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    Lou
    Generic, Home, Spettacoli
    Barbara Rossi  
    10 Novembre 2019
    ore
    08:50 Logo Newsguard
    Recensione

    Lou Von Salomé: la filosofa dimenticata

    L’anticonformista filosofa, psicoanalista e scrittrice vissuta tra Ottocento e Novecento rivive sullo schermo nel biopic della regista tedesca Cordula Kablitz-Post, al suo primo lungometraggio

    CINEMA – Lou Von Salomé, l’anticonformista filosofa, psicoanalista e scrittrice vissuta tra Ottocento e Novecento (era nata a San Pietroburgo il 12 febbraio 1861, morì a Gottinga nel 1937, agli albori della violenza antisemita), “musa” di letterati e pensatori illustri come Rainer Maria Rilke e Friedrich Nietzsche, oltre che allieva di Sigmund Freud, viene fatta rivivere sullo schermo nel biopic della regista tedesca Cordula Kablitz-Post, al suo primo lungometraggio.

    Il film, girato nel 2016, viene distribuito in Italia soltanto due anni più tardi, ed è stato molto travagliato anche sotto il profilo produttivo, come racconta la stessa Kablitz-Post, affermata documentarista e autrice di cortometraggi (per quest’ultima pellicola ha vinto, nel 2016, il Young Investigator Award al Festival di Emden-Norderney; nel 2018 il premio per il Miglior Film al Socially Relevant Film Festival di New York): «Prima di tutto, non avevo pensato di lavorare sul film per così tanto tempo. Se qualcuno mi avesse detto prima che avrei impiegato così tanto tempo per realizzarlo, non gli avrei mai creduto; è stato davvero un lavoro difficile. La parte più difficile è stata il finanziamento. Le emittenti della tv tedesca non hanno investito sul film, hanno detto che Lou non è abbastanza conosciuta per investire del denaro su di lei. Alla fine l’ho realizzato come coproduzione austro-tedesca e gli austriaci sono stati fantastici. Questa è la ragione per cui c’è voluto tanto tempo, perché il problema è stato il denaro. Mi ha cambiato nella misura in cui stava diventando davvero un’ossessione. […] Ci sono stati molti problemi in mezzo, ma non ho mai avuto la sensazione di fermare la produzione. Inoltre, se qualcuno diceva che non gli era piaciuta la sceneggiatura e c’era un rifiuto da parte di un altro ente di finanziamento, semplicemente passavo a un altro, non sono mai stata così testarda. Forse l’energia di Lou mi ha sopraffatta, non lo so».

    Nei lunghissimi otto anni di lavorazione, la regista compie ricerche sulla figura della Von Salomé, esercita il suo occhio di documentarista (che trapassa con forza ed evidenza nello stile attraverso il quale ne vengono restituite le travagliate vicende, sempre pacato e rispettoso di quell’immagine di sé che la filosofa russa ha contribuito a diffondere, sino a rasentare la convenzionalità), decide di scritturare attori e attrici teatrali, nella totale assenza di reperti diretti, di filmati o registrazioni audio originali.

    Alla fine realizza un’opera tematicamente e figurativamente perfetta, ma un po’ algida, illuminata e, nello stesso tempo, rinchiusa negli angusti confini della ricostruzione storica che riesce solo in parte a gettare oltre lo sguardo.

    Seguiamo, così, l’esistenza di Lou fin dagli esordi: l’infanzia nell’imponente magione sede dello Stato Maggiore generale, dirimpetto al Palazzo d’Inverno, il padre, generale, che la incoraggia – unica femmina di sei figli – a seguire liberamente le proprie inclinazioni, la madre, invece, figura autoritaria e castrante, che la reprime.

    Già conoscitrice del francese e del tedesco a partire dall’adolescenza, la Salomé ((interpretata dai 21 ai 50 anni dalla brava attrice teatrale Katharina Lorenz) riceve una formazione filosofica, letteraria e teologica che stimola la sua già brillante mente e si trasforma ben presto in una studentessa curiosa di ogni genere di sapere, che compone poesie e frequenta i circoli intellettuali dell’epoca.

    Durante un soggiorno romano, fa la conoscenza dei filosofi Paul Rée (Philipp Hauß) e Friedrich Nietzsche (Alexander Scheer), con i quali instaura un curioso sodalizio di natura intellettuale, privo – per sua scelta – di sfumature erotiche, nonostante la proposta di matrimonio che riceve da entrambi (deciderà di sperimentare questo tipo d’amore solo nella piena maturità).

    L’incontro con l’allora ventiduenne poeta esordiente Rainer Maria Rilke (Julius Feldmeier) conduce Lou a rivoluzionare la propria vita, diventandone non solo l’amante ma anche l’ispiratrice, musa e consigliera. Seguono varie fasi di un percorso di studio e di vita denso e sovraccarico di incontri, eventi, peregrinazioni, opere: cinquantenne, Lou Von Salomé conosce Sigmund Freud (Harald Schrott), diventandone una delle allieve predilette e scoprendo, per suo mezzo, le teorie psicoanalitiche, che arriverà, con il tempo, a influenzare.

    Nell’ultima parte del film una Lou (Nicole Heesters) ormai avanti con gli anni (siamo nel 1933), che conduce una vita domestica e ritirata nella sua dimora di Gottinga, narra le tappe salienti della sua parabola professionale e umana al giovane e introverso germanista Ernst Pfeiffer (Matthias Lier).

    È senza dubbio un limite che la regista Kablitz-Post abbia indugiato più che altro sul ritratto pubblico e già noto di una pensatrice già abbastanza penalizzata dal tempo e dalla perdita di memoria collettiva (tutt’altra cosa è Al di là del bene e del male, di Liliana Cavani, 1977: imparagonabile a quest’ultima opera anche per quanto riguarda l’interpretazione che Dominique Sanda fornì della Von Salomé); risulta, tuttavia, lodevole l’intento didattico, la volontà di contribuire a una rinnovata conoscenza della sua personalità.

    «Mi sono imbattuta nella sua biografia quando avevo 17 anni», conclude l’autrice di Lou Von Salomé. «Ero curiosa di leggere la storia di una donna che era davvero eccezionale al suo tempo. Viveva contrariamente alle regole della sua società; non si preoccupava del fatto che non le fosse permesso di studiare. Tuttavia, faceva quello che voleva e penso che fosse davvero insolito al suo tempo. Era ostinata e restava sui suoi passi. Penso che sia strano per le donne vivere in questo modo. È più normale per un uomo. Essendo una giovane donna, stavo cercando un modello e ho trovato molta ispirazione in lei. Ho iniziato con le ricerche otto anni fa, e sono rimasta molto sorpresa quando ho realizzato che non c’era alcun film sulla sua vita. Sono felice del fatto che, attraverso questo film, Lou non sarà dimenticata. È una figura così importante nella storia perché è stata una scrittrice brillante. Ha scritto molti romanzi e lavori sulla psicanalisi, e molti di essi non sono stati ancora pubblicati. Attraverso questo film, vedo che molte persone stanno iniziando a leggere i suoi lavori e a entrare in contatto con lei».

    Lou Andreas-Salomé. The Audacity to be Free
    Regia: Cordula Kablitz-Post
    Origine: Germania/Austria, 2016, 103’ 

    Interpreti: Katharina Lorenz, Nicole Heesters, Liv Lisa Fries, Alexander Scheer, Philipp Hauß, Julius Feldmeier, Matthias Lier, Merab Ninidze, Harald Schrott

    Sceneggiatura: Cordula Kablitz-Post, Susanne Hertel
    Fotografia: Matthias Schellenberg
    Musiche: Judit Varga
    Montaggio: Beatrice Babin
    Scenografia: Nikolai Ritter
    Costumi: Bettina Helmi
    Effetti: Juri Stannosek, Mackevision
    Suono: Joe Knauer
    Produzione: Cordula Kablitz-Post, Helge Sasse, Gabriele Kranzelbinder per Wild Bunch Germany, in Coproduzione con Avant Media Fiction, Tempest Film, Kgp Kranzelbilder Gabriele Production, Arri Media
    Distribuzione: Wanted Cinema e Valmyn

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