scattare perché sono irreali».
Le opere di Giorgio infatti sono tutte accomunate dall’utilizzo di alcuni elementi: il bianco e nero, l’ambientazione in luoghi abbandonati, la sua presenza all’interno degli scatti. «Sono attratto dal surrealismo, dai film di Stanley Kubrick, mi piacciono i contrasti. Utilizzo il bianco e nero, che è l’essenza della fotografia a mio parere; il colore è di troppo – spiega – Le mie foto sono tutte autoscatti: mi sposto di mattina presto, perché solitamente c’è la luce migliore, mi porto cavalletto, telecomando e temporizzatore e sono sempre vestito uguale. Fa tutto parte di un progetto che mi auguro durerà anni e serve a dare una continuità: vorrei far sparire la base temporale e fuggire dalla modernità. Produco poco perché vorrei comunicare il mio odio verso questa corsa frenetica che è diventata la società di oggi, la vita. Fotografare vuol dire avere cura. Mi colpisce il fatto che la fotografia sfidi il tempo, che si possano imprimere su pellicola posti dove il tempo ha fatto del suo e sta ancora agendo». Tornando al progetto, «le fotografie cambiano anche in base allo stato d’animo con il quale le ho scattate – dice – Se mi sentivo triste, decidevo di mettermi a terra per far capire e comunicare il mio esatto umore».
La curiosità ha il sopravvento: perché sono tutti autoscatti? «È rischioso portare persone nei posti che scelgo; mettersi nella foto avvalora il messaggio che voglio trasmettere, mi permette di entrare dentro il lavoro che sto facendo».
Dopo la forte emozione per il massimo dei voti alla fine del percorso in Area Domani, «ho scelto di proseguire nel mio percorso frequentando il master di alta formazione sull’immagine contemporanea alla Fondazione Fotografia di Modena per alimentare la passione e spingerla nel settore dell’arte contemporanea». Durante la chiacchierata, Giorgio ci racconta che non è interessato alle foto di eventi o moda. «Sono estraneo a questi generi. Mi piace la fine art».
Prima del primo posto alla biennale, sono arrivati una menzione d’onore ai MonoVisions Photography Awards, una segnalazione dalla giuria al CombatPrize International Art e il terzo posto alla rassegna d’arte Via Degli Artisti Naviglio Grande Milano.