Volontaria positiva: non può lavorare ma nemmeno stare in mutua
Dopo il test sierologico costretta a prendere ferie: tra tamponi e burocrazia rischia di bruciarsele tutte
VOLTAGGIO — Risulta positiva alle analisi sierologiche sul coronavirus, finisce in quarantena ma non ha diritto all’indennità di malattia, perché l’unico test accettato è quello del tampone. Succede a una donna di Voltaggio, che è stata costretta a prendere due settimane di ferie dal lavoro. La vicenda è stata resa nota dal sindaco Giuseppe Benasso.
Nelle scorse settimane a Voltaggio è partito uno screening epidemiologico sulla popolazione, a base volontaria. «Dall’esame una delle volontarie della locale Croce Rossa, pur asintomatica, è risultata positiva ai valori IgM e IgG – dice il sindaco – Ha avvertito immediatamente il medico, che l’ha invitata a stare in casa per 14 giorni e che a sua volta ha avvisato l’Asl».
Dopodomani, la donna avrebbe dovuto riprendere a lavorare nel negozio di cui è dipendente. «Adesso, si trova in una situazione estremamente difficoltosa, perché non solo non potrà tornare a lavorare, ma non potrà entrare in mutua, visto che i risultati del test sierologico non bastano per fruirne – spiega Benasso – In più, dal 1° giugno la cassa integrazione per Covid-19 non varrà più (la liquidazione della cassa integrazione, peraltro, è prevista soltanto in luglio), per cui la donna, per poter percepire lo stipendio, dovrà prendersi ferie». Ma quanti giorni? Tra tamponi e burocrazia, la donna rischia infatti di bruciarsi tutte le ferie.
«La prima reazione di chi risulti positivo ai test è, umanamente, quella di pentirsi, perché ciò costringe alla permanenza in casa per due settimane – dice il sindaco – Alla nostra volontaria, come a tutti coloro che si sono sottoposti ai test, va il riconoscimento di un atto civicamente edificante, che riduce la diffusione del virus».
Intanto i locali in cui la donna è passata sono stati sanificati, come disposto da Carlo Massa, il medico referente nominato dall’amministrazione comunale.