La storia del cantautore Fabio Miloscio
"Nella nostra zona ci sono tanti artisti, tante personalità con potenziale ma purtroppo sono nati nell'area sbagliata, depressa. Qui non ci sono sbocchi... se fai roba tua, tra laltro, sei proprio tagliato fuori". Così inizia a raccontare Fabio Miloscio in arte "Milo", cantautore di Pozzolo Formigaro
"Nella nostra zona ci sono tanti artisti, tante personalità con potenziale ma purtroppo sono nati nell'area sbagliata, depressa. Qui non ci sono sbocchi... se fai roba tua, tra l?altro, sei proprio tagliato fuori". Così inizia a raccontare Fabio Miloscio in arte "Milo", cantautore di Pozzolo Formigaro
La passione per la musica quando è scattata? «Non c’è un momento preciso in cui nasce la passione per la musica ma sei tu che nasci con la passione per essa…dicono che quando sei nella pancia ascolti già i suoni, i rumori. La musica è dentro di noi già da piccoli».
Quando hai iniziato ad approcciarti al mondo musicale? «Intorno ai 16 anni ho fatto parte della mia prima band. Eravamo fra amici, non sapevamo suonare, ognuno ha deciso che strumento sperimentare ed abbiamo imparato insieme. Io ho iniziato come cantante… mi è sempre piaciuto scrivere. Col tempo poi ho imparato a suonare la chitarra».
Che genere di musica suonavate? «Facevamo pezzi nostri, sullo stile del rock melodico italiano che, tra l’altro, è stato il genere che mi ha accompagnato per tanti anni e mi ha portato a far parte, dal 2011, della tribute band a Rino Gaetano “Operai fratelli Gaetano”».
Com’è stata questa esperienza? «Questa è stata l’unica cover band che mi ha dato una grande soddisfazione. È durata circa quattro anni, mi sono trovato a mio agio perché sentivo mio il progetto musicale di Rino Gaetano. Insieme ai miei compagni di avventura ho girato le regioni dell’Italia del nord e del centro come Piemonte, Liguria, Emilia Romagna, Lombardia. Avere avuto la possibilità di esibirci in diverse città italiane è stato molto utile perché ci ha permesso di confrontarci con realtà differenti, persone nuove… è stato mezzo di crescita».
Finita l’avventura con il tributo cos’è successo? «Ho deciso di fare solo canzoni mie con chitarra e voce, mi sono buttato nel mondo cantautoriale autentico…purtroppo oggi di cantautori ce ne sono tanti, omologati, parlano sempre delle stesse cose. A fine 2017, poi, ho trovato quattro compagni di viaggio con i quali sto arrangiando i pezzi da me scritti con diversi strumenti. Adesso scrivo e mi occupo del primo arrangiamento. Se c’è l’ispirazione scatta la molla, scrivo di getto e compongo un pezzo».
Di cosa parla la prima canzone che hai scritto? «Avevo circa 17 anni, stavo guardando il telegiornale e la conduttrice raccontava la tragica storia di una bambina che era rimasta con la sua bicicletta incastrata sulle rotaie e il treno l’ha travolta. Questa storia mi ha colpito e toccato nel profondo… nel mio primo pezzo raccontavo questa storia e mi chiedevo dove questa bimba stesse andando, cosa avrebbe fatto da grande se il destino non fosse stato crudele. In generale i miei testi parlano di esperienze di vita ma anche di tutto ciò che succede nella nostra società, di temi dei quali, purtroppo, si parla troppo poco perché vengono censurati. La mia ultima canzone si intitola “La felicitò di un’ora” e parla del rapporto con un prostituta. Ora ne sto scrivendo un’altra… “Se Lui vuole allora vale”. Tratta della storia di un uomo di chiesa che ha una storia d’amore con un minore raggirato e convito di essere innamorato a sua volta. Il “Lui” è chiaramente un riferimento religioso…della serie, se te lo permette il tuo capo…allora vale. Sono temi attuali ma scomodi, censurati… quindi è ancora più difficile riuscire a farsi ascoltare… quale radio passerebbe una canzone del genere?».
Se è difficile in generale dunque figuriamoci in piccoli e medi centri come Novi…cosa ne pensi della situazione musicale attuale? «Come ho già accennato all’inizio la nostra, come tante altre, è, purtroppo, un’area depressa dal punto di vista musicale. Il problema, però, è profondo, culturale. Prima di tutto pensiamo ai locali che sono oberati da tasse come quella della Siae. È chiaro che per un bar o locale di provincia convenga molto di più mettere dischi piuttosto che pagare una band che suoni live. Seconda cosa ormai non c’è più tanto la cultura di ascoltare suonare dal vivo. La cultura la fanno anche i media ma ormai veniamo bombardati dai social network, dai reality…la maggior parte della gente si è impigrita, non ha voglia di informarsi da sola e questo ha poi ricadute anche sulla sfera di cui stiamo parlando. Dunque, tornando ai tanti criticati commercianti, è comprensibile che preferiscano puntare su un altro tipo di intrattenimento che costa di meno e rende di più. Io sono sempre stato abbastanza critico nei loro confronti però dobbiamo metterci nei loro panni».
Avete in programma appuntamenti? «Per ora no, siamo ancora in fase di work in progress… dobbiamo sviluppare appieno il progetto ma sicuramente potrete seguire tutti gli aggiornamenti sulla mia pagina @fabiomilosciomusic!»