Il vino, forma artistica in grado di suscitare emozioni
L'analisi visiva rappresenta soltanto il primo step
“L’arte, nel suo significato più ampio, comprende ogni attività umana – svolta singolarmente o collettivamente – che porta a forme di creatività e di espressione estetica, poggiando su accorgimenti tecnici, abilità innate o acquisite e norme comportamentali derivanti dallo studio e dall’esperienza. Pertanto l’arte è un linguaggio, ossia la capacità di trasmettere emozioni e messaggi. Tuttavia non esiste un unico linguaggio artistico e neppure un unico codice inequivocabile di interpretazione.” – (Wikipedia)
Secondo questa interpretazione dell’arte non può esservi dubbio che il vino sia una forma artistica; infatti è il prodotto di un attività umana, svolta singolarmente o in collaborazione utilizzando accorgimenti tecnici e norme ricavate dall’esperienza. Altrettanto innegabile è che il vino è in grado di suscitare emozioni e di trasmettere sensazioni e riferimenti al proprio territorio secondo quanto pensato dal vignaiolo.
E di arte parliamo questa volta sia come risultato di una vinificazione che come più classica espressione pittorica. Lo facciamo con Monica Barbero, giovane architetto e sommelier di fresca nomina, artista e grande appassionata di vino, partendo come per una degustazione dall’aspetto visivo.
Dove per arte visiva intendiamo qualunque forma artistica che abbia come risultato un oggetto visibile, non possiamo non considerare il vino come opera d’arte , poiché , in quanto prodotto finale, risulta valutabile come aspetto nel suo insieme. L’analisi visiva è proprio il primo step al quale, ogni aspirante sommelier, approccia , famigliarizzando con terminologie quali limpidezza, effervescenza, consistenza fino a considerare la gamma cromatica dei colori verso i quali sensibilizzarsi per arrivare a distinguere con discreta disinvoltura nel bicchiere, ad esempio, la differenza tra un rosa chiaretto e un rosso rubino scarico, tra un cerasuolo intenso e un rosso aranciato di media intensità.
Da amante e appassionata di arte in genere, mi piace definire il vino come oggetto di per sé BELLO.
Da amante e appassionata consumatrice, non posso che definire il vino come oggetto di per sé SPORCO.
Un prodotto bello e dannato, liquido e solido, che suscita emozioni tangibili se ingerito , “MACCHIANTE” nella sua stessa essenza e formulazione.
L’utilizzo dei pigmenti naturali nell’arte non è certo una novità. Per quanto mi riguarda, piacere personale, curiosità e necessità di studio hanno visto aumentare vertiginosamente negli anni il numero di bottiglie presenti in casa mia. Da lì, alla consueta abitudine di avanzare sempre un po’ di fondo per esercitarmi alla “macchia”, il passo è stato breve…con la tranquilla consapevolezza che quando l’arte genera altra arte, non esiste lo spreco!
Da un punto di vista pittorico il vino è un acquerello naturale, dove i pigmenti intrinsechi legati agli antociani , sono già diluiti in soluzione acquosa, il che può rendere la creazione anche istintiva e immediata senza precise preparazioni tecniche. Basta un idea, un supporto e il vino… qualsiasi tipo di vino!
Il vino a contatto con l’aria si ossida velocemente e i suoi pigmenti riescono a fissarsi sul supporto proprio grazie all’ossidazione di tannini e antociani. Se si pensa alle macchie di vino, viene spontaneo pensare al vino rosso. In realtà tingono anche i bianchi e i rosati, tutto sta al progetto che si ha in mente, nel bicchiere e nel cuore, a tavola e sulla tela. Basta ascoltare i propri sensi e lasciar scorrere la creatività .
Quando versiamo il vino nel calice e lo portiamo alla nostra attenzione visiva, ci colpiscono l’intensità cromatica, le sfumature, la luminosità, il modo di ruotare che ha nel bicchiere. Tutti questi aspetti, che già ci raccontano molto del vino in analisi, si traspongono anche nella pittura. Quanto più vasta è la cantina di riferimento, quanto più ricca è la palette cromatica a disposizione dell’artista . Le mille sfumature provenienti dalle diverse bottiglie possono essere usate singolarmente, oppure miscelate, diluite, ridotte, accostate, sovrapposte, stratificate. Il vino lavora appunto come un acquerello la cui tonalità è modulabile dalla mano dell’artista oltre che dalla struttura di origine; con lungimiranza e progettazione si possono ottenere effetti cromatici simili anche partendo da vini completamente diversi.
Vini dal forte potere colorante sono il Sirah, il Merlot, il Cabernet Sauvignon, il Negramaro.
Tra i nostri vitigni, matrici dei vini locali, quelli dotati di maggior intensità cromatica sono sicuramente il Barbera e il Dolcetto. Mille sono le conseguenti variabili gustative e cromatiche del vino legate alla zona specifica di coltivazione, alla lavorazione in azienda, all’annata. Una Barbera giovane che si presenta porpora con riflessi violacei, è molto diversa da una Barbera Superiore Barricata di un rosso rubino intenso con riflessi granati. Lo stesso Dolcetto cambia declinazione tra la zona di Acqui, dove lo si trova solitamente rosso rubino vivace con accenni purpurei , e la zona di Ovada che lo vede tendenzialmente rosso rubino di minore intensità cromatica, con un fondo granato legato ad una maggiore maturazione a cui il vitigno stesso in questa zona è più incline.
Nel caso di questi vitigni altamente pigmentati, l’effetto colorante si trasmette al supporto con immediata schiettezza; ciò che vediamo nel calice, ritroviamo su carta.
Per vitigni meno pigmentati la resa cromatica del vino su supporto è prevedibile non tanto valutando l’impatto visivo del vino compatto e fermo nel bicchiere, quanto piuttosto considerando i riflessi sprigionati dal movimento del vino nel calice, sia in rotazione che nella così detta unghia.
Versando nel calice un Grignolino di media maturazione, la pienezza nel bicchiere suggerisce un rosso rubino intenso, saturo; facendo ruotare il vino e inclinando leggermente il calice per evidenziare l’unghia nella maggior parte dei casi la tonalità vira verso una versione più scarica, quasi trasparente. Una macchia di Grignolino tende a sbiadire e l’effetto trasparenza sarà proprio quello che andrò ad ottenere sul supporto lavorando con un quantitativo di liquido non trattato. Stesso discorso vale per il Ruchè o per il Brachetto d’Acqui, ma anche per i bianchi quali Cortese e Timorasso, spesso utilizzati per velature o punti luce. Teniamo presente che per ogni vino di partenza , facendo evaporare acqua e alcool naturalmente oppure con una riduzione in cottura, si ottiene sempre un pigmento più saturo.
Per quanto riguarda i soggetti non esistono limiti o regole. Personalmente mi lascio ispirare dal momento; in linea di massima una palette di colori più mattonati e aranciati, derivati ad esempio da vini ossidati, mi suggerisce la nostalgia di un paesaggio lontano , la suggestione di un simbolo, l’astrazione di uno stato emotivo, il profilo di una persona cara. Una modulazione più fresca e vivace mi induce a rappresentazioni naturali come fiori , frutta, foglie, oggetti in genere…….e le donne, tante donne, nella loro sinuosa corrispondenza tra le linee del corpo e la gioiosita’ che un vino fresco, pronto e di facile beva sprigiona.
Il profumo che si diffonde dipingendo, mentre l’opera prende forma, è appagante, avvolgente, inebriante.
E così come noi ci gustiamo e assaporiamo ogni sorso di vino, il supporto su cui lavoriamo reagisce alla completa stesura del prodotto “immagazzinandolo”. Come tramite tra il calice e il supporto, si possono utilizzare vari strumenti come comuni pennelli con i quali stendere il vino su supporto asciutto o bagnato, o tappi di sughero impiegati come tamponcini per ottenere un effetto puntuale e concentrato, oppure come per il maquillage, le dita stesse al fine scaldare e modulare , quasi fino al completo slegamento delle componenti, il prodotto durante la stesa. Si dipinge solitamente su tela ,canvas o carta da acquerello, ma non esistono limiti sperimentativi. Tutto sta al tipo di assorbenza e al fissaggio dei pigmenti che abbiamo in risposta. Ovviamente anche la densità e la fluidità del prodotto incidono sul tempo di assorbenza.
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Dipingere con il vino è una tecnica tanto immediata esecutivamente, quanto lenta nel suo sbocciare, nel senso che si deve in linea di massima attendere l’asciugatura per valutare l’effetto finale. Questo attardarsi nella stesura del colore, questa attesa, ci lascia sospesi quasi meditativi, e ci porta alla considerazione finale legata al concetto di tempo o per dirla alla nostra maniera di EVOLUZIONE.
L’aspetto più affascinante della pittura enoica è proprio che, cosi come in bottiglia, su carta il vino cambia colore nel corso del tempo. I dipinti attraversano infatti vari fasi di maturazione, le opere invecchiano insieme al vino. E di fronte al quesito “È possibile arrestare questa evoluzione?” la risposta è sì, sia per il vino confezionato che per i dipinti. Così come il processo di pastorizzazione stabilizza il vino, con l’utilizzo di specifici fissanti è possibile bloccare il tratto sulla tela. Non vi è una morale prevalente in senso lato, tutto sta nel progetto finale, al suo utilizzo; ma parlando di arte personalmente prediligo lasciare scorrere il naturale racconto di ogni dipinto. Del resto l’arte è contemplativa e la contemplazione è nemica della fretta.
“DA LONTANO” – Barbera d’Asti Superiore DOCG “MANORA” 2016 – Colle Manora – Quargnento
Carta Acquarello 300g/mq – pennello
Il vino appena stappato propone nel calice un Barbera dal colore Rosso Rubino intenso con leggeri riflessi granati. Tipicamente corposo in bocca quanto a morbidezza e calore, ma decisamente fresco ed elegantemente persistente nel riproporre le tipiche espressioni varietali di frutti e spezie scure, riccamente sorrette dai sentori di legno. Proprio questo specifico sentore mi ha suggerito un esperimento. Lasciata evaporare una parte di vino in un contenitore trasparente per circa 40 giorni, ho assistito ad un processo ossidativo rapido ed interessante che ha fatto incisivamente scaricare i pigmenti del vino di partenza. Ottenuto un liquido mattonato ho macchiato il supporto assorbente precedentemente inumidito lasciando che i pigmenti seguissero i contorni bagnati, posizionandosi con diverse incisività sul supporto a seconda del movimento dello stesso. Successivamente, ad asciugatura ottenuta, lavorando con una riduzione da cottura del vino ossidato, ho steso con pennello la miscela ottenuta, più densa e più intensa cromaticamente, evidenziando la diversa resa cromatica ottenibile dallo stesso prodotto.
“LEI” – Dolcetto d’Acqui Doc “MARCHESA” – Marenco Vini – Strevi
In sovrapposizione a fondi ossidati su carta 100g/mq – pennelli, penna acquerello e carboncino
Al calice il vino Dolcetto si presenta rosso rubino intenso e si esprime in bocca in modo diretto e vellutato, alternando una dosata sensazione di freschezza a un gradevole ritorno mandorlato. Una bevuta che suggerisce un piacevole contrasto tra morbidezza e amarezza , qualcosa di ballerino e umorale, praticamente qualcosa che è femmina. Il rosso rubino del Dolcetto utilizzato puro e concentrato grazie all’utilizzo della penna acquerello, spicca con espressioni più vivaci rispetto alle colate di vino ossidato sulle quali si sovrappone. La lavorazione su carta di grammatura ridotta e asciutta genera un effetto più drammatico e statico, meno scorrevole e sfumato. Sono le increspature del supporto asciugato insieme alla puntualità del pigmento a rendere vibrante la composizione, riproponendo movimento ed emozione.
Non ce ne vogliano i puristi, che a veder usato il vino per dipingere potrebbero pensare che sia uno spreco, garantisco che così non è. Non lo è per l’emozione che un dipinto ci regala e non lo è perché rederà più profonda e complessa l’esperienza gustativa che quel vino ci regalerà mentre lo ammiriamo anche su tela.
Torneremo ancora a parlare di Arti e vino, poiché il connubio tra varie arti, oltre che l’unire il bello al buono, offre molteplici ed interessanti spunti
Salute!