Clara Cipollina: le mani, la terra e tutta l’autenticità del mondo contadino
Intervista alla scrittrice: «Ho cominciato a registrare le voci dei miei genitori e i loro racconti. Mio padre era un grande narratore»
GAVI — I ricordi di gioventù dei propri genitori; il dialogo con il padre, fatto di cose semplici e di grandi valori; Gavi, il Lemme, le cascine e il mondo contadino che riemerge in tutta la sua autenticità. Ha racchiuso questo e molto altro Clara Cipollina nel suo libro “Le mani e la terra”, pubblicato dalla casa editrice torinese Impremix Visual Grafika nel 2009 e che ora è disponibile nella seconda versione aggiornata. Clara è un’insegnante gaviese che da tempo risiede a Novara ma che è rimasta molto legata al paese e ai suoi genitori tanto da venirli a trovare ogni fine settimana.
— Qual è il percorso che l’ha condotta a scrivere questo libro?
«Il libro nasce come una restituzione. Sono nata a Gavi, alla cascina del Merlo, sotto la Madonna della Guardia. Mi sono allontanata da casa prima per studiare a Genova e poi per lavorare a Novara. Tornavo dai miei genitori il sabato e la domenica, insegnavo lettere a scuola, mi piaceva l’italiano e amavo scrivere le mie sensazioni. Mi sono resa conto che i miei stavano invecchiando e avrei perso il racconto di mio padre, contadino con la terza elementare, ma grande narratore. Volevo che le esperienze e le tradizioni del mondo contadino potessero restare in un libro e quel racconto volevo restituirlo. Ho cominciato quindi a registrare le voci dei miei, che con i loro racconti mi hanno portato a ritroso nel tempo. Mio padre era nato nel 1911 e mia madre nel 1914. Mi hanno raccontato di un mondo scomparso, narrato di un quotidiano che non troviamo nei libri di storia, che ha una valenza diversa: un racconto che diventa corale; una microstoria che si interseca con la storia».
— Ecco da dove nasce il titolo, “Le mani e la terra”.
«Ho il ricordo delle mani di mio padre perché probabilmente da piccola le vedevo armeggiare; più del viso ricordo le mani. Quelle registrazioni sono rimaste sul mio computer per anni. Dopo la morte dei miei genitori, ho lasciato decantare i ricordi e dopo mi sono rimessa al computer. Credo che il pathos del libro sia dovuto a questo: io riprendo la conversazione, mio padre parla al computer e io scrivo, come se la cosa fosse riattualizzata. Nasce poi un’intervista con me che sono la figlia, una donna che ha le sue idee, insegnante, che parla italiano ma che lo invita a parlare in dialetto».
— E poi c’è Gavi…
«Sì, soprattutto il Lemme perché ho vissuto sempre sui “terrazzini”, tanto che il mio primo libro si intitolava “Quel terrazzino sul torrente Lemme”. Il Lemme, come Gavi, è il mio luogo dell’anima come scrive Nadia Gallarotti nella prefazione. Poi nel libro ci sono anche le cascine».
— Il libro è stato pubblicato nel 2009, ma a febbraio di quest’anno è stata fatta la ristampa.
«Avendo esaurito le copie, ho deciso di farmi un regalo e ristampare “Le mani e la terra”. La ristampa diventa un’altra cosa e arricchisce enormemente un libro. Come dico nel libro, “si scrive per sé e, se poi chi legge si ritrova in qualche situazione narrata, in qualche emozione e sentimento, nelle aspettative e nella sofferenza, ecco che allora si è scritto anche per gli altri”. C’è un rimbalzo di emozioni».