Solvay e Ausimont, pene ridotte in appello per disastro ambientale
La corte d'Assise d'Appello ha ridotto ad 1 anno e 8 mesi le pene per tre dei manager di Solvay ed Ausimont per disastro ambientale colposo. Assolti gli altri cinque imputati. Solvay annuncia il ricorso in Cassazione. In primo grado la condanna era stata di 2 anni e mezzo
La corte d'Assise d'Appello ha ridotto ad 1 anno e 8 mesi le pene per tre dei manager di Solvay ed Ausimont per disastro ambientale colposo. Assolti gli altri cinque imputati. Solvay annuncia il ricorso in Cassazione. In primo grado la condanna era stata di 2 anni e mezzo
E’ quanto disposto dalla Corte d’Assise d’Appello che oggi, a palazzo di Giustizia di Torino, ha letto la sentenza a seguito dell’appello presentato sia dal pubblico ministero che dalle difese.
In primo grado erano stati condannati per disastro ambientale colposo a due anni e mezzo Francesco Boncoraglio, responsabile della funzione ambiente dello stabilimento; Luigi Guarracino, direttore di stabilimento di Spinetta fino all’ingresso dell’attuale direttore Stefano Bigini; Giorgio Carimati, responsabile tecnico ambiente e sicurezza per il gruppo Solvay; e Giorgio Canti, dirigente Ausimt, poi Solvay. Furono invece assolti gli amministratori delle società che si sono succedute alla guida del polo chimico di Spinetta, prima Ausimnt poi Solvay Carlo Cogliati, Bernardo Delaguiche e Pierre Jacques Joris. Scattò la prescrizione per Giulio Tommasi.
Ieri la corte d’Appello di Torino ha ridotto le pene per tre manager ed assolto gli altri cinque imputati. La riduzione ad 1 anno e 8 mesi è accompagnata dalla sospensione della pena e la non menzione.
La richiesta della procura generale, che aveva terminato l’istruttoria a Torino al posto del pubblico ministero Riccardo Ghio, nel frattempo trasferito, era di 17 anni per Cogliati, Delaguiche e Joris, 16 per Carimati, 15 per Boncoraglio, Guarracino e Canti. Richiesta supportata dai legali di parte civile Spallasso, Lanzavecchia, Pianezza, Giordano, Mara, Mario e Gianluca Violante, Martinelli.
Si chiude così (salvo ulteriori ricorsi in Cassazione, peraltro già annunciati dalla difesa dei manager Solvay), a distanza di dieci anni dalla cosiddetta “emergenza cromo” la pagina giudiziaria iniziata con l’inchiesta avviata dalla procura di Alessandria dopo che nelle falde della Fraschetta venne alla luce la presenza di una ventina di sostanze nocive, tra cui il cromo esavalente.
La tesi accusatoria era volta a dimostrare come i dirigenti delle aziende fossero a conoscenza del reale stato di contaminazione ed abbiano taciuto la verità agli enti preposti al controllo. Non solo, non avrebbero fatto nulla o quasi per porvi fine.
Per contro la difesa, quella Solvay, in primis, ha sostenuto che il colosso della chimica in Europa, che rilevò il sito industriale nel 2004, non era a conoscenza del reale stato di inquinamento precedente – in parte risalente agli anni Cinquanta/Sessanta, quando a Spinetta veniva utilizzato il cromo – e che propose agli enti, una volta venuta a conoscenza degli inquinanti, una messa in sicurezza d’urgenza, negata in sede di conferenza dei servizi. “Solvay ha speso 29 milioni di euro e prevede di spenderne altri 28 da qui al 2029, cui si devono aggiungere gli oltre 7 milioni di euro spesi per la manutenzione delle reti idriche e l’eliminazione dell’alto piezometrico”, ha ricordato Giorgio Carimati, in una dichiarazione spontanea, prima che la corte di ritirasse per la sentenza.
Confermati i risarcimenti per le parti civili, tra cui il ministero dell’Ambiente e le associazioni ambientaliste Wwf, Legambiente, Medicina Democratica ed una cinquantina tra residenti a Spinetta ed ex dipendenti delle aziende.