Geografie mondiali
Chissà se un giorno qualcuno scriverà un racconto intitolato ‘Ritorno a Valenciennes’? Se qualcuno lo farà, le protagoniste saranno le calciatrici della nostra nazionale femminile, che nella città francese dell’estremo nord si sono conquistate gli ottavi di finale del Campionato del Mondo e lì ritornano, oggi, dopo essere andate, aver visto e aver vinto a Montpellier.
I grandi tornei di football sono, per le squadre che avanzano nel tabellone, un’impresa nomade. Si fissa un luogo del ritiro, ma si deve avere la valigia sempre pronta: il Paese ospitante si può attraversare anche da una parte all’altra, portandosi dietro la propria divisa, le lezioni tattiche impartite dall’allenatore, le proprie ambizioni. Eppure la geografia rimane, per gli sportivi, un sottofondo. Tranne che alle Olimpiadi, dove la città che ospita viene letteralmente abitata dagli atleti, la vita di quest’ultimi è fatta di paesaggi ripetitivi: le piste, le piscine, gli stadi. Architetture che cambiano solo per poche sfumature, proprio come i palcoscenici per gli attori. Il prestigio è nei nomi, carichi di passato: se dici Wembley, è come dire La Scala, e se ti sei esibito davanti a quelle platee fai parte della storia. Ma è una cosa che viene dopo. Quando entri in campo per ascoltare gli inni nazionali e giocarti una delle partite più importanti della tua carriera, quello che hai sotto i tacchetti è sempre un rettangolo di erba verde, con le righe disegnate col gesso e le porte, quella che devi difendere e quella in cui devi segnare, che si guardano da lontano. Lo sport è fatto di luoghi neutri, sino a quando non diventano teatro di un’impresa.
Ed impresa è stata quella delle ragazze guidate da Milena Bertolini che, battendo la Cina 2 a 0 con i gol di Giacinti e Galli, hanno eguagliato il miglior risultato di sempre del nostro football femminile e, contro l’Olanda, si giocheranno le semifinali e quella qualificazione olimpica sfuggita agli uomini nel Campionato Europeo under 21, che doveva celebrare la nostra meglio gioventù e invece abbiamo ospitato invano. Le coincidenze delle narrazioni hanno voluto che i Chiesa, gli Zaniolo e i Barella consumassero la loro piccola catastrofe nello stadio Città del Tricolore di Reggio Emilia: la città della nostra CT, che il primo tricolore d’Italia lo indossa, orgogliosamente, alla fine delle partite.
C’è da scommettere che Milena Bertolini diventerà un personaggio conteso dai rotocalchi e dai talk show e, probabilmente, anche da una politica incapace di ricordarsi che un uomo o una donna di sport trasmettono valori e insegnamenti dentro lo sport e non fuori. Milena Bertolini e la sua nazionale esprimono un messaggio nei loro tiri, nei loro passaggi, nelle loro parate, nei loro disimpegni difensivi; nel loro essere persone che sanno far bene una cosa e la vogliono fare sempre meglio, consce delle proprie possibilità, dei propri limiti e dei propri sogni: vincere un Mondiale, andare alle Olimpiadi. E’ con i loro gesti sportivi che queste ragazze si stanno conquistando un pubblico e non meritano di essere strumentalizzate.
Abbiamo pensato a questo, ieri sera, passeggiando per il quartiere Antigone di Montpellier, con i suoi spazi immensi e i suoi edifici neoclassici progettati dal catalano Ricardo Bofill. Un quartiere monumentale e deserto, dove ogni piccolo rumore fa eco facendoti capire che per dare senso a un luogo ci vogliono le donne e gli uomini. Magari che giocano, magari che fanno gol.
Allez, filles!