Il Duomo di Valenza
Nuovo approfondimento di Pier Giorgio Maggiora
VALENZA – Oggi che la confusione culturale tra la Chiesa e la società è in continuo accrescimento, noi, nostalgici di un passato desueto, ricordiamo con questo scritto quanto sia stata importante ed estesa la vita del nostro grandioso Duomo.
Enrico II il Santo è incoronato imperatore a Roma il 14-2-1014, quindi si sposta per breve tempo dalle nostre parti prima di fare ritorno in Germania. Un suo esteso diploma, emesso nel maggio 1014 a Pavia, contiene la cessione delle chiese della pieve di Valenza alla Diocesi di Pavia. Al centro della pieve (circondario religioso facente capo ad una chiesa) sono riservate le funzioni liturgiche più importanti per la comunità nelle circoscrizioni ecclesiastiche minori.
Di rilievo storico è una pergamena del 1096 che fa riferimento al dono (o consegna), effettuato dal presbitero (prete, capo della singola comunità) Pietro figlio di Grosone (presbiterus Petrus) al Vescovo di Pavia (annotato “al successore di S.Siro”), di una cappella di pieve in Valenza il 2-6-1096. Non si tratta di una semplice chiesetta campestre ma di una chiesa urbana, probabilmente privata e costruita nel secolo VIII, già dedicata a Santa Maria, con l’annesso cimitero. Ciò sta ad indicare che lì si trova il primo sedime dell’edificio sacro che stiamo trattando e mostra che in quel tempo quella che oggi è piazza XXXI Martiri si presenta già incorporata nel nucleo urbano, poiché sopra questa cappella, presente nel XII secolo e ben presto ricostruita, si ergerà molto più avanti il nuovo Duomo della città. In questa fetta di Medioevo oscurantista e superstizioso, la comunità valenzana non appartiene ancora ad una “oppidum” o “civitas” ma ad una semplice “loco et feudo Valenza”. Val la pena ricordare che sono diverse le chiesette ramificate nel territorio, pieve-parrocchia dal XIII secolo.
Verso la fine del Duecento, restaurata, si trova attestata come chiesa principale della città (antico “Duomo” di Santa Maria Maggiore), di dimensioni più ridotte dell’attuale. Si tratta di una struttura in stile romanico con alcuni elementi più contigui al gotico. Ha un portico davanti alla facciata, l’interno è suddiviso in tre navate, il coro è posto davanti all’altare e il campanile è staccato rispetto alla Chiesa. Le entrate principali sono tre, corrispondenti alle tre navate, cui si aggiungono due laterali del presbiterio; i portali appaiono densamente decorati e il frontone ornato con statue.
La funzione sociale di questo luogo sacro è fondamentale per la comunità valenzana, come punto d’aggregazione oltre che di culto. Inoltre, come un organismo vivente si evolverà nel tempo senza con questo mutare mai d’identità; cambierà con riferimento alle esigenze liturgiche e alle congiunture storiche mantenendo in ogni caso la propria essenza sempre fedele a se stessa.
Nel 1321-22 il legato pontificio cardinale Bertrando del Poggetto (Papa Giovanni XXII è in Avignone) dimora in Valenza dove, nella nostra chiesa (composta all’epoca di 10 canonici), si processano in contumacia per eresia i Visconti di Milano. Lo scaltro e cinico cardinale eleva la chiesa, che ha ospitato il Tribunale inquisitorio, al titolo d’Insigne collegiata (tale privilegio spetta normalmente alle chiese cattedrali, per noi Duomo, e concede molti benefici).
Il 29-12-1342 (1343?) muore a Palermo il lodato valenzano Beato Gerardo Cagnoli, un laico francescano, celebre per santità e miracoli, una cui reliquia si conserva all’interno del nostro Duomo.
Declinati in modo costruttivo, nel 1396 sono definiti gli statuti capitolari dell’Insigne collegiata di Santa Maria Maggiore, confermati con poche variazioni il 23-1-1438. Un documento raro e importante al fine della conoscenza delle strutture ecclesiastiche con osservazioni che fotografano l’apparato generale dell’epoca.
Nel 1460 (Valenza ha 800 famiglie e circa quattro mila abitanti) il canonico Amicus de Fossulanis (Fossulano), vicario e delegato speciale del Vescovo di Pavia, porta a termine la prima visita pastorale nella parrocchia (sede vicariale) e nella chiesa collegiata di Santa Maria; celebra il “prepositum” (cerimonia divina) il prevosto Francesco Schiffi. Nel momento, si trovano anche i canonici Facino “de Haverio”, Simone Annibaldi, Giovanni Bicossi, Antonio da Alassio, Barnabò Stanchi, Filippino Stanchi e Francesco Stanchi. All’interno del Duomo si contano un altare maggiore e sei altari minori, ognuno con una sua rendita: San Massimo (20 fiorini), Sant’Antonio (20 fiorini), Santo Stefano (20 fiorini), Santa Maria (10 fiorini), San Giorgio (20 fiorini), San Giacomo (25 fiorini). Altra proprietà della Chiesa è la sacrestia la cui rendita è di 45 fiorini.
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Nelle molte guerre, con assedi della città, quest’edificio sacro è più volte depredato e danneggiato, le investiture dei feudatari o dei vincitori avvengono in questo luogo pubblico consacrato e onorifico. In realtà, tutte le glorificazioni si conducono in questo rilevante posto d’incontro della popolazione.
Agli inizi del XVI secolo sotto il portico è costruita una cappella dedicata a San Rocco. Dietro la chiesa si trova il campanile con l’orologio e le campane, che viene rifatto nel 1547 per cura di tre consoli in nome del Comune: Federico Aribaldi, Gerolamo Bellone e Nicolao Cagnoli. Al suo interno, oltre all’altare Maggiore (fulcro dell’intera chiesa), ci sono altri dodici altari: S. Massimo, S. Giuseppe, S. Bartolomeo, S. Bernardino, SS. Sacramento, S. Tommaso d’Aquino, S. Giacomo maggiore, SS. Trinità, S. Antonio da Padova, S. Stefano, S. Sebastiano, dell’Ascensione. Alle dipendenze del Duomo vi sono la canonica (in passato sorgeva dove ora si trova Palazzo Pellizzari), il cimitero e la prevostura.
Ci sono pochi soldi e molte chiacchiere, ma verso la fine del Cinquecento la struttura è talmente compromessa, con gravi problemi di vetustà, che il Comune e la città (con offerte e tasse) sono costretti, congiuntamente ad un certo disagio, a sostenere economicamente il rifacimento.
Quindi, agli inizi del XVII secolo, in modo quasi grandioso, viene decisa la costruzione del nuovo Duomo (l’odierno), conservando però il vecchio campanile. Il progetto, complesso e articolato, è affidato all’architetto (capomastro) Paolo Falcone di Lugano. Di rinvio in rinvio, il 20 ottobre 1619 il prevosto Bartolomeo Bocca posa finalmente la prima pietra del nuovo edificio sulle fondamenta del precedente Duomo (chiesa collegiata di canonici, d’origine in stile romanico poi ristrutturata in foggia gotica).
Il nuovo Duomo è costruito tra il 1619 ed il 1637 (un periodo d’assedi e avvicendamenti di dominazioni), scarno all’esterno, di sola terra cotta, in stile barocco, presenta all’interno, per buona parte, una semplice architettura romana in ordine dei pilastri dorici disposti a croce latina. Nel 1622 è aperto al pubblico e riappare come imponente sede di culto, anche se non ancora completamente ultimato.
Intanto si sta apparecchiando uno scenario da incubo: nel 1630 sopraggiunge una terribile pestilenza. Quella che, in poco tempo e in modo madornale, minaccia di cancellare l’intera popolazione valenzana portandola in meno di due anni da 4.500 a 2.000 abitanti. Con lazzaretti (un primo eretto fuori le mura, poi uno di là dal Po formato da alcune baracche e una chiesetta di legno) e seppellimenti in fosse comuni. Sono i religiosi locali a distinguersi e prodigarsi per alleviare le sofferenze e per l’assistenza nei lazzaretti. Tra questi è da ricordare il prevosto del duomo Bartolomeo Bocca, morto contagiato nel donarsi.
Nei secoli successivi il Duomo viene ampiamente rimaneggiato, cercando di afferrare il fugato e il vigente. Verso il 1760 è ultimato l’altare maggiore per opera di Giacomo Pellagatta. In questa vigorosa fabbrica di culto e assistenza, nel 1825, con il prevosto Francesco Marchese, parroco di Valenza, cooperano ben nove canonici, diversi seminaristi e maestri di scuola.
Fra il 1884 e il 1887, le decorazioni interne sono rifatte dal Boasso e dal Morgari, su quelle eseguite nel 1817 dal pittore Filippo Comerio. Sempre nella seconda metà del XIX secolo sono effettuati radicali lavori di pavimentazione. Le colonne dell’interno sono rivestite di marmo nel 1903 e il nuovo coro è completato nel 1909. E’ poi si eseguono nuovamente lavori di ristrutturazione e operazione di maquillage alla fine del XX secolo.
Oggi la struttura si estende ad occupare anche la parte posteriore della piazza con l’attuale presbiterio (luogo principale per l’azione cultuale del clero) e il coro, risultato dei restauri avvenuti nel tempo. Mostra una facciata, restaurata nel 1890 dal Moriggi, con pregevoli vetrate. Gli accessi principali sono ancora tre, corrispondenti alle tre navate, cui s’inseriscono le due laterali del presbiterio; i portali appaiono fittamente decorati e il frontone è tuttora ornato con le statue di valore.
All’interno è presente un’ingente serie d’opere rilevanti. Alcuni quadri attribuiti a Claudio Gozner (Gozzero), un pittore fiammingo attivo in Valenza dalla seconda metà del XVI secolo (i “Tre Re Magi”, Vergine e Santi); il pregiato quadro della Madonna del Rosario, dipinto nel 1620 da Guglielmo Caccia detto il Moncalvo (appellativo Moncalvino, pregevole pittore monferrino); le acquasantiere del ‘600; le notevoli bussole di legno scolpito del ‘700; il baldacchino primitivo del vecchio Duomo; il grandioso e originale organo a due tastiere, costruito dai fratelli Serassi di Bergamo nel 1852 (modificato nel 1896-97 da Cesare Bernasconi di Varese) e inserito in un’artistica cassa barocca del 1779; il tabernacolo barocco del 1750; il busto reliquiario di San Massimo in lamina d’argento e diversi altri resti sacri. Nella Sacrestia del Duomo è collocato il Museo. Di peculiare attenzione storica è il libro dei Battesimi, comprendente gli anni che vanno dal 1562 e quelli dei matrimoni e dei morti dal 1568.
Questi i prevosti-parroci del Duomo: Stanchi Bartolomeo 1378-1396, Lecatore Francesco 1428, Schiffi Francesco 1438-1464, Biscossa Filippo 1464-1494, Schiffi Sigismondo 1500, Benegazzi Raffaele 1526, Biraghi Pietro Antonio 1527-1531, Rossignoli Giov. Antonio 1534-1547, Piazza Guglielmo 1550-1561, Perego Paolo 1561-1565, Bocca Vincenzo 1566-1605, Bocca Bartolomeo 1605-1630, Cattaneo Marc’Antonio 1632-1684, Lana Giulio Stefano 1685-1713, Zucchelli Giov. Battista 1713-1740, Cardenas de Francesco 1740-1781, Zuccaro Giuseppe 1781-1798, Marchese Francesco 1798-1831, Pellati Giuseppe 1831-1850, Rossi Domenico 1850-1894, Pagella Giuseppe 1896-1925, Grassi Giovanni Battista 1926-1967, Frascarolo Luigi 1967-1993, Merlano Gianni Innocenzo 1993-2019, Bodrati Giuseppe 2019.
Indispensabile infine ricordare alcuni popolari e cari religiosi del Duomo scomparsi negli ultimi anni, illustri nella memoria collettiva per la loro dedizione e per il bene elargito ai valenzani.
Don Pietro Battegazzorre: ordinato sacerdote nel 1943, resta sino alla fine vice parroco del Duomo svolgendo la missione in mezzo ai giovani valenzani. Il suo nome è ancora legato al Campeggio valenzano di Perréres-Valtournenche, di fronte al Cervino, vicino al quale, a Plan Maison, il 17 agosto 1950, durante la traversata del Furggen con un gruppo di valenzani, il giovane sacerdote, tutto cuore, muore colpito da un fulmine (1919-1950). Don Ezio Vitale: il 7-4-1985, arriva una notizia che sconvolge i valenzani, in Kenia, per il crollo del tetto di una chiesa è morto chi più ha aiutato i bisognosi, Don Ezio. Ha affiancato Don Luigi in Duomo dal 1965. Corona il suo sogno di missionario nel 1972 recandosi in Uganda e nel 1974 in Kenia dove si spende in favore di quelle popolazioni, guadagnandosi l’appellativo di “Padre Leone” (1936-1985). Monsignor Luigi Frascarolo: subentra in Duomo al vice parroco don Pietro Battegazzorre. Nel 1967 succede al parroco monsignor Giovanni Grassi alla guida della Parrocchia (una tra le più antiche della Diocesi). Si dedica con enfasi e perizia ai restauri del Duomo e alla valorizzazione degli argenti, rimoderna l’oratorio, riedifica il campeggio Don Pietro dopo l’incendio e crea la Colonia estiva di Valenza. Acuto, saggio e penetrante, ha saputo cogliere gli umori e lo spessore dei suoi interlocutori (1921- 1993).