Tiberio Torriani, Vescovo di Tortona e pacificatore tra guelfi e ghibellini a Novi
Ora che la visita di mons. Vittorio Viola alla Zona Pastorale di Novi Ligure è in pieno svolgimento, vogliamo intervistare, dopo Giseprando, un altro Vescovo di Tortona che non si disinteressò ai problemi politici della sua gente
Ora che la visita di mons. Vittorio Viola alla Zona Pastorale di Novi Ligure è in pieno svolgimento, vogliamo intervistare, dopo Giseprando, un altro Vescovo di Tortona che non si disinteressò ai problemi politici della sua gente
Torriani o “della Torre”, è la famiglia guelfa che ebbe la signoria di Milano prima dei Visconti?
Sì: dopo la battaglia di Desio (1277), i Visconti ci esiliarono, così ci rifugiammo nel Patriarcato di Aquileia, retto dal vescovo Raimondo della Torre, che mi ordinò sacerdote e mi affidò delicati incarichi diplomatici.
Quando giunse qui da noi, a Tortona?
Fui nominato l’11 luglio 1317 da papa Giovanni XXII nell’ottica di una rete di alleanze contro i Visconti, capi della fazione ghibellina: dato però che Tortona era sotto controllo visconteo, mi trasferii a Genova, diocesi confinante, sotto la protezione delle armi di Roberto d’Angiò, re di Napoli, capo dei guelfi italiani. Entrai in possesso effettivo della mia diocesi solo nel 1322, quando le truppe di re Roberto presero il controllo di Tortona.
E a quel punto fece mandare in esilio i ghibellini da Tortona e dal suo territorio, che all’epoca arrivava fino a Novi.
No. Il Vangelo supera la logica della vendetta continua tra guelfi e ghibellini: io preferii comportarmi da uomo di Dio, e l’8 settembre 1324 riuscii ad imporre ai Bianchi e gli altri guelfi novesi un compromesso con i Cavanna, capi dei ghibellini locali.
E come?
Primo, facendo consegnare il castello di Novi ai soldati di re Roberto. Secondo, vietando sia ai Bianchi che ai Cavanna di avere contatti con altri esponenti non-novesi della propria fazione. Terzo, stabilendo multe pesanti a chi infrangeva il patto perché, purtroppo, le scomuniche non hanno più l’effetto di un tempo. In questo modo volli rompere la spirale nefasta che caratterizzava le lotte tra guelfi e ghibellini in tutta Italia: la fazione esiliata si metteva d’accordo con i forestieri per rientrare e mandare via chi li ha precedentemente espulsi. Le conseguenze di questo circolo vizioso appena descritto? Instabilità continua, disgregazione sociale e perdita del senso di comunità: mali che sembrano affliggere ancora la vostra società, anche se con meno spargimento di sangue rispetto ad allora.
Quanto rimase a Tortona?
Poco. Nel 1325 feci uno scambio di sede con Princivalle Fieschi: io andai al suo posto a Brescia, dove rimasi fino alla mia morte nel 1333; lui fece il suo ingresso a Tortona. Entrambi ci avvicinammo a casa, essendo lui di nobile famiglia genovese; e lui, più di me, riuscì a far breccia nel cuore dei suoi concittadini.