Ex Ilva, lo Stato entra in società. Ma la firma slitta al 10 dicembre
Intesa tra Governo e Arcelor Mittal: l'agenzia nazionale Invitalia acquisirà il 50 per cento del gruppo
ROMA — L’accordo di massima c’è, ma la firma arriverà solo il 10 dicembre: l’intesa tra Arcelor Mittal e il Governo per l’ingresso dello Stato nel capitale dell’ex Ilva prevede che l’agenzia pubblica Invitalia acquisisca il 50 per cento della società siderurgica, per poi salire al 60 per cento nel giugno 2022. «Non è un progetto finanziario, ma un progetto industriale strategico», ha spiegato l’amministratore delegato di Invitalia Domenico Arcuri.
Per la segretaria generale della Fiom Cgil Francesca Re David, è «positivo che lo Stato entri negli asset strategici dell’industria di questo Paese, a partire dalla siderurgia». Ma lo Stato non deve «limitarsi a un intervento di natura finanziaria», deve anche «assumere nella nuova società una funzione di indirizzo strategico».
Re David però evidenzia che «la trattativa sta andando avanti esclusivamente tra governo e Arcelor Mittal» e che le informazioni in possesso dei sindacati «sono insufficienti, in particolare quelle che riguardano gli aspetti legati al piano industriale, di cui sono state anticipate soltanto le linee generali».
A regime (nel 2025) è previsto un volume di produzione di otto milioni di tonnellate e l’utilizzo di 10.700 addetti. Ciò comporterebbe l’utilizzo della cassa integrazione per un massimo di 3 mila unità nel 2021, di 2.500 nel 2022, di 1.200 nel 2023, e zero nel 2024. «È evidente – dice la leader della Fiom – che questa ipotesi è lontana dall’accordo sindacale del 6 settembre 2018, e che i tempi della transizione per il completamento del piano industriale al 2025 sono difficilmente sostenibili sia per quanto riguarda il numero di lavoratori interessati sia per gli attuali livelli di copertura salariale previsto dagli ammortizzatori sociali».
Francesca Re David osserva, inoltre, che «tempi così lunghi di implementazione del piano industriale non sono compatibili con una condizione degli impianti e degli stabilimenti in cui cresce l’insicurezza dovuta alla mancanza di investimenti sulla manutenzione ordinaria e straordinaria».