Carlo Bollettieri: “Ora suono la batteria condividendo il palco con i miei miti”
Carlo Bollettieri, musicista nato in Francia e trasferitosi ad Arquata Scrivia nel 1963, racconta i suoi inizi e la sua carriere e ripercorre i momenti più belli e quelli più difficili
Carlo Bollettieri, musicista nato in Francia e trasferitosi ad Arquata Scrivia nel 1963, racconta i suoi inizi e la sua carriere e ripercorre i momenti più belli e quelli più difficili
Nato in Francia, figlio di minatore, ha trascorso la sua infanzia in Basilicata, per arrivare ad Arquata Scrivia nel 1963, a 13 anni. Il suo incontro con la musica e con la batteria avviene un po’ per caso. “Ero poco più di un bambino e un ragazzo che suonava la batteria da cinque anni insistette per farmela provare. Ero un po’ restio, ma mi feci convincere…per fortuna! Riuscii a fare delle cose strepitose sebbene non avessi mai preso in mano le bacchette né avessi mai preso lezioni da qualcuno. Suonavo quasi meglio di lui, tanto che mi prese per un fenomeno e mi chiese se non lo avessi preso in giro”.
Gli esordi sul palco risalgono alla notte di Capodanno del 1966, a 16 anni, con il gruppo “Gli Orizzonti”. “La prima batteria mi costò 30.000 lire ed era con la pelle d’asino”.
Al militare in caserma conobbe molti musicisti e negli anni ‘70 suonava in un gruppo semi professionista del novese, i “La Fiaba”. Dopo il militare iniziò a lavorare all’Italsider di Genova “Ho deciso di avere un posto sicuro. Devo ringraziare i miei superiori perché sapevano che suonavo e mi hanno sempre permesso di farlo, concedendomi gli spazi che mi servivano. Continuai quindi a suonare. In quel periodo avevo l’adrenalina a mille e mi buttavo ovunque c’era da buttarsi. Mi capitarono anche diverse belle occasioni che mi diedero entusiasmo. La prima fu la mia partecipazione come batterista a un concerto della jazzista Wilma De Angelis e del pianista Palomo. Capitò per caso, non avevamo provato nulla prima, ma andò così bene che un ragazzo del pubblico chiese a mia moglie se ero io il batterista ufficiale del gruppo. Nel 1974 invece, alla Cometa di Sale, conobbi Gianni Coron, il primo bassista dei “Nomadi”. Coron all’epoca si è staccato dai Nomadi da poco e suonava con un nuovo gruppo, con il quale si esibiva alla Cometa per un mese. Ci conoscemmo e diventammo amici. Gli piaceva come suonavo e mi capitò di esibirmi con loro. Il loro batterista aveva ricevuto un’offerta per suonare con Lucio Battisti e mi offrirono di trasferirmi a Modena per sostituirlo ed entrare così a far parte del gruppo. Ci pensai a lungo, ma alla fine rifiutai perché avevo paura. Sono consapevole di aver perso un treno, ma volevo rimanere con i piedi per terra, nella mia vita “normale”. Avevo il timore di distaccarmi dal mondo reale, di entrare in un brutto giro, è un mondo che non fa per me. Se suoni a quei livelli devi essere bravo, non puoi deludere il pubblico e devi sempre sentirti all’altezza”.
Da quel momento Bollettieri continua comunque a suonare, ma senza un gruppo fisso. All’epoca i batteristi provenivano quasi tutti del sud Italia e in estate tornavano al loro paese. “Così io mi trovai a fare da “tappabuchi”. Grazie al mio impresario venivo chiamato dove mancava il batterista. Era incredibile perché nella maggior parte dei casi non provavamo, ma andava sempre bene. Ho suonato praticamente con tutti i gruppi del Piemonte. La maggior parte di loro mi chiedeva di rimanere nella formazione al posto del loro batterista; questo mi lusingava ma mi spiaceva portare via il lavoro ad una persona. In ogni caso non volevo mettermi con nessuno, avevo sempre bisogno di cose nuove e, quindi, cercavo sempre di cambiare”. L’appellativo “La Leggenda” deriva anche da questo: Carlo era dappertutto, “come il prezzemolo”, non c’era gruppo nella nostra zona con cui non abbia suonato, nella maggior parte dei casi senza nemmeno provare. Carlo non si tirava mai indietro.
Nel 1993 inizia ad insegnare: all’epoca suonava nella banda di Novi e gli diedero a disposizione una stanza proprio per insegnare a suonare ai ragazzi della banda, che erano circa una cinquantina. “Oltre ai componenti della banda ho insegnato a numerosi ragazzi. Devo dire che 4 o 5 di loro sono diventati dei fenomeni. Sono invece un po’ deluso dalla gioventù di oggi: non ho mai più trovato qualcuno che si sacrifichi davvero per la musica, per imparare. Vengono qui, fanno qualche prova, poi non li vedi più”.
Carlo non lo vuole ammettere, ma mi ha confidato che negli anni ha anche fatto delle azioni benefiche, per esempio con l’Anfass ha creato un gruppo musicale che suonava con la sua band.
Venendo ai giorni nostri, nel 2014 Carlo entra in crisi profonda e vuole smettere. Per spronarlo a non farlo l’amico Enrico Caprifoglio, musicista e sassofonista novese, gli presenta Bobby Posner [in foto], il bassista dei “The Rokes” che oggi vive nella nostra città. “All’inizio pensavo che Enrico mi prendesse in giro. I Rokes per me rappresentavano le icone degli anni ’60, insieme agli “Equipe 84”. Io li avevo visti dal vivo nel 1967 a Vignole Borbera. Ho chiesto Bobby se voleva collaborare e dopo qualche tempo mi ha chiamato a suonare con lui in una serata in cui era assente il suo batterista ufficiale. Abbiamo fatto due prove, ho imparato la scaletta e ci siamo esibiti. Ricordo che Bobby mi spronò e mi disse di non preoccuparmi. Io non stavo più nella pelle, per me era un sogno che si realizzava”.
Dopo quella sera Bollettieri diventa il loro batterista ufficiale e in breve tempo Carlo e Bobby decidono di dare vita a un gruppo più professionale: coinvolgono Mike Shepton, anche lui ex membro dei Rokes, i due chitarristi Sergio e Franco Basso e le due coriste Nora e Daniela. Nascono così “I Rokes M&B”, che si esibiscono dentro e fuori il nostro territorio con cover del gruppo storico. “Abbiamo fatto uno spettacolo al Palaruffini di Torino dove erano presenti 5000 spettatori. Per uno come me è stata una esperienza pazzesca. Ringrazio Bobby perché, senza saperlo, mi ha salvato in un momento di crisi e perché mi dà sempre preziosi consigli, rafforzando la mia carica e Mike, che sul palco mi sprona sempre a fare bene. Non avrei mai pensato di poter suonare ed esibirmi con quelli che erano i miei miti”.