La Democrazia Cristiana a Valenza (I parte)
Nuovo approfondimento storico del professor Maggiora
VALENZA – L’era dei partiti democristiani sembra sia ormai chiusa per sempre, con derive etiche enigmatiche per i credenti: ormai non c’è più tradizione né vicende di partito. La storia locale invece ci ricorda quanto sia stato rilevante dal secondo dopoguerra il contributo del partito cattolico per questa città.
Mentre in Italia si è appena formata la Democrazia Cristiana, il primo gruppo organizzato di sostenitori s’incontra a Valenza nel febbraio 1943 e, durante una riunione nel retro della Farmacia di Maria Manfredi in via Cavour, viene costituita la prima sezione in clandestinità del nuovo partito in provincia. Sono presenti, con l’esponente provinciale più simbolico Giuseppe Brusasca, i valenzani Luigi e Vittorio Manfredi, Luigi Stanchi, Luigi Venanzio Vaggi, Carlo Barberis, Pietro Staurino, Giuseppe Bonelli, Luigi Deambroggi, Felice Cavalli.
Convinti che ormai il regime fascista ha i giorni contati, i convenuti si preparano, con profonda emozione e ferma determinazione, ad assumersi la responsabilità di lottare per un nuovo paese libero e democratico, pur consapevoli di dover ancora fare i conti con una feroce realtà. Nelle riunioni occulte successive, tenute all’Oratorio, partecipano i fondatori citati e diversi altri quali Porta e Illario, importanti dirigenti futuri. Responsabile della sezione viene nominato “Gigi” Venanzio Vaggi (partecipa attivamente alla Resistenza e alla guerra di liberazione). Localmente, diventerà il partito dei sentimenti e dei risentimenti, con poche possibilità di incidere sull’amministrazione politica di Valenza del periodo postbellico, che sarà per molto tempo dominata dalla sinistra e permeata di una cieca contrapposizione.
Si può affermare che alla liberazione vi è in tutti i gruppi politici locali un forte senso d’unità ed un sincero spirito democratico, forse un’occasione irripetibile e solo in minima parte recepita. Ben presto però l’unità si rompe e si formano due blocchi contrapposti con una serie di fratture collaterali a tutti i livelli.
La battaglia elettorale fra Dc e il fronte unito delle sinistre assume i caratteri del conflitto tra due civiltà contrapposte e Valenza s’impone sin dall’inizio del periodo postbellico come una roccaforte del Partito Comunista.
La Democrazia Cristiana valenzana, destra in questi tempi, si presenta agli occhi degli elettori come il contraltare della sinistra. Ha ereditato gli elementi programmatici fondamentali del Partito Popolare, primo fra tutti l’interclassismo, che la congiunta predicazione del corporativismo da parte della Chiesa e del fascismo hanno rafforzato durante il ventennio.
Nelle comunali del 1946 la lista Dc + Indipendenti ottiene un esiguo 26% con 6 seggi (Manfredi L., Staurino, Gallo, Santangeletta, Illario, Stanchi), una situazione non certo rosea, mentre nelle elezioni politiche del 1948 conquista il 30% alla Camera e il 34% al Senato. In questa fondamentale consultazione, questa formazione politica ha visto una buona parte della vecchia borghesia locale e il mondo contadino schierati dalla sua parte, ma è stato il clero ad essere stato decisivo per il buon risultato locale. La campagna elettorale è stata accesissima con toni spesso disdicevoli.
Va però messo in evidenza che gli esponenti politici di questi tempi sono estremamente suscettibili e soprattutto radicalmente incompatibili con l’humour cui oggi siamo abituati (conviene ricordare che inquisitori, puritani, giacobini e così via, non si mostravano tanto propensi al sorriso). Marciano tutti compatti come una falange, con austere crociate moralistiche.
I segretari locali del partito cattolico, tutto degasperiano, sono: Luigi Venanzio Vaggi nel 1945, Luigi Manfredi dal 1945 al 1948 (anche segretario provinciale nei periodi marzo-novembre 1948, maggio 1953-novembre 1954), Luigi Illario dal 1948 al 1949 e Pietro Staurino dal 1949 al 1951. Segretari di zona sono Luigi Vaggi dal 1945 al 1949 e Pietro Staurino dal 1949 al 1951. Tutti hanno un ruolo cruciale, artefici ma inevitabilmente pure detentori di sensibilità diverse.
Si allarga l’abisso che divide i due contrapposti schieramenti, è quasi una guerra civile mentale: frutto dell’incrocio tra ideologia e ottusità, tra intolleranza e stupidità. I comunisti sono i cattivi e chi va a messa è buono, non ci sono mezze misure: o si è buoni, o si è cattivi.
Nella dirigenza del partito sono ancora presenti atteggiamenti e mentalità che affondano profondamente le loro radici nella tradizione del più chiuso clericalismo; anche nell’Azione Cattolica e nelle Acli i dirigenti, spesso gli stessi della Dc, non hanno capacità né volontà di dialogo con la sinistra: un inestricabile asse del no. Come in tutto il Paese, la Parrocchia è il punto di riferimento di un assetto politico che è ancora poco laicizzato e molto legato alla tradizione cattolica.
Il segretario della sezione dal 1951 al 1953 è la guida reale Luigi Deambroggi e dal 1953 al 1955 è l’antesignano politico Luigi Manfredi, che è pure segretario di zona dal 1951 al 1954, segretario provinciale dal 1953 al 1954 e consigliere provinciale dal 1956 al 1960.
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Nelle elezioni comunali del 1951 la Lista cittadina composta di Dc, Psdi e altri minori (una specie di task force) ottiene il 42% e soli 9 seggi su 30 a causa del maggioritario con premio (Illario, Marchese, Lenti, Manfredi L., Staurino, Poli, Pulciani, Ottone, Fava), non bastante per scalzare dal Comune gli ortodossi “rossi”, mentre nelle politiche del 1953 la DC da sola consegue un non troppo eclatante 27%
In questi anni, tra gli iscritti e nella direzione locale compaiono diversi operai; non si può certo dire che sia la borghesia locale a condurre il partito. Alla fine del 1955, segretario di zona è nuovamente Luigi Manfredi, dopo che la carica è stata rivestita per un anno da Piero Ivaldi.
Nelle elezioni comunali del 1956 il partito ottiene il 31% con 9 seggi su 30 (Illario, Raiteri, Manfredi L., Manfredi V., Ottone, Fava, Deambroggi, Mattacheo, Demartini), e in quelle politiche del 1958 il 28%. Nel nuovo Consiglio provinciale del 1956 sono eletti ben due leader democristiani valenzani: Luigi Manfredi e Luigi Illario.
A seguito degli avvenimenti accaduti in Ungheria (ottobre 1956), anche a Valenza si registra un vivacissimo rilancio dell’anticomunismo, condotto soprattutto dalla Democrazia Cristiana e dalle forze di destra, che tuttavia non fa molta presa nelle file dei socialisti i quali, quasi eludendo la tragedia, ripropongono per il Comune la soluzione di sinistra.
Nel 1958, tra i 380 iscritti, si affacciano alcuni intimiditi giovani con incarichi nella sezione; essi, con altri che entreranno in seguito, formeranno negli anni ’60 il nuovo gruppo dirigente che sostituirà la vecchia inacidita guardia del partito. Quella di questi anni è però una generazione politica allevata fra preti e sacrestani, poco capace di fare i conti con la nuova realtà. Il raggruppamento insiste nell’accreditare, presso l’elettorato, l’idea dell’unica forza politica che può assicurare la continuità del benessere nell’ordine e nel mantenimento della libertà.
La diversificazione in atto nella società e la mancanza di una linea univoca, producono una certa crisi nell’organizzazione locale della Dc, divisa anche dal fenomeno delle correnti. Dal 1959, nella sezione, si forma una certa spaccatura fra dorotei e fanfaniani, i punti di dissenso sono sempre di più. Nel 1960 conta 400 iscritti, ripartiti in modo quasi uguale tra classe operaia e borghesia. Segretari della sezione sono Felice Cavalli dal 1955 al 1958 e Pietro Lombardi dal 1958 al 1960, mentre segretari di zona sono Luigi Manfredi, dal 1955 al 1958, e Pino Raiteri dal 1958 al 1962. In Consiglio comunale i due big Manfredi L. e Illario sono i più esposti e combattivi verso la predominante maggioranza socialcomunista; purtroppo, alcuni dirigenti sono solo dei figuranti che assumono la forma dell’interlocutore, ma quel che vale in politica, si sa, è l’apparenza.
Nelle elezioni comunali del 1960 la Dc ottiene il 32% con 10 seggi (Illario, Genovese, Accatino, Mattaccheo, Deambroggi, Manfredi V., Doria, Battezzati, Fava, Raiteri). È importante osservare l’evoluzione in atto nella scelta dei candidati, vale a dire come alle personalità carismatiche siano stati affiancati alcuni esponenti della seconda generazione. Si afferma una certa presenza attiva nell’associazionismo laicale, che rappresenta il vero palcoscenico per le aspirazioni politiche delle nuove leve democristiane.
Un rilevante lavoro di sostegno al partito è svolto dall’Azione Cattolica che raggruppa molti giovani valenzani, grazie anche alle possibilità offerte dal suo settore ricreativo e sportivo (Oratorio, Unione Sportiva Fulvius, ecc.). Nel 1962 il gruppo più giovane ottiene la maggioranza e subentra alla vecchia dirigenza nella guida del partito; gli iscritti sono 600, di cui 70 con meno di 20 anni.
La nuova dirigenza, incessantemente scatenata contro gli avversari politici; da un lato è attenta a quanto succede nell’amministrazione comunale, con precise e sferzanti filippiche pubblicate sul periodico del partito “Il Popolo di Valenza” (strumento pungente di parte, nato nel 1963) osteggianti, spesso sarcasticamente, qualunque iniziativa, dall’altro è confusa e penitente sulle scottanti problematiche nazionali. Sovente è fuori della lotta che avviene nella società e nel Paese, con scarse proposte concrete sulla squilibrata e sfuggente economia locale.
Frattanto, nell’Oratorio di viale Vicenza, dall’Ac e dalle Acli (che hanno avuto una lenta evoluzione in chiave socio-politica di marcata apertura a sinistra), si è generato un gruppo di giovani tenaci assertori dei nuovi indirizzi pontifici, favorevoli ad una linea politica più rivolta al sociale e a una feconda azione di volontariato (Borsalino, Rigone, Scaglione, Zanotto, Zavanone ed altri). Ciò li porta ad essere in contrasto con la direzione Dc e, col tempo e qualche colpo di scena polemico, ad avvicinarsi ai socialisti e a formazioni provocatorie estreme. All’assemblea pre-congressuale del 1964 i democristiani valenzani si proclamano per l’80% in favore della collaborazione con i socialisti e solo il 20% per l’area centrista.
La sede di via Cavallotti, anche Circolo Libertas, viene abilmente utilizzata per fare proselitismo tra i giovani, i meridionali e altre categorie di elettori; assemblee, riunioni, concerti, feste danzanti, ristorazione, più che uno scopo di miglioramento al tempo libero dei valenzani, si prefiggono di avvicinare o conservare l’elettore al partito e di emulare quanto è fatto dagli “odiati” comunisti al Valentia. Ma, pur con la frenetica attività, il risultato elettorale nel 1963 (politiche) del 27% non è ancora troppo soddisfacente.
Con lacerti di giovinezza che se ne vanno, gli uomini nuovi (tutti profondamente cattolici) che, sparigliando le carte, condurranno nel futuro la sezione democristiana, sono Pier Giorgio Manfredi eletto segretario nel 1962, Mario Manenti segretario nel periodo 1967-72, Piero Genovese segretario nel 1966-67 (sarà uno dei principali esponenti provinciali), e il triunvirato Luciano Patrucco, Gianpiero Accatino, Nino Illario. Luigi Illario, infilzato a ripetizione dagli avversari, resta al loro fianco, in una posizione di guida e di spiccata rappresentanza, mentre per la vecchia guardia, in parte frustrata e sbolognata, anche se è ancora aperta la collaborazione dirigenziale, andrà piano piano esaurendo il suo il lungo e tenace impegno politico. Il segretario di zona nel periodo 1962-1967 è Piero Ivaldi.
Eppure, nonostante gli scarsi risultati elettorali, la sezione conosce in questi anni le punte più alte nel tesseramento; dopo i record del 1962 e del 1963, nel 1964 gli iscritti della zona superano i 700, il 70% dei quali proviene dal mondo cattolico, la metà appartiene al ceto medio-borghese e il 35% alla classe operaia. Nel 1965 il delegato giovanile di sezione è Giuseppe Gatti (oggi ancora in uso), quello di zona Renato Ricci, il presidente del Circolo Libertas è Giulio Doria. Cresce la ruspante corrente “Dorotea” esacerbando il dissenso ideologico culturale all’interno, in un gioco piuttosto confuso.
Si continua e, per la proprietà transitiva ancora assai in uso, si continuerà a scegliere i propri rappresentanti secondo il grado di sudditanza. Oltre alle solite organizzazioni cattoliche, diverse altre rilevanti strutture locali sono guidate da esponenti democristiani; tra queste la Coltivatori Diretti, che gestisce circa 300 iscritti, ha notevole peso sul consenso elettorale del partito. Elevata anche l’influenza che la Dc conserva nell’Associazione Orafa e in quella Calzaturiera i cui presidenti sono esponenti importanti del partito: personaggi competenti non amici degli amici.
Nel 1964 non si fermano le fibrillazioni politiche locali, regna tanta confusione con qualche egoarca e poca lungimiranza. A dispetto delle troppe certezze, si dovrà votare per ben tre volte in due anni per riuscire a dare una nuova giunta alla città.