Tonnellate di Pfas nel Tortonese: è il deposito di cC6O4 di Solvay
Controlli di Provincia e Arpa, che hanno inviato un?informativa alle autorità competenti. Ma il quantitativo non si sa...
SPINETTA MARENGO – Dalla sperimentazione del cC6O4, alla richiesta di modifica “non sostanziale” affrontata in più sedute dalla Conferenza dei Servizi, allo stoccaggio di una parte del Pfas in un’area del Tortonese.
Nell’oltre milione di metri quadrati dello stabilimento di Spinetta, la Solvay non ha ancora locali idonei per conservare il Pfas di nuova generazione. Così, parte della sostanza che produce viene stoccata in un magazzino esterno: a Torre Garofoli, i capannoni della ditta Arcese Trasporti ospitano, appunto, serbatoi con cC6O4.
Dal punto di vista logistico e di sicurezza, nessun problema. Quei capannoni, per la loro natura dovrebbero essere utilizzati come stoccaggio temporaneo di merce in attesa di essere spedita altrove.
Perché Solvay si affida ad Arcese per la custodia del cC6O4? Quanto di quel Pfas c’è nei fusti? Da quanto tempo staziona a Torre Garofoli?
La scoperta casuale
Ad alcune domande risponde l’ingegner Claudio Coffano, responsabile per la Provincia del settore Ambiente.
«Durante il sopralluogo abbiamo visto tutto il ciclo produttivo. Arrivati ai tank (serbatoi) ho chiesto se li trasferissero alla produzione. Ci hanno risposto “li mandiamo a Tortona e poi tornano”. Al di là delle verifiche con Arpa e i Vigili del Fuoco per verificare il materiale sul posto, abbiamo chiesto che la ditta si doti di un magazzino interno al sito. E non faccia più questo utilizzo dentro un deposito esterno, perché riteniamo che la materia prima, anche se si tratta di un prodotto intermedio, non debba uscire dallo stabilimento. Mai. Ancorché non ci sia alcun divieto, è anche una questione di riduzione di un potenziale rischio dovuto comunque al trasporto. Se si può evitare è meglio».
L’ingegner Coffano non può rispondere alla domanda relativa al quantitativo: «Sta seguendo l’Arpa nei suoi sopralluoghi».
Perché quei trasferimenti? «Il motivo sostanziale che ci ha spiegato Solvay – continua Coffano – è che il prodotto deve stare in un magazzino dove la temperatura sia controllata. Il deposito di Arcese ha questo sistema di area separa, a temperatura costante. Ci hanno detto che stanno già iniziando ad attrezzare uno dei capannoni interni, a Spinetta, in un’area che possa avere le stesse caratteristiche».
La realizzazione di un deposito interno per evitare trasferimenti, sarà oggetto delle prescrizioni che rientrano nel dossier dell’autorizzazione dell’ampliamento dell’uso del cC6O4. Autorizzazione che ha il via della Conferenza dei Servizi, ma non è ancora stata formalizzata dalla Provincia.
«Stiamo ancora effettuando dei sopralluoghi – conclude Coffano – Loro avevano presentato un piano di interventi contro le potenziali perdite, stiamo ancora facendo i controlli per verificare lo stato d’avanzamento delle operazioni».
Il cC6O4 di Solvay serve alla stessa azienda per confezionare i propri prodotti, non può essere venduto.
L’esistenza di un deposito extra aziendale di materiale riconducibile a Solvay è emersa durante la Conferenza dei servizi dello scorso giugno.
L’Arpa, interpellata, non commenta limitandosi a spiegare come, dopo i sopralluoghi in azienda e nel deposito, sia stata inviata un’informativa a tutti gli Enti e autorità competenti in merito all’attività svolta.
«Disponibili ad altre modalità»
L’azienda interviene con una dichiarazione: «L’attuale sistema con il quale avviene lo stoccaggio dell’additivo C6O4 è assolutamente idoneo, in sicurezza e in conformità alle norme in materia. Come già dichiarato agli Enti, Solvay è disponibile a considerare altre modalità che siano all’interno dello stabilimento».