Un magnifico football
L’Italia è un paese di santi, poeti, navigatori e tifosi di calcio e negli ultimi tempi quest’ultima occupazione sembra aver avuto il sopravvento, per la preoccupazione dei salotti buoni. Ma adesso anche i più critici del fanatismo italico per il football hanno motivi di gioire e di riappacificarsi con il passatempo nazionale. Lo si deve all’entusiasmo che sta suscitando la FIFA Women’s World Cup, che dopo tre giorni di gare ha conquistato audience, post e titoli. Lo si deve all’esordio trionfante della nostra nazionale, che mette a disposizione un carro delle vincitrici su cui salire, rispettando un’altra delle tradizioni nostrane: entusiasmarsi solo se conviene un po’, salvo disimpegnarsi immediatamente se le cose cominciassero ad andare male.
Questo non deve togliere niente alla squadra allenata da Milena Bertolini che, in quel di Valenciennes, Francia del profondo nord quasi fiamminga, ha regolato per 2 a 1 le favoritissime australiane, con un calcio di cui è opportuno parlare, lasciando da parte tutto la moda e l’antropologia da quattro soldi. Di calcio si tratta, e di ottimo calcio.
Il football femminile non è uguale a quello maschile, esattamente come il volley femminile e maschile sono diversissimi, pur essendo lo stesso sport: ma è una questione di interpretazione e di stile, non di maggiore o minore qualità. Le squadre sono più lunghe e spesso si gioca una contro una, restituendo un’interpretazione del gioco depurata dall’esasperato tatticismo a cui ormai siamo abituati. L’armonia delle individualità conta più dei moduli e delle teorie, e le giocate delle singole deflagrano nel ritmo monotono di questo sport, che vive della meraviglia per l’imprevisto. Del gesto. Così la doppietta della scaltra e tecnica Barbara Bonansea è rimasta impressa negli occhi dei profani; mentre i cultori hanno potuto godere delle verticalizzazioni con cui le centrocampiste, in particolare Manuela Giugliano, hanno smontato le certezze delle prestanti Matildas.
Lo splendore di queste traiettorie rende sterile il dibattito sulla necessità di ridurre le misure di campo e porte e i tempi di gioco per avere un calcio più a misura di donna. L’idea dell’occupazione permanente e simultanea di ogni spazio è in realtà uno dei tanti prodotti tossici degli attuali canoni estetici del calcio maschile, dove anche Pelè e Cruijff apparirebbero come dei bradipi spompati.
Tutti gli altri discorsi sono accessori e stravaganze, indici della reale considerazione verso un movimento sportivo di dimensioni impressionati (16 milioni di praticanti in tutto il pianeta), ma ancora circondato da pregiudizi e un’abissale ignoranza. Non basta che alcuni dei club più importanti del nostro campionato stiano investendo nel calcio femminile; che Juventus Milan e Fiorentina diano il massimo contributo alla rosa della nazionale e che questa, allenata da una donna, sia riuscita dove i maschi hanno miseramente fallito, ovvero partecipare ai Mondiali. Nei mesi scorsi, a fare notizia sono state le battute da strapaese dei Collovati e Costacurta più che le giocate strepitose di Sara Gama e Laura Giuliani.
Eppure questo mondiale è davvero uno spartiacque: mai vi è stata così tanta attesa e così tanta attenzione per il football giocato dalle donne ed è per questo che merita di essere seguito, vissuto, raccontato. Le interpreti, lo abbiamo visto, sono delle magnifiche calciatrici.
Allons, filles!