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    Andrea
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    31 Dicembre 2018
    ore
    00:00 Logo Newsguard

    Andrea Vasone: “Recitare per gli altri e per scoprire se stessi”

    Protagonista della nuova pubblicità Sky Q è il novese Andrea Vasone, quarantenne che da quando ne aveva 15 studia e lavora per realizzare il suo sogno di attore. Oggi Andrea vive a Roma, ma coglie spesso l’occasione per tornare nella sua terra di origine

    Protagonista della nuova pubblicità Sky Q è il novese Andrea Vasone, quarantenne che da quando ne aveva 15 studia e lavora per realizzare il suo sogno di attore. Oggi Andrea vive a Roma, ma coglie spesso l?occasione per tornare nella sua terra di origine

    SPETTACOLO – In questi giorni è protagonista della nuova pubblicità Sky Q. Parliamo del novese Andrea Vasone, quarantenne che da quando ne aveva 15 studia e lavora per realizzare il suo sogno di attore. Oggi Andrea vive a Roma, ma coglie spesso l’occasione per tornare nella sua terra di origine.

    Andrea, come è iniziata la tua carriera?
    «Ho iniziato frequentando corsi di recitazione con Francesco Parise, prima a Novi, poi ad Alessandria. È stata un’esperienza che mi ha divertito molto, che mi ha aiutato a capirmi e il primo passo per sbloccare la timidezza. In seguito ho lavorato con Mario Chiappuzzo. Con lui e con la compagnia I Fratelli Melquiades ho fatto una tournée in Francia, uno spettacolo di teatro di narrazione, con il quale abbiamo vinto un Festival a Saint Louis. A Novi sono molto legato anche a Enrico Corte e al gruppo La Bisarca, i miei amici di sempre con i quali ho recitato in “Aggiungi un posto a tavola”».

    Quando hai lasciato la strada amatoriale per quella professionale?
    «Mentre studiavo recitazione mi sono laureato in Scienze Motorie e lavoravo nelle palestre del novese. Anche questo, però, non era un lavoro stabile, per cui a un certo punto, precario per precario, ho scelto la strada che mi piaceva di più, ossia la recitazione. Il mio primo spettacolo da professionista è stato al teatro Libero di Palermo: “L’ispettore generale” di Gogol».

    Il trasferimento a Roma?
    «Mi sono trasferito nel 2011 e lì ho iniziato piano piano il mio percorso. Non avevo mai fatto cinema, se non qualche cortometraggio con Alex del Nevo (“Then it’s light”) e Daniele Lince (“The mourners – Il metodo Marcy”). Una volta a Roma incominciai a capire la differenza tra teatro e cinema, grazie soprattutto alle comparsate. Quando inizi a fare l’attore di cinema, però, non puoi più fare la comparsa e viceversa, è difficile “solcare il fosso”».

    È stato difficile farsi conoscere? C’è il rischio di trovare agenzie poco serie?
    «Quando sono arrivato a Roma ho mandato curriculum a tutte le agenzie che conoscevo, non mi ha risposto nessuna. Nel frattempo sono entrato nel cast di uno spettacolo gay, dove recitavamo completamente nudi. Non è stato facile, ma è sicuramente più facile farlo in un contesto dove non ti conosce nessuno, diventa quasi una sfida. A Novi Ligure non lo avrei mai fatto. In quell’occasione un collega mi ha segnalato la sua agenzia, che non conoscevo, e vi sono entrato a far parte. A me è andata bene, ma è vero, c’è il rischio di trovare agenzie che ti chiedono cifre esose senza senso. Bisogna stare attenti, anche se ormai la voce gira talmente tanto che è difficile cadere nelle mani sbagliate.

    E il cinema?
    «L’unico film che ho fatto come protagonista me lo sono fatto io, con due registi del mio paese, Enrico Falcone e Piero Persello: “The plastic cardboard sonata”. Con questo film ho vinto il premio come miglior attore protagonista emergente al Bif&st 2016, il festival del cinema di Bari. A dire la verità, nel cinema ancora più che nel teatro, i premi sono condivisi da tutta la troupe: l’attore è l’espressione artistica finale di un lavoro di gruppo molto ampio. Sono stato molto lusingato per questo premio, non me l’aspettavo ».

    C’è un tipo di ruolo che preferisci?
    «Mi piace molto interpretare ruoli dove entro in personaggi diversi da me, dove studiare di più. Poi in realtà i ruoli vanno molto a momenti della vita. Mi piacerebbe giocare di più sul mio lato comico, è difficile far ridere e magari scoprirei qualcosa di me».

    Dicevi prima che teatro e cinema sono diversi, in che senso?

    «Sono meravigliosamente belli entrambi. In entrambi, in modi diversi, si cerca la naturalezza, ma sono due modi di recitare differenti. Per tanti motivi, primo fra tutti l’uso della voce, l’emozione. Al cinema non puoi assolutamente permetterti di essere emozionato. L’agitazione a teatro può essere trasformata in energia positiva, essere vinta sul palco. Invece davanti alla telecamera la si nota subito, anche solo negli occhi, si capisce che non sei in quello che stai facendo e la scena non funziona. Il cinema è immersione totale».
    C’è qualcosa che vorresti dire a un giovane che voglia intraprendere questo mestiere?
    «Recitare secondo me è una forma d’arte in cui la tecnica è meno evidente rispetto alle altre, quindi c’è molta concorrenza. Se è il mestiere che si vuole realmente fare consiglio di non pensare assolutamente alla competizione e all’invidia, ma alla propria strada. Non ci si può permettere di fare un provino e scordarsi la parte, bisogna essere perfetti. È un mondo in cui per forza di cose si è costantemente giudicati, ma occorre osservare tanto senza giudicare, non essere competitivi, pensare al proprio lavoro e basta».

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