OVADA – Presentarsi nella Milano ‘da bere’, l’unica città italiana veramente europea è stato un passaggio obbligato per l’Ovada docg per pensare e diventare grande. Un rosso eclettico, che può essere ‘pronto’ da essere bevuto giovane, ma che presenta peculiarità per essere apprezzato dagli intenditori di vini più corposi. Un primo passaggio di fronte ad una platea più ampia è stato obbligato. Il 10 febbraio una trentina di produttori affiliati al Consorzio di Tutela – l’Ovada si produce in soli 22 Comuni – si sono infatti presentati al grande pubblico e in una serie di masterclass di degustazione, primo step per un’azione incisiva anche sotto il profilo del marketing. Di fronte ad esperti del’enologia e ad appassionati intenditori, il vino piemontese è stato il protagonista di una giornata che potrebbe essere definita storica, proprio perché da lì si vuole partire per un grande rilancio, forti dell’unicità di un prodotto che nasce su marna calcarea in decisa pendenza, ambiente che conferisce caratteristiche uniche ai vitigni.
Tra i vini che i sommelier Ais hanno decantato (nei momenti di didattica sull’invecchiamento sono state aperte bottiglie del 1994, 2007 e 2011) spicca un Ovada del 2003 di Ghio Vini, storica cantina di Bosio fondata nel 1881: “Quello che una volta era il Dolcetto Superiore si presta molto bene come vino da invecchiamento”, conferma Simone Chiesa, “L’Ovada docg ha un ampio spazio di crescita e si può tranquillamente inserire in quella categoria che fino ad oggi è occupata dai vini piemontesi”.
Insomma, anche l’Ovada docg merita un suo posto nei grandi vini rossi della regione, senza voler copiare nessuno, “Rimanendo fedeli alle nostre filosofie di lavorazione delle uve e alle caratteristiche di questo stupendo territorio”. Milano ha dimostrato di aver apprezzato. Il 2019 è stato l’anno del Dolcetto: questa potrebbe essere la stagione della riconferma.